Questa sono io, al culmine della mia depressione post-partum. Ho chiesto a Shiloh di farmi una foto, in modo che potessi ricordare fino a dove ero arrivata, quando e se mai ne fossi uscita.

Con onestà, senza giri di parole, diretta come un pugno in faccia, Tori Block ha scelto Love What Matters per raccontare la sua battaglia contro un nemico terribile e prima di allora sconosciuto: la depressione post-partum.

Senza vergogna, perché non esiste vergogna nel raccontare la propria esperienza contro un fenomeno tanto drammatico quanto diffuso, che colpisce, solo in Italia, dal 7 al 12% delle neomamme (lo riporta un documento del Ministero della Salute già nel 2013). Lo ha fatto perché non si sente una cattiva madre, sa di non esserlo, sa che soffrire di DPP non significhi non amare il propri figlio. Solo che lo ha scoperto dopo mesi, che le sono sembrati interminabili, in cui alla tristezza nell’osservare quel neonato tra le braccia si alternavano gli infiniti sensi di colpa, le accuse verso se stessa. “Ma perché diavolo non riesci a essere felice, è tuo figlio!”.

Se lo sarà ripetuto mille volte Tori, come se lo ripete ogni madre che attraversa questa fase terribile della propria vita, rinnovata dall’esperienza della genitorialità. Non significa non essere in grado di fare il genitore, non significa neppure “dare uno schiaffo in faccia a chi vorrebbe diventare madre e non ci riesce”. Chi soffre di depressione post partum non vorrebbe trovarsi in quella condizione, succede e basta. E non può colpevolizzarsi o ritenersi – o essere ritenuta – ingiusta, egoista, cattiva.

Ero più giù di quanto si possa essere giù – scrive Tori – Ripensando a questa foto ricordo perfettamente il dolore che provavo, il timore di svegliarmi ogni giorno, il dolore fisico che mi travolgeva dai pensieri nel mio cervello. Non avevo mai conosciuto un’emozione consumante, che alterasse la mente come quella che inondava ogni fibra del mio essere, facendosi strada nelle mie vene come una piaga. Questo è come appare la depressione postpartum, o almeno questo è ciò che ha fatto a me. Non volevo lasciare questa vita, ma sembrava l’unico modo per liberarmi del dolore che provavo. Non l’ho chiesta, non era la benvenuta. Ma eccola lì, e gli ho dato un calcio in culo buttandola a terra prima che mi consumasse o, molto peggio, che mi prendesse la vita“.

Tori non ha scoperto di avere la depressione post-partum fino a quando sua sorella non gliel’ha chiesto esplicitamente. “Ho cercato così a lungo di negare – ha detto la giovane mamma – […] nessuno vuole ammettere di avere la DPP. Una volta capito che ero molto depressa, ho iniziato ad avere pensieri suicidi. Questo è accaduto quando Bodhi aveva 3 mesi“.

Solo dopo aver preso coscienza del problema, e di quanto fosse vicina al pensiero di togliersi la vita, Tori ha trovato in se stessa la forza per farsi aiutare. “Non volevo prendere farmaci, perché stavo allattando e nella mia mente ciò significava che ero debole. Oh, quanto ero sbagliata! La mia famiglia mi ha organizzato delle sedute di terapia e ha preso molti appuntamenti con lo psichiatra per me. Queste cose mi hanno salvato la vita“.

Oggi Tori è una mamma felice, ma il messaggio che invia alle altre mamme che stanno attraversando la sua stessa situazione è che la depressione non si può prevedere, né pianificare: si può solo scegliere di farsi aiutare.

Bodhi e la depressione post-partum non sono stati pianificati, ma cercare aiuto quando ne avevo bisogno è il modo in cui sono riuscita a uscirne, come continuo ad affrontare la maternità. Entrambi sono stati le più grandi benedizioni della mia vita, sono più forte per questo, e ho una comprensione più profonda di chi sono io per grazie a tutto ciò che ho passato.

Quello che Tori ha vissuto durante il periodo di depressione e come è riuscita a uscirne è raccontato nella gallery.

"Questa sono io al culmine della mia depressione post-partum"
Tori Block
Foto 1 di 4
Ingrandisci