La storia di Luca Trapanese, il papà che ha adottato la piccola Alba, bambina con la sindrome di Down rifiutata da molte famiglie, ha commosso tutta l’Italia e aperto gli occhi su due realtà distinte: quella delle adozioni ai single e alle persone omosessuali, da un lato, e quella delle adozioni di bambini con disabilità anche gravi, dall’altra.

Perché se già l’iter burocratico per portare a termine un’adozione è complesso e pieno di insidie, riuscire a diventare genitori affidatari prima, adottanti poi, di un bambino disabile presenta difficoltà se possibile ulteriormente amplificate. Senza contare lo stigma sociale che, per quanto si ostenti l’apertura mentale e il superamento di certi pregiudizi, invece permane ancora forte.

Ad aver lottato per diventare mamma e papà di Rosario, ad esempio, sono stati Elena Tafuro e suo marito, che oggi hanno accettato di raccontarci la loro storia e di mostrarci, attraverso le immagini, la loro famiglia.

Rosario, oggi un bel ragazzo alto di 19 anni, è arrivato da loro che aveva appena sei mesi, con una sindrome dell’X fragile che difficilmente permette di avere prospettive rosee: si tratta infatti di una mutazione genetica ereditaria che causa disabilità intellettive, problemi di apprendimento, dificoltà nella comunicazione e nell’organizzazione delle informazioni, oltre che ansia, timidezza, varie forme di autismo e, in alcuni casi, anche aggressività (per saperne di più questo link può essere utile).

Anche Rosario, come Alba, è stato abbandonato; anche Rosario, come la piccola neonata adottata da Luca, ha trovato la sua famiglia: Elena e suo marito, che ci hanno raccontato quando e perché hanno deciso di ricorrere all’adozione.

Ci siamo sposati giovanissimi – ci racconta Elena – 20 anni io e 25 mio marito. Per caso abbiamo scoperto che vi erano dei problemi di concepimento, ma data la nostra giovane età abbiamo lasciato correre. Più il tempo passava, però, più si concretizzava l