Il mondo delle mamme lavoratrici non è affatto facile. Soprattutto per chi ha la “nonna” lontana e cerca una soluzione alla propria misura, che potrebbe non comprendere l’asilo nido per i più piccoli. E allora c’è una figura professionale importantissima che viene in aiuto delle mamme che vanno al lavoro, anche quando i figli sono in età scolare: la baby sitter. Qualcuno opta addirittura per la tata, ma questo non cambia la sostanza: è un mestiere sempre più richiesto e questo ha fatto innalzare la paga oraria di queste lavoratrici (o anche lavoratori, seppur una minoranza). Niente di nuovo: in economia si dice che è la legge della domanda e dell’offerta, e cioè che quanto maggiore è la domanda per un servizio, minore o uguale è il numero di persone disposte a fornirlo, tanto diverrà più alto il prezzo del servizio stesso. Infondo, badare a un bambino di un’altra persona non è mestiere da tutti.

Il dato da notare è che quest’aumento di prezzo si è verificato in tutte le regioni d’Italia, stando al sito Yoopies. È abbastanza naturale, soprattutto perché non tutte le regioni hanno lo stesso costo della vita, e tutto è rapportato anche al salario della mamma lavoratrice in questione: se il suo salario è basso, la mamma non si può permettere di aumentare la paga della Baby sitter. Al momento, la tariffa media nazionale è di 8,34 euro contro le 7,46 euro dello scorso anno. Al Nord i prezzi sono più alti del 17%, come racconta Vanity Fair e infatti la regione più Cara è la Valle d’Aosta con 9 euro contro i 6,96 della più economica, la Puglia. Nella città di Ventimiglia, infine, la tariffa più alta di tutte: un’ora di una baby sitter costa in media 10,50 euro.

Oggi come oggi, assumere una baby sitter è molto facile, perché su Internet si trovano molte agenzie dedicate. Ma quali sono le istanze di una famiglia media italiana per i servizi di queste lavoratrici? Ci sono cinque caratteristiche che sono molto richieste: essere mamma a propria volta e amare i bimbi, poi c’è il curriculum con tanto di referenze, il senso si responsabilità e la possibilità in relazione alla propria mobilità, oltre infine a un po’ di pulizie di casa – anche se quest’ultima richiesta ci appare davvero un po’ stridente. Tanto più che qualcuno si fa sfuggire la mano ed esagera con le richieste: per fortuna, gli esagerati diventano spesso un esempio negativo, tra screenshot e commenti, che alla fine fa scuola sui social network e insegna a rispettare un po’ di più le baby sitter.

Ovviamente il rispetto delle lavoratrici significa anche pagare tasse e contributi dovuti dal datore di lavoro. Ed è forse per questa ragione – perché spesso esiste molto lavoro sommerso tra le baby sitter occasionali – che per chi riceve un’assunzione, le retribuzioni sono aumentate solo di pochi centesimi. Questo accade perché il loro salario minimo è equiparato a quello delle colf e delle badanti – tanto più se la lavoratrice vive addirittura nella stessa casa del datore di lavoro e quindi è una tata vera e propria per i bambini della famiglia.

A questo proposito, i tariffari delle baby sitter oscillano tra i 625 euro e i 1400 al mese, in base appunto agli orari – se si effettua quindi il full time – ma anche a un’eventuale convivenza – che comporta quindi costi aggiuntivi in termini di vitto e alloggio per il datore di lavoro – e naturalmente se i bambini – esattamente come gli anziani per le badanti – potrebbero non essere autosufficienti, o per ragioni anagrafiche, perché troppo piccoli, oppure per via di una disabilità. Che tra l’altro richiede anche e soprattutto professionalità specifiche. Questi sono i tariffari validi fino alla fine del 2017, poi saranno adeguati in base al costo della vita, come dicevamo poc’anzi.

La discussione continua nel gruppo privato!
Seguici anche su Google News!