Il tema dell’allattamento al seno è uno di quelli in grado di far impazzire molte persone, che fin troppo facilmente dimenticano ogni buonsenso.
C’è chi lo considera un atto meraviglioso, ma da fare in privato; chi vorrebbe essere libera di allattare ovunque e in ogni occasione e chi invece pensa addirittura sia un motivo sufficiente per allontanare donne e neonati da un luogo pubblico.

La realtà è che la nostra società ha dei grossi problemi con il seno femminile.
Da un lato ne è ossessionata. Le tette sono ovunque: in tv, nelle pubblicità sulle riviste, nella scollatura della ragazza seduta a fianco a noi sul bus, strette tra le braccia di influencer ammiccanti sui social.

Le rotondità del seno sono da sempre oggetto di ammirazione e devozione. Sono sensuali, sono sexy, sono, di fatto, un “oggetto sessuale”.
Ed ecco che, allora, iniziano i primi problemi. Perché tutto ciò che è sessuale, va limitato. Quindi diventa accettabile strizzare i seni nelle scollature più vertiginose, ma mai mostrare un lembo di capezzolo.
Quanta follia umana in così pochi millimetri!

La pudicizia della nostra società ha infatti sempre premuto così tanto per contenere tutto ciò che riguarda la sessualità nella sfera privata, da risultare delle volte molto ridicola. Un esempio perfetto è il caso dei capezzoli femminili, destinati alla censura più ferrea, mentre quelli maschili sono liberi di gironzolare come meglio credono.

Perché? Perché parti anatomiche in comune all’uomo e alla donna subiscono questa disparità di trattamento?
La risposta è facile: i capezzoli femminili fanno sesso, quelli maschili no. Poco importa quanto sia opinabile questa affermazione e che siano entrambi divertenti zone erogene. È l’ennesima dimostrazione di quanto la nostra società sia plasmata sul volere etero-patriarcale.
Se pensate però che questo sia il massimo della nostra “follia” vi sbagliate. Perché quando a un oggetto sessuale viene affiancato un bambino, un elemento per antonomasia antitetico al sesso, ecco che le strane “regole” della nostra società iniziano a collassare su se stesse, rivelando tutta la loro ipocrisia.

Da qui tutto il trambusto che l’allattamento in pubblico crea. Da un lato vi è un oggetto sessuale mostrato alla luce del sole, dall’altro vi è il più naturale e primordiale istinto che lega una madre al figlio.
E il sistema va in crash.

L’ho sperimentato sulla mia stessa pelle, quando la maggiore delle mie cugine ebbe il primo figlio. Anni di infanzia a giocare insieme, nottate nel lettone della nonna ad ascoltare favole, il tutto in un sereno e ortodosso clima da famiglia per bene.
Quel clima è però evaporato nell’istante in cui mia cugina si è denudata un seno per allattare il suo piccolo davanti a me. Ricordo che le stavo parlando e in quel momento non seppi assolutamente cosa avrei dovuto fare.

Avrei dovuto girarmi? Ma così facendo avrei confermato il mio imbarazzo. Avrei dovuto continuare a guardarla, anche a costo di sembrare morboso? Sarei dovuto andarmene, con il rischio di offenderla?

Nessuno mi aveva preparato a quel momento. Nessuno mi aveva spiegato che, per qualche strana ragione, quelle che fino a pochi istanti prima erano le tette di una bella ragazza, all’improvviso erano diventate niente di più di un soffice biberon.
Sperimentai in me stesso l’ingombrante dimensione di questa contraddizione. L’elefante nella stanza che continuiamo costantemente a ignorare, ma che in quell’occasione mi crollò addosso con tutto il suo peso.

Capii quindi perché molte persone, uomini e donne, si riparano al sicuro dietro una spietata intolleranza. La stessa che ha portato ai numerosi casi di disgustosa discriminazione, in cui a diverse madri è stato impedito il diritto di sfamare il figlio.

Capii perché trovassero più facile ripararsi dietro quella intransigenza, piuttosto che affrontare la realtà.
E la realtà è che allattare è una cosa normalissima, che non crea di per sé alcun effetto negativo sugli altri, a meno che non siano proprio gli altri a volersi creare dei problemi.

La risposta migliore me la dette in fondo mia cugina stessa, troppo presa dal suo bimbo per curarsi di me, che balbettavo qualcosa fissando gli angoli del soffitto.
Perché in un mondo sorretto da regole assurde, che cambiano al mutare di ogni insignificante dettaglio, l’unico dogma da seguire dovrebbe essere il rispetto per ciò che è davvero importante. E spoiler: non sono i capezzoli.

Perciò, se una donna preferisce nascondersi quando allatta, deve avere il diritto di farlo senza essere accusata di bigottismo; se invece una madre vuole essere libera di sfamare il figlio quando vuole, deve poterlo fare, senza temere l’assurda reazione di coloro che reputano le tette più importanti di un neonato.
E se qualcuno si trova in imbarazzo di fronte a certe situazioni, faccia un bel respiro, fissi il soffitto e aspetti con pazienza di abituarsi alla normalità.

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