A scriverci è Emanuela (ne conosciamo solo il nome), l’autrice di un blog dal nome Vita da principesse, che stona un po’ con la storia della nostra lettrice.
Ma come, una principessa disoccupata che scrive post su come risparmiare facendo la spesa con i coupon, che si mette ai fornelli, che si fa la piega in casa invece di andare dal parrucchiere?
Ma per fortuna non è più tempo di principesse rimbambite che vivono fuori dalla realtà. Principesse oggi, a parte rari casi, non lo si è né per sangue, né per matrimonio, semmai lo si diventa quando si decide di prendere in mano la propria vita, invece di lasciare che ci capiti dando la colpa ad altri, al caso, al destino o a Dio.

Sul suo blog Emanuela si presenta così:

Ho due bimbi splendidi di cui spesso parleremo, Gabriele ha 19 mesi pieni di vita, sembra che il sole l’abbia rapito e trasmesso tutta la sua energia nel suo corpicino, infine c’è Riccardo 4 anni di dolcezza e fragilità, lui è invece il nostro bimbo della luna, così molti definiscono i bambini autistici.
Dopo aver perso il mio lavoro io e mio marito (Diego) abbiamo preso una decisione, abbiamo cambiato vita. Da Milano ci siamo trasferiti in campagna, un paese di 900 anime tra mucche e trattori, nella speranza di dare più tranquillità e possibilità a Riccardo.
E da qui siamo ripartiti, ci sono momenti in cui sento di potercela fare, altri invece in cui mi sento piccola e fragile, ma sempre in ogni istante della giornata ho una sola consapevolezza… mai nulla avviene per caso e il nostro trasferimento è risultato essere la scelta migliore per tutti noi.
Questa consapevolezza Emanuela la mette in tutti i suoi post, insieme alla luce di Sole e Luna, quei due fratellini così diversi e così complementari.
Ce n’è uno in cui Emanuela affronta quella che, probabilmente, è la più grande paura di ogni genitore di un figlio autistico o, più in generale, con disabilità: ed è il “dopo di noi“.

Che faticaccia sopravvivere a queste giornate, dove sento parlare in continuazione del futuro incerto dei nostri figli, del cosiddetto #ildopodinoi.
Quando ci penso mi dimentico di respirare, il mio cuore si stringe fino a farmi male e le lacrime, quelle proprio non riesco a fermarle.
Cosa sarà di te grande amore mio?
Allora ho pensato che ad ogni domanda c’è sempre più di una risposta e che nella vita ci sono sempre le due strade parallele, solo tu puoi scegliere quale percorrere…o continuo a pensare a questo futuro incerto, o cerco di dedicare la mia vita a costruirne uno migliore, il più possibile capace di accogliere questi esseri così speciali […]

Emanuela sceglie la seconda strada e parte dalle scuole del paese e da un'”illuminazione”

Bisogna semplicemente raccontare ai nostri figli cosa prova un loro coetaneo autistico!
Per i piu piccini ho preparato dei palloncini blu e con la collaborazione delle maestre abbiamo potuto leggere la favola dell’”Unicorno triste“, in cui viene spiegato l’autismo e tutte le diversità ai bambini. Un successone, palloncini, disegni, frasi dettate dalle loro emozioni, cosa potevo raccogliere di più?!?
Invece per i bambini della primaria di Cavacurta, ho preparato un palloncino blu, pensando che quel palloncino fosse proprio il bambino autistico che aveva il bisogno di dire ad ognuno di loro qualcosa… E la mia mano ha iniziato a scrivere 94 cartoncini azzurri, pensieri semplici ma diretti
autismo frasi
“IO NON PARLO, MA RICORDATI CHE SENTO LE TUE PAROLE E CHE QUESTE A VOLTE MI FANNO MALE”
“TU HAI PAURA DEL BUIO, IO DEI GRANDI RUMORI”
“TU HAI 2 OCCHI, UN NASO, UNA BOCCA, ED UN GRANDE CUORE… ANCH’IO”.
“TU TI DIVERTI GIOCANDO A PALLONE IO A VOLTE CONTANDO”
Ma soprattutto gente ricordiamoci questo:
“IO HO BISOGNO DI AVERE DEGLI AMICI PROPRIO COME TE”
Tutti cresciamo i nostri figli dicendogli che la mattina bisogna lavarsi i denti, che la carta va buttata nel cestino, e che devono portare rispetto alle persone… ecco io ora cresco i miei figli insegnandogli l’accoglienza, la gentilezza, e se lo facessimo tutti questo potrà rendere il mondo pronto per i più fragili, per Ricky.
Quest’anno sono 2 anni che Ricky frequenta l’asilo di 32 bambini, ed è stato invitato solo a 4 festine di compleanno, ma sono sicura che presto diventeranno 5, poi 10 e così via, ne sono sicura.
Non voglio e non posso inaridire la mia anima, voglio solo che le persone inizino con i loro occhi a vedere realmente anche i più fragili.
Comunque posso dire con tanta felicità di aver avuto un bel raccolto, maestre e bambini tutti insieme per l’autismo, per le differenze, un’emozione indescrivibile per una mamma come me.

