"Cosa dico a mia figlia di te, che l'hai partorita e lasciata in ospedale"

"La abbraccerei forte. La ringrazierei infinitamente per aver dato alla luce mia figlia. So che la sua scelta è stata coraggiosa: di certo non la più facile.  A ogni compleanno di Erika le dedico sempre un pensiero: mi auguro che stia bene, mi domando se sono all'altezza del grande dono che mi ha dato e le prometto che farò del mio meglio".

“Io sono la mamma adottiva di una bambina lasciata in ospedale, con parto anonimo.

A mia figlia di quella mamma di pancia io parlo bene: le dico che finché ha potuto ha fatto tutto quello che era in grado di fare per farla stare bene e che se ha scelto di lasciarla lì, è perché davvero voleva per lei qualcosa di migliore, una famiglia e delle braccia accoglienti.
Non la ringrazierò mai abbastanza, ed anch’io la stringerei a me, per dirle che va tutto bene”.

A parlare è Giorgia, che quando ha letto questo nostro commento alla notizia di un neonato abbandonato a Brescia – dal titolo appunto “Ti abbraccio forte, mamma che oggi hai abbandonato il tuo bambino” -, non ha reagito con la rabbia di molte altre persone. Ma con parole d’amore.

Capita, a volte, nel coacervo delle frustrazioni e delle “voci grosse” dei social di trovare piccoli diamanti che rischiano di passare inosservati: in quel caso è bello dargli spazio e farli brillare.

Così ci siamo messe in contatto con Giorgia, che ha accettato di raccontarci la sua storia:

Quando Erika è arrivata tra le nostre braccia aveva 20 giorni: era stata partorita in ospedale da quella che noi e Erika, che oggi ha 3 anni, chiamiamo la ragazza di pancia.

Quindi Erika sa di essere stata adottata?

Sì, crediamo sia importante essere sinceri sin da subito con lei. Ovviamente in modo compatibile con la sua età.
Erika sa che è non è nata dalla mia pancia: le ho spiegato che la mamma ha la pancia rotta (sono sterile). Sa, allo stesso modo, di essere nata dalla pancia di un’altra ragazza e, al tempo stesso, dal mio cuore.

La scelta di adottare un figlio è stata conseguente alla scoperta dell’infertilità?

In realtà io e mio marito abbiamo sempre detto di voler avere un figlio biologico e di volerne adottare un altro.
Quando ci hanno diagnosticato la sterilità, io ero contraria alla fecondazione e mio marito anche, così come eravamo entrambi d’accordo sull’adozione.

La faccio semplice ora, ma è chiaro che ho sofferto molto. Sono però una persona che preferisce guardare a quello che ha invece che a quello che non ha, senza piangersi addosso.

Dell’infertilità ne parlavo e ne parlo spesso con ironia – perché anche questo è un tabù da superare -: non ho rubato, non ho fatto niente di male e, quindi, non ho nulla di cui vergognarmi. Del resto ora so che mia figlia doveva essere Erika e non poteva essere nessun’altra.
Tutto aveva un senso. Anche il dolore.

Cosa sa della mamma biologica di Erika?

So che la mamma biologica di mia figlia l’ha portata in grembo 9 mesi e partorita con tanto amore.
La sua è una storia particolare: quando ha scoperto di essere incinta è andata dai servizi sociali dicendo loro

Io non la posso tenere ma la bambina nascerà.
Io non voglio che lei faccia la mia vita: io scelgo di darla in adozione perché voglio per lei qualcosa di meglio.

Così ha scelto di essere accolta in una casa famiglia per il periodo della gravidanza, in modo da poter fare esami e seguire una dieta e uno stile di vita sani. Quando è stato il momento ha partorito, seguita, in un ospedale del nord Italia e poi è tornata nel suo Paese d’origine, che non è l’Italia, ma l’est Europa.

Credo che sia anche grazie a lei se mia figlia è tanto serena.

Cosa vuol dire?

Dicono che i bambini abbandonati in ospedale siano spesso bambini traumatizzati, che non dormono la notte. Erika invece è molto molto serena, lo è sempre stata: forse perché si è sempre sentita molto amata.

Erika è piccola, ma non è mai capitato che, sapendo di essere nata dalla pancia di un’altra ragazza, abbia fatto domande o si sia in qualche modo sentita rifiutata?

Certo che fa domande. La più tosta è stata pochi giorni fa.

Perché è andata via, mi ha chiesto?
Le ho detto: lei ti ha lasciato perché voleva per te qualcosa di più bello che non ti poteva dare.
Così mi ha domandato: quindi vai via anche tu?
No, ti ha lasciata a me perché sapeva che non sarei andata via.

Per quello che so le racconto solo il positivo. Credo sia importante darle elementi in cui riconoscersi. Per esempio quando le ho detto:

Ma tu lo sai perché ti piacciono tanto frutta e verdura? Perché anche lei li amava tanto.

Non hai paura delle conseguenze o delle scelte che Erika potrebbe fare da grande?

La madre biologica di Erika ha fatto una grandissima scelta d’amore, rendiamocene conto: forse sono più egoista io di lei, che mia figlia non la lascerei mai a nessuno, neppure se fossi in difficoltà.

Dovrei tacerle la sua storia per paura di cosa? Del fatto che lei un domani voglia conoscerla? Probabilmente succederà, perché servirà a mia figlia per comprendere una parte importante della sua identità e riconoscersi.

Quando succederà, se succederà, noi, io e mio marito, saremo qui e saremo al suo fianco. Se lo vorrà, e se dall’altra parte ci sarà disponibilità e saranno aperte porte affinché questo possa succedere in questo senso, smuoverò la montagna per farle guardare in faccia la donna che le ha dato la vita e che rappresenta una parte importante della sua identità.

So anche che ci sarà il momento in cui lei mi dirà che sono una stronza, che non sono la sua vera madre e che non ho il diritto di decidere per lei.
È normale sia così. Ma questo non toglie nulla al nostro amore di mamma e figlia ed è giusto che possa accadere. Non potrei mai essere gelosa, non avrei mai affrontato quello che hai affrontato.

Anzi, io ogni volta che mi dicono tua figlia ti assomiglia mi sento quasi in imbarazzo.

In che senso?

Capita spesso e penso a quando glielo diranno più avanti, quando lei avrà ben chiara la consapevolezza che la nostra somiglianza non può essere genetica.

Ci sono altre frasi che la mettono a disagio?

Quelle che feriscono e fanno arrabbiare qualsiasi mamma adottiva, nel tentativo di farti sentire madre di serie b.
Tipo quelli che, appena scoprono che lei è stata adottata, ti dicono 

ah, ma allora non è tua tua

o quando un’amica di mia madre seppe che mia sorella avrebbe avuto un figlio e le disse:

finalmente arriva il nipote vero

Senza considerare quella forma di “razzismo” messa in atto da alcune coppie adottive.

Di cosa parli?

Abbiamo avuto nostra figlia neonata, tramite adozione nazionale.
Mi è capitato più volte che un’altra coppia adottiva, consapevole del fatto che spesso le adozioni nazionali possano avere iter molto lunghi e difficoltosi, mi dicessero:

devi avere conoscenze: quanto l’hai pagata?

Cosa ti ferisce di più?

Il fatto che Erika è mia figlia punto. Non è un oggetto che ho comprato, una merce.
La verità è che quando scegli di adottare ci vuole solo del gran culo e un elenco di requisiti infiniti che ti permettono magari anche di passare davanti ad altre coppie in attesa da molto più tempo di te, se hai la fortuna di averli tutti insieme. A partire dall’età a tutta una serie di altre richieste. 

Cosa diresti alla ragazza di pancia?

La abbraccerei forte. La ringrazierei infinitamente per aver dato alla luce mia figlia. So che la sua scelta è stata coraggiosa: di certo non la più facile. 
Le direi che so che ha fatto del suo meglio per Erika finché ha potuto e che questo si vede in mia figlia.

A ogni compleanno di Erika le dedico sempre un pensiero: mi auguro che stia bene, mi domando se sono all’altezza del grande dono che mi ha dato e le prometto che farò del mio meglio.

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