Citomegalovirus in gravidanza: perché è così rischioso?

Come molti altri virus, anche il citomegalovirus non è di norma pericoloso, ma i suoi rischi aumentano se contratto in gravidanza, soprattutto per il feto, che potrebbe avere conseguenze anche serie. Ecco come capire se si ha l'infezione e come prevenirla.

Come spesso accade, molte delle malattie che, in condizioni “normali” non comporterebbero grosse complicazioni o conseguenze gravi devono essere monitorate con molta più attenzione se contratte in gravidanza: tra queste, c’è anche il Citomegalovirus, o CMV, un virus molto comune, appartenente alla famiglia degli herpes virus al pari di varicella, herpes labiale o del virus della mononucleosi. Negli adulti e nei bambini che contraggono l’infezione, i sintomi sono in genere lievi e generici, tanto che molte volte non ci si accorge neppure di avere la malattia.
Ma il virus può essere molto pericoloso se contratto in gravidanza, perché può essere trasmesso al feto, con conseguenze potenzialmente anche gravi.

I sintomi del citomegalovirus

citomegalovirus sintomi
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Come abbiamo detto, è abbastanza frequente non accorgersi di aver contratto l’infezione, dato che il citomegalovirus causa generalmente una leggera febbre accompagnata da senso di stanchezza, mal di gola, fattori spesso ignorati e attribuiti ad altre cause, come influenza o stress. Può però causare anche una sindrome mononucleosica protratta, con febbricola, stanchezza notevole e dolori muscolari.
Va detto, inoltre, che il CMV non si comporta con tutti nello stesso modo: nelle persone immunodepresse, cioè con ridotte difese immunitarie, come ad esempio i malati di AIDS e di tumore o i trapiantati, il virus può essere all’origine di malattie gravi come polmoniti, epatiti o encefaliti.

Questo è il quadro generale dei sintomi del citomegalovirus; vediamo ora perché la sua comparsa può rappresentare un pericolo durante la gravidanza.

Il citomegalovirus in gravidanza e i suoi rischi

citomegalovirus in gravidanza
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Se la donna contrae per la prima volta il virus durante la gravidanza, esiste ovviamente il rischio che anche il feto venga contagiato, e in questo caso si parla di infezione congenita, per cui il rischio di trasmissione al feto varia dal 30 al 40%. Tradotto in altre parole, vuol dire che su dieci bambini di mamme che contraggono il CMV durante la gravidanza, 3 o 4 lo contraggono a loro volta. Tuttavia, contrarre il virus di per sé non rappresenta un rischio per il bambino: non è detto, infatti, che manifesti conseguenze a breve o lungo termine, dato che solo 2 o 3 feti su 10, sostengono molti studi, svilupperanno delle conseguenze serie.

Già, ma in questo caso, di quali conseguenze stiamo parlando? I rischi più seri legati all’infezione congenita da CMV possono riguardare il sistema nervoso centrale, con malformazioni visibili già in ecografia, oppure possono provocare ritardo mentale, sordità congenita, o la corioretinite, una patologia della retina che provoca la cecità. Stiamo parlando di condizioni non diagnosticabili in utero, delle quali ci si accorge solo dopo la nascita del piccolo, a volte anche a distanza di mesi o anni.

Le probabilità che un bambino con citomegalovirus manifesti una delle disabilità poco sopra descritte aumentano sensibilmente se i sintomi compaiono già da neonato, fortunatamente, però, solo il 10/15% dei bambini mostra tali sintomi alla nascita, soprattutto con problemi a fegato, milza, polmoni, o convulsioni, mentre il 90% dei neonati con infezioni congenita è asintomatico.

Come capire se si ha il citomegalovirus

citomegalovirus
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Per sapere se si è già contratto il CMV è sufficiente fare un esame del sangue, mirato a cercare la presenza delle immunoglobuline, ovvero gli anticorpi specifici contro il virus. In particolare, si cercano due tipi di immunoglobuline:

  • le IgM, ovvero le immunoglobuline che si formano quando c’è già un’infezione acuta in corso, che segnalano proprio che la malattia è in atto.
  • le IgG, dette le immunoglobuline della “memoria” dell’infezione che, se positive, segnalano che la malattia è stata contratta in passato e quindi l’organismo è riuscito a sviluppare gli anticorpi.

