Il Cordone Ombelicale, Quel Simbolo di Unione tra Mamma e Bambino che Potrebbe Aiutare la Ricerca

Il taglio del cordone ombelicale, subito dopo la nascita del bambino, non rappresenta solo l'attimo che sancisce l'inizio della sua vita autonoma dalla madre per quanto riguarda nutrimento e respirazione: è importantissimo eseguirlo bene, e ricordare che, grazie alla conservazione del cordone, potenzialmente si potrebbe aiutare la ricerca scientifica nel trattamento di molte patologie fino ad ora incurabili. Come? Attraverso le cellule staminali, di cui questa cordicina speciale è ricca!

Molto spesso si usa dire di un figlio troppo attaccato alla madre, anche in età adulta, che “non riesce a staccare il cordone ombelicale“; già, perché proprio quest’ultimo rappresenta senz’altro il simbolo per eccellenza del rapporto simbiotico che si crea tra un bambino che cresce all’interno della pancia e la propria mamma.

Attraverso il cordone il feto viene nutrito durante i nove mesi di gestazione, e il taglio che sancisce la definitiva separazione, con conseguente inizio dell’autonomia nutrizionale del bambino, avviene naturalmente al momento del parto.

Ma siamo certe di conoscere proprio tutto il necessario su questa sottile ma vitale “cordicina” che lega indissolubilmente due vite per circa 40 settimane?

Anzitutto, occorre sapere che il cordone ombelicale si presenta come biancastro e gelatinoso, ha una lunghezza oscillante tra i 50 e i 60 centimetri e uno spessore di 2; collega il feto alla placenta, e contiene tre vasi sanguigni: una vena e due arterie. La prima porta nutrienti e sangue ossigenato al bambino, mentre le altre due fanno il percorso inverso, portando perciò dal feto alla placenta sangue concentrato di anidride carbonica e cataboliti, ovvero gli “scarti” del nutrimento derivanti dalla demolizione di proteine e aminoacidi.

Il cordone appare poco comprimibile ma resistente, e il suo aspetto storto è dovuto al fatto che le arterie si attorcigliano intorno alla vena. Come detto, ad una estremità termina nella placenta e all’altra è “attaccato” all’ombelico del bambino. La recisione avviene subito dopo la nascita, ed ha regole ben precise perché sia effettuata al meglio, dato che, in caso di errore, soprattutto nella fase di “chiusura”, potrebbe causare problemi al bambino.

1. Taglio e clampaggio del cordone ombelicale: attenzione ai dettagli!

cordone ombelicale taglio
Fonte: Web

Viene definita clampaggio la chiusura del cordone, effettuata solitamente con una pinza di plastica, con conseguente recisione. Attraverso la chiusura, eseguita con due strumenti chirurgici a distanza di pochi centimetri l’uno dall’altro, si blocca il passaggio del sangue tra madre e bambino, separando quest’ultimo di fatto dalla placenta. Ma il momento in cui si verifica la cosiddetta “cessazione del circolo ombelicale“, in cui vena e arterie vengono chiuse, avviene in maniera piuttosto graduale, soggettiva e variabile da bambino a bambino: poiché essa si verifichi si devono attendere di norma tra i 3 e i 15 minuti, ma non sono rari i casi in cui si debba aspettare più di questo lasso di tempo. Dopo la nascita il cordone continua a pulsare perché la placenta prosegue nel suo lavoro di “sostegno” fino a quando il neonato non sia in grado di respirare autonomamente, attraverso i polmoni e non più grazie alle arterie del funicolo.

Perciò, un bambino a cui viene reciso precocemente il cordone è costretto ad affidarsi immediatamente ai polmoni per ricevere ossigeno, benché non ancora pronto, e questo gli provoca un senso di bruciore alle vie respiratorie, evidenziato dalla tipica espressione contratta dei neonati che fa seguito al pianto. Viceversa, se si attende che il cordone abbia smesso di pulsare, o l’uscita della placenta, si noterà sicuramente un’espressione più distesa sul volto del bambino, e il suo primo respiro sarà, in questo caso, del tutto naturale e volontario.

Un clampaggio precoce può provocare la perdita di sangue nel neonato fino al 50% del volume totale alla nascita, corrispondente a 54-160 ml, circa 2 litri in un adulto che ne ha in totale 5, per farci un’idea (Journal of Midwifery & Women’s Health, volume 46 del 2001). Questo è un forte fattore di rischio per l’insorgere di anemia già durante l’infanzia.

Effettuato dunque un clampaggio con conseguente taglio seguendo tutte le indicazioni del caso, val la pena ricordare che il cordone ombelicale ha, potenzialmente, una enorme importanza, che potrebbe rivelarsi utile soprattutto per la ricerca.

2. Perché è utile conservare il cordone ombelicale?

cordone ombelicale conservazione
Fonte: Web

Al momento della nascita all’interno del funicolo sono presenti tra i 60 e gli 80 centimetri cubici di sangue ricco di cellule staminali, chiamate appunto staminali cordonali.

Le cellule staminali non sono ancora sviluppate al punto da adempiere ad una specifica funzione, ma hanno la proprietà di auto-rinnovarsi, cioè di produrre altre cellule staminali capaci di differenziarsi in ogni tessuto o cellula del nostro organismo.

Conservare le staminali presenti nel cordone ombelicale diventa perciò estremamente importante per scopi terapeutici, ed in effetti già oggi molte sono impiegate soprattutto nel trattamento di patologie inerenti disordini genetici, linfomi, leucemie ed anemie.

La conservazione può essere privata (le cellule vengono preservate in una banca cordone ombelicale estera e restano a disposizione della famiglia del neonato) oppure pubblica ( le staminali sono messe a disposizione della collettività). Qualunque sia la scelta, assolutamente del tutto soggettiva, compiuta da ogni singola coppia di genitori, conservarle è davvero importantissimo per permettere alla ricerca di avanzare nella lotta ad alcune delle malattie più gravi e finora incurabili, come il Parkinson o l’Alzheimer. Subito dopo il parto, perciò, potrebbe essere un’ottima idea discutere con il proprio partner di questa opportunità, che, in futuro, potrebbe davvero rivelarsi preziosissima per molte persone.

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