È forse uno degli argomenti in assoluto che solleva più domande per risposte. La maternità surrogata non è solo un tema d’attualità, ma una questione che scatena i dilemmi etici. Come funziona? La coppia che desidera avere un figlio si rivolge a un’agenzia che la mette in contatto con la possibile madre surrogata. Nella madre surrogata, dopo controlli e incontri, soprattutto di natura legale, viene impiantato un embrione e si comincia una gravidanza. L’embrione può essere il frutto di una fecondazione in vitro a partire dai gameti della coppia, oppure con i gameti di uno dei due più quelli di un donatore. Quest’ultima è la soluzione più percorsa dalle coppie omosessuali, per esempio. Si tratta di un processo consentito, in modalità di legge differenti, da molte nazioni. In Italia è una pratica vietata però.

Quando parliamo di maternità surrogata, dicevamo, sorgono dilemmi etici. Ce ne sono due più immediati degli altri. Il primo: fino a dove la scienza può spingersi oltre la natura? Il secondo: una madre surrogata può diventare oggetto di sfruttamento – soprattutto economico? Si tratta di un dilemma importante, soprattutto in quei Paesi in cui la povertà è più diffusa e che non solo permettono la pratica della maternità per altri – che è forse la dicitura più corretta, mentre quella che usiamo più spesso è una sorta di deformazione mediatica – ma ammettono anche un pagamento in aggiunta alle spese mediche e al rimborso dei giorni in cui non si può lavorare.

Paesi con una legislazione a riguardo maggiormente evoluta, infatti, dai Paesi Bassi al Regno Unito, fino al Canada non ammettono che la madre surrogata venga pagata. Questa clausola serve a evitare che la donna sia sottoposta, per bisogno, al rischio di troppe gravidanze per altri, che ne minerebbero la salute. Ma in Canada qualcosa sta per cambiare. Come riporta Vanity Fair, è apparso sul Canadian Medical Assosiation Journal un articolo in cui si spiegava che la Canadian Fertility and Andrology Society chiedeva al governo di Justin Trudeau di rimettere in discussione la questione dei compensi legati alla maternità surrogata. In pratica, secondo il dibattito in corso, le madri per altri dovrebbero essere equiparate a qualunque altro lavoratore, dal dipendente al libero professionista. E quindi percepire un compenso adeguato alla prestazione.

È vero, suona tutto un po’ troppo “freddo”, come si trattasse di qualcosa di impiegatizio. Ma è giusto che la maternità per altri sia solo un gesto altruistico che si compie? Anche noi ci stiamo interrogando in merito e non sappiamo darvi una risposta. Eppure il problema dovremmo porcelo: dato che in Italia la pratica è vietata, le coppie che vi ricorrono fuggono spesso oltreoceano, dove le cose sono molto differenti. Come negli Stati Uniti, dove il compenso per chi porta in grembo il figlio di altre persone può arrivare ad ammontare a 60mila dollari. Contro i 12mila dei Paesi dell’Est europeo e della Grecia (quest’ultima, in realtà, li fissa come tetto massimo per legge). Il Canada sembrerebbe volersi uniformare agli Usa, in tal senso. Il dibattito era già stato aperto negli anni precedenti, approdando anche a sondaggi che avevano stabilito come il 76% dei canadesi siano favorevoli al cambiamento. Solo il 9% si era dimostrato indeciso.

Se condotto – si legge nella dichiarazione dell’associazione canadese – sotto i chiari e basati su prove standard canadesi di cura della salute e sicurezza del donatore, per le surrogate e i futuri genitori può essere sviluppato un fattibile sistema di compensazione. I canadesi hanno aspettato troppo a lungo un atto del governo, mentre migliaia di canadesi soffrono le conseguenze di una legge che limita la loro capacità di creare una famiglia.

In pratica, si parla di ricompensa, come se il denaro fosse un premio, un piccolo riconoscimento. Che cosa ne pensate: la madre surrogata ha diritto a una paga equa o deve essere solo un gesto di altruismo?

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