Per comprendere i risultati degli esami effettuati occorre valutare:

  • se le IgM e IgG sono entrambe negative, ovvero inferiori ai valori di riferimento indicati dal laboratorio, significa che la donna non ha mai contratto l’infezione, perciò dovrebbe prestare maggiore attenzione a certe norme igieniche di prevenzione, soprattutto se ha contatti frequenti con bambini piccoli, che sono più soggetti ad ammalarsi.
  • se le IgM sono negative e le IgG positive la donna ha già contratto il CMV in passato, ma non ha un’infezione in corso. In questo caso, anche se dovesse infettarsi nuovamente, si tratterebbe di un’infezione secondaria, che è molto meno pericolosa rispetto a quella primaria, quella appunto contratta per la prima volta in gravidanza.
  • se le IgM sono positive e le IgG negative la donna non aveva mai contratto l’infezione in passato, ma ha un’infezione in corso al momento; ciò significherebbe che l’esame è stato eseguito proprio nel momento iniziale dell’infezione, quando le IgG non hanno ancora fatto in tempo ad attivarsi, ed è pertanto un’evenienza rara, ma anche la più rischiosa, poiché evidenzia un’infezione molto recente. In quest’ultima fattispecie, il test deve essere ripetuto in un centro specializzato che utilizzi metodi di analisi più sensibili al fine di confermare davvero la positività delle IgM.
  • se IgM e IgG sono entrambe positive l’infezione c’è sicuramente stata e potrebbe essere ancora in atto, così come potrebbe significare che è avvenuta fino a 3-4 mesi prima, il periodo di tempo che le IgM impiegano prima di diventare negative. In questa circostanza, è di estrema importanza sapere con la maggior precisione possibile quando si è contratta la malattia, effettuando il cosiddetto test di avidità, dato che l’infezione può risalire al periodo prima del concepimento, cosa che può tranquillizzare, ma anche dopo, nel qual caso deve essere effettuata un’amniocentesi, che consentirà di sapere se l’infezione è passata al bambino.

Tuttavia, va detto che molti ginecologi non prescrivono il test, sia perché, come abbiamo visto, per fortuna l’incidenza sui bambini è piuttosto bassa, sia perché, purtroppo, al momento non esistono ancora terapie efficaci per contrastare l’infezione, anche una volta individuata.

Le conseguenze più serie ci sono se si contrae l’infezione nella prima metà della gravidanza, momento in cui, eventualmente, si può valutare anche un’interruzione di gravidanza, mentre dopo le 20 settimane, non solo il rischio di conseguenze è piuttosto basso, ma non è più possibile fare nulla per non portare avanti la gestazione.
Chi ha già contratto il CMV in passato, come abbiamo visto, ha sviluppato gli anticorpi, e non può più essere infettata. Come nel caso della varicella, può comparire un’infezione secondaria, i cui rischi sono tuttavia molto più bassi e meno gravi.

La cura per il citomegalovirus

citomegalovirus cura
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Purtroppo attualmente non esiste una terapia di comprovata efficacia, né per prevenire la trasmissione materno-fetale, né per scongiurare eventuali danni al bambino. Sono però in corso studi su immunoglobuline e antivirali che dovrebbero aiutare a combattere l’infezione, così come è ancora in fase di studio il vaccino sul CMV.

Le uniche, vere misure di prevenzione riguarda il rispetto di particolari norme igieniche: partendo dal presupposto che il CMV si trasmette tramite la saliva o semplicemente per via aerea, oltre che attraverso i liquidi corporei, come sangue e urine, per limitare il rischio di infezione, le precauzioni più importanti riguardano il contatto troppo ravvicinato con i bambini: meglio evitarlo, lavarsi spesso le mani dopo aver toccato la bocca o il naso di un bambino, o dopo averlo cambiato; evitate anche di mettere in bocca il suo ciuccio, non condividete posate e bicchieri. Anche se non vivete a diretto contatto con i più piccoli, evitate comunque i luoghi particolarmente affollati.

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