Guardate questa bellissima immagine della fotografa Michele Pampanin: rappresenta il legame della vita per eccellenza, quello che tramite il cordone ombelicale collega un neonato alla sua mamma, a mezzo di quell’organo meraviglioso che è la placenta.

Una mamma e, più in generale, i neo genitori pensano di non aver voce in capitolo nella scelta di quando recidere il cordone ombelicale, se ne occupano gli addetti alla nascita, quindi tutti i professionisti del settore: medici, ostetriche, infermieri. Ma non è così.
È, infatti, nostro diritto (e forse dovrebbe diventare anche un nostro dovere) chiedere di attendere qualche minuto prima di procedere col taglio.
In passato, parliamo degli anni sessanta, non era considerata rara l’attesa dopo il parto, anzi era un passaggio naturale e necessario. Successivamente questo procedimento è stato ridotto, a volte quasi azzerato, nelle procedure mediche e arriva a pochi secondi dalla nascita.

Gli studi condotti dall’Oms, cioè dall’Organizzazione Mondiale della Salute, attestano che posticipare di qualche minuto la recisione del cordone, subito dopo la venuta al mondo, apporti importanti benefici al bambino come una maggiore concentrazione di ossigeno nel sangue.
Durante la sua vita intrauterina il feto trae ossigeno dalla placenta, quindi non utilizza i polmoni come centro respiratorio visto che al loro interno non circola aria ma il liquido alveolare.
Subito dopo la nascita, i polmoni si espandono permettendo la circolazione del sangue nelle arterie.
Tagliare il cordone prima del tempo vuol dire negare al bambino l’ossigeno supplementare che gli permetterà di integrare i respiri successivi.

Quanto, allora, è bene aspettare?
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità è corretto attendere almeno un minuto, altre scuole di pensiero, invece, sostengono che sia opportuno aspettare dai due ai cinque minuti almeno.
L’attesa gioverà soprattutto ai neonati nati prematuramente. Pare infatti che il clampaggio tardivo favorisca l’apporto di ferro, il suo adattamento non traumatico alla vita extrauterina e prevenga complicazioni come emorragia cerebrale, sepsi, l’enterocolite necrotizzante.

Ovviamente ci sono alcuni casi di emergenza, in cui il neonato richiede interventi e valutazioni medice urgenti, tali da giustificare un clampaggio immediato, ma in assenza di motivazioni terapeutiche quello del clampaggio tardivo resta un diritto per ogni donna e il suo bambino.

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