Forse in poche conosceranno il suo nome, ma Lina Medina è passata alla storia per essere la mamma più giovane del mondo; per quanto sembri impossibile, non si tratta di una delle tante bufale che circolano in Rete, ma di un avvenimento realmente accaduto, nel lontano 1939, e suffragato anche dalla letteratura medica, che lo ha riportato negli anni proprio come esempio di un evento straordinario e rarissimo. Lina, una bambina peruviana che viveva nel remoto villaggio di Paurange, nel distretto di Ticrapo, lontano da cliniche, ospedali e modernità, diede alla luce un figlio all’età di 5 anni, 7 mesi e 21 giorni. Sembra impossibile, lo abbiamo detto, eppure la scienza non ha mai smentito che possa esistere tale eventualità, dato che la pubertà precoce, per quanto quasi unica, non è comunque sconosciuta nel mondo medico, e alcune prove documentali raccolte prima e dopo la gravidanza di Lina sembrano fugare ogni possibile dubbio sulla veridicità della sua storia.

Un evento più unico che raro

La storia di Lina, sia negli anni in cui è avvenuta che in quelli successivi, è stata oggetto di studio per la letteratura medica, e riportata anche da molti giornali a livello internazionale, fra cui, in Italia, il Corriere.

La piccola venne portata all’ospedale di Pisco dai genitori, Tiburelo Medina e Victoria Losea, a causa del gonfiore a livello addominale che aveva fatto temere loro la formazione di una massa tumorale, dopo che anche lo sciamano del villaggio da cui l’avevano inizialmente condotta non era stato in grado di trovare delle risposte. Quello che i medici dissero alla coppia fu a dir poco scioccante: la loro bambina era incinta di sette mesi. Da lì il trasferimento di Lina all’ospedale della capitale, Lima, dove rimase per un mese e mezzo, prima di dare alla luce il piccolo Gerardo Alejandro, un maschietto di 2,7 chili chiamato così in onore dei due medici che si erano occupati della bambina, Gerardo Lozada e Alejandro Busalleu. Naturalmente il neonato venne fatto nascere con parto cesareo, per via dell’età della madre e dell’esilità del suo bacino, che ancora non era pronto a un parto naturale.

Ma come è stato possibile tutto ciò?

Il caso di Lina Medina venne studiato e riportato in maniera approfondita dal ricercatore Edmundo Escumel sulla rivista La presse Médicale, che esaminò accuratamente la pubertà precoce della piccola: Lina si era sviluppata davvero prestissimo, tanto da avere il primo ciclo mestruale a soli otto mesi – secondo alcune fonti- a due anni e mezzo, secondo altri rapporti medici. In ogni caso, di certo c’era che, a quattro anni, lo sviluppo della bambina era del tutto completo, il seno già pronunciato e la pubertà ormai raggiunta.

Escumel relazionò la comparsa precocissima del menarca a una disfunzione ormonale di origine pituitaria, ovvero legate a un malfunzionamento dell’ipofisi e degli ormoni da essa prodotti, fra cui il follicolo-stimolante e il luteinizzante, che stimolano la formazione dei follicoli e la secrezione di estrogeni, o del corpo luteo e la secrezione dell’ormone corrispondente, il progesterone. Quello di Lina, lo ripetiamo, è un caso limite, assolutamente straordinario, eppure quella della pubertà precoce – inteso come sviluppo prima degli 8 anni – è una tematica non del tutto ignota alla scienza medica, che stima, secondo quanto riportato dal Corriere, che possa riguardare un bambino ogni diecimila, con un’incidenza di 10 a 1 per le femmine rispetto ai maschi.