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Ma ci sono altre parole di Emanuela che sarebbe bello raggiungessero, soprattutto nei momenti di difficoltà, qualsiasi genitori di un figlio “speciale”.
Sono quelle che Emanuela scrive in “Lettera a te mamma che ancora non sai…“, prendono le mosse da un’amica che un giorno le ha chiesto quando e come si fosse accorta dell’autismo di Ricky e si snoda nel racconto di tanti momenti rubati all’aspettativa da mamma di una quotidianità “normale”:

Uno dei primi segnali fu proprio il cambiamento del suo carattere, verso i 18 mesi abbiamo salutato i sorrisoni ed abbiamo dato il benvenuto a rabbia ed incomprensione […]
Mentre i figli delle mie amiche di pancia indicavano la bottiglia dell’acqua, Ricky si dimenticava persino di averne bisogno.
Mentre marco iniziava a giocare con le macchinine, Riccardo metteva tutto in fila.

Comportamenti ripetitivi, quasi ossessivi vivevano con noi nel nostro quotidiano. Accendere e spegnere in continuazione la luce, far cadere davanti ai suoi occhietti, sabbia, erba, pongo, pasta, qualsiasi cosa giuro, e poi muovere velocemente la testa […]
Festeggiare i suoi primi 3 compleanni senza porgli cantare tanti auguri a te, non un battere di mani, sembrano piccole banalità ma vi assicuro che non lo sono, sono aspettative continuamente deluse.
Alzi ora la mano chi di voi nel sentirsi chiamare mamma o papà non si è emozionato? Io e Diego abbiamo sentito la sua voce ai 2 anni e poi silenzio, all’improvviso il vuoto fino ai 3 anni […]

Emanuela racconta altri momenti in cui le sue normali aspettative di mamma sembrano più lontane di quella “luna” di Riccardo, lo fa con le parole semplici di chi non cerca scorciatoie alla realtà che ha imparato a guardare in faccia e sono pugni allo stomaco.
Ma Emanuela nel dolore non si chiude, apre, ne fa empatia e si fa carico pure di quello che non può evitare ad altri genitori, che può però confortare e, se possibile, prendere per mano per mostrare loro quella strada in cui il dolore non distrugge, ma unisce e costruisce:

Mamme potrei stare qui ad elencarvi tutti i campanelli che per mesi ci suonavano dentro alle orecchie, ma servirebbe a poco. Il lavoro più difficile è l’accettazione. Fino a quel momento nulla vi sembrerà dirvi qualcosa, vostro figlio potrebbe cantare “alba chiara” al contrario che voi non ci notereste nulla di strano, perché fa un male cane, un dolore sordo ed infinito dire a se stesse che vostro figlio non è quel figlio tanto sognato, perché farà cose strane, si muoverà per la stanza senza alcun senso apparente, e forse non vi dirà mai “mammina ti voglio un mondo di bene”.
Ricordate mamme che questo lo penserete solo all’inizio, perché poi tutto cambierà, lui si muoverà nella stanza in maniera buffa e voi lo farete con lui tenendogli la mano, lui farà cose strane ma voi capirete che è il suo modo di vivere questo mondo senza etichette e soprattutto non è vero che lui non ti dirà mai “mammina ti voglio un mondo di bene”, perché lui farà molto di più, prenderà la tua mano e ti farà entrare nel suo mondo, ti prenderà la bocca e ti donerà la sua, e di notte se ti avvicinerai a lui mentre dorme, potrai respirare il suo respiro… lui allora ti avrà detto molto di più.
Mamma che mi leggi e pensi che quello che provi lo ritrovi nelle mie righe, respira ed affronta questo lungo viaggio che a volte ti porterà a camminare su cocci rotti, altre volte su tappeti di petali di rose.
Sii forte, sii la sua mamma, sii la sua guardiana, sii la sua guerriera, ed a volte la sua voce, ma mamma che mi leggi ricordati di non arrabbiarti con Dio, con il mondo, non chiederti perché a te, perché lui non è una condanna, lui non è una punizione, non potrebbe mai esserlo. Non perderti in questo viaggio perché io lo so quanto sia facile farlo…
Ciao mamma che ancora non sai …

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