Cosa significa avere un aborto interno

L'aborto interno è, nella già immensa drammaticità del momento, la forma più subdola di aborto spontaneo, perché, mentre esternamente tutto sembra procedere per il meglio, dentro il feto smette di vivere, e spesso le donne non hanno o non si rendono conto delle avvisaglie. Come possiamo quindi capire che stiamo subendo proprio un aborto di questo tipo? E qual è la terapia migliore?

Sapere di avere avuto un aborto spontaneo è sicuramente uno dei momenti più traumatici nella vita di ogni donna, ma immaginate quanto possa essere devastante trovarsi di fronte a questa drammatica situazione in maniera del tutto inaspettata. Infatti, purtroppo può capitare (e meno raramente di quanto si pensi) di subire un aborto interno, o ritenuto, che può  veramente essere considerata la tipologia più subdola di interruzione di gravidanza, in quanto quasi sempre completamente asintomatica.

In questa sfortunata ipotesi, la gravidanza sembra procedere totalmente per il meglio, non ci sono insomma avvisaglie che possano far pensare che il bambino non stia crescendo regolarmente, ma l’embrione, pur rimanendo all’interno dell’utero, non è più vitale, e la sua espulsione sopraggiunge solo dopo un certo periodo, che può variare da qualche giorno a varie settimane.

Durante questo periodo, l’embrione va incontro a varie modificazioni involutive, che possono passare dal riassorbimento, qualora l’interruzione avvenga nelle prime settimane, fino alla disidratazione e mummificazione dello stesso, laddove invece l’interruzione sia avvenuta più tardivamente.

Generalmente si può avere una diagnosi certa di aborto interno solo dopo due visite, eseguite dallo stesso specialista ad una distanza di circa 3 o 4 settimane l’una dall’altra, che certifichino inequivocabilmente l’arresto di evoluzione dell’utero. Molto utile ai fini della conferma può essere un controllo ecografico del contenuto uterino, eventualmente ripetuto più volte, tramite cui è possibile osservare variazioni del sacco gestazionale, assenza di battito cardiaco fetale e altri fattori che indichino la presenza o meno di un feto ancora in vita.

Anche se, come abbiamo detto, molto spesso l’aborto interno è impossibile da percepire poiché vi è assenza di sintomi, esistono comunque alcuni elementi che possono far pensare a questa drammatica eventualità. Vediamo quali sono.

I sintomi dell’aborto interno

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Fonte: Web

I sintomi possono essere piuttosto mutevoli: nella stragrande maggioranza dei casi la gestante ha accusato i sintomi tipici della minaccia d’aborto, sostanzialmente gli stessi dell’aborto in atto, ma solo di minore intensità. Il dolore al basso ventre, ad esempio, è poco intenso e può persino mancare, oppure essere accompagnato da leggere fitte intermittenti di tipo colico, corrispondenti alle contrazioni dell’utero.

Vi sono poi le perdite di sangue, in cui occorre valutare colore del sangue, intensità ed abbondanza dell’emorragia per stabilire se il distacco dell’embrione dal suo impianto nell’utero sia già in fase avanzata. Dato che il dolore può anche non essere presente, qualsiasi perdita di sangue dai genitali deve immediatamente insospettire la gestante e portarla a chiedere aiuto al proprio medico.

Qualora si pensi di essersi riprese dalla minaccia d’aborto, ciò che conduce a pensare di stare subendo un aborto interno è quanto accade in un secondo tempo, a partire dall’arresto nella crescita dell’addome, fino alla regressione dei seni e alla presenza di perdite vaginali piuttosto scure.

Altre avvisaglie importanti, che compaiono sempre in un periodo della gestazione più avanzata, possono essere l’assenza improvvisa dei fenomeni simpatici della gravidanza (ovvero tutti quelli che solitamente dipendono dai cambiamenti ormonali tipici appunto dello stato interessante), oppure, nel quinto o sesto mese, il manifestarsi di una vera e propria montata lattea.

Cause dell’aborto interno e terapia

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Fonte: Web

Purtroppo le cause dell’aborto interno sono praticamente sconosciute, ma nella maggior parte dei casi si tratta di un’anomalia genetica incompatibile con lo sviluppo della vita, specie se si è alla prima gravidanza. In generale possono comunque essere tenute presenti tutte le cause che inducono all’aborto spontaneo, come problemi ormonali, stile di vita scorretto, età avanzata della madre, traumi o problemi nell’impianto dell’ovulo alle pareti uterine.

La terapia per l’aborto interno consiste nel raschiamento o svuotamento dell’utero, previa dilatazione del canale cervicale, anche se le tecniche usate sono diverse a seconda dell’epoca in cui l’aborto viene effettuato: se l’interruzione ha luogo entro le prime 8 settimane di gravidanza si predilige l’isterosuzione, effettuata aspirando l’embrione e l’endometrio mediante una cannula.

Dall’ottava alla dodicesima settimana si può invece parlare di vero e proprio svuotamento della cavità uterina (o raschiamento) mediante dilatazione meccanica del canale cervicale. Lo svuotamento uterino avviene in condizione di sedazione farmacologica profonda, ha una durata di circa 15 minuti, e si effettua raschiando letteralmente, con molta delicatezza, il rivestimento dell’utero mediante una curette.

L’intervento viene effettuato in day hospital e la donna è dimessa, se non si presentano complicazioni, in giornata.

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