L’arresto del padre e le prove della gravidanza

Naturalmente, la notizia della gravidanza di Lina indusse immediatamente a domandarsi chi potesse essere il padre del bambino; all’epoca, venne arrestato il padre, sospettato di violenza sessuale e incesto e successivamente rilasciato per insufficienza di prove, ma alcuni dubbi riguardavano anche il fratello maggiore della bambina, che soffriva di disturbi mentali. Un’altra ipotesi, supportata da alcuni studiosi, puntò alla celebrazione delle feste pagane che erano consuetudine in villaggi tribali come quello in cui viveva la famiglia Medina, le quali spesso si concludevano con rapporti di gruppo che non escludevano neppure i bambini. Quale fosse la verità, però, nessuno ha mai potuto saperlo, perché Lina si è sempre, fermamente rifiutata di rivelare il nome del genitore di suo figlio. O forse nemmeno lei lo sapeva, dato che, come scrisse Escomel, “non poteva dare risposte precise”, suggerendo così che non lo sapesse davvero.

Va da sé che molti giornali dell’epoca tacciarono la storia come falsa, eppure esistono prove, seppur scarne, che garantirebbero la veridicità dell’intera vicenda. Non solo sei mesi dopo il parto un funzionario americano per la salute pubblica aveva rivelato l’autenticità del caso sulle pagine del New York Times, esistono anche due testimonianze fotografiche che difficilmente fanno pensare a una montatura ad hoc: ci sono, ad esempio, le radiografie che mostrano le ossa di un feto all’interno del grembo di Lina, ma c’è, soprattutto, la foto scattata intorno ai primi di aprile del 1939, con la bambina incinta di sette mesi e mezzo, che mostra di profilo una pancia davvero pronunciata e un seno piuttosto sviluppato. Anche la famiglia non speculò mai sulla vicenda, nonostante le molte richieste di interviste e le generose offerte di denaro; Tiburelo e Victoria rifiutarono sempre di parlare in pubblico, per proteggere la piccola. Inoltre, come abbiamo detto, benché rara, la pubertà precoce non è sconosciuta ai medici, e quello di Lina potrebbe essere proprio il caso più eclatante a riguardo.

La vita di Lina

Lina Medina oggi ha 89 anni, ha avuto una vita piena e felice, anche se il suo primogenito morì, purtroppo, all’età di 40 anni per una malattia legata al midollo osseo. Inizialmente Gerardo Alejandro venne cresciuto pensando che Lina fosse sua sorella, ma a soli 10 anni scoprì la verità, probabilmente dai compagni di scuola.

Data l’impossibilità di Lina di mantenere il figlio, il governo peruviano creò una commissione per la cura e la tutela del neonato, e, crescendo, la giovane trovò impiego come segretaria proprio presso il dottor Lozada, che l’aveva aiutata nei giorni del parto; il chirurgo le fornì un’istruzione e permise al figlio di frequentare le scuole superiori. Nel 1970 si sposò con Raúl Jurado, con cui andò a vivere in un quartiere povero di Lima conosciuto come Chicago Chico, e nel 1972 ebbe il suo secondo figlio.

Oltre a rifiutarsi di rivelare il nome del padre del primo bambino, Lina è sempre stata piuttosto restia a parlare con la stampa: nel 2002, ad esempio, rifiutò un’intervista alla Reuters.

Forse la sua è stata un’incredibile storia di violenza, di abusi, e il segreto legato al nome del padre di quel figlio avuto a soli 5 anni finirà con lei nella tomba; certamente la sua vicenda racconta di un’epoca diversa, dove in alcuni sperduti villaggi ci si affidava a riti pagani e agli sciamani, e la società era improntata esclusivamente a modelli di tipo tribale, dove l’ignoranza la faceva da padrone e di diritti dell’infanzia, ahimè, non si parlava neppure lontanamente. Eppure Lina è riuscita a sopravvivere, ad andare avanti e a costruirsi la sua vita di donna, moglie e madre, pur con lo straordinario record di mamma più giovane mai conosciuta; oggi, a lei e alla sua stupefacente storia è dedicata una statua al museo delle cere di New York.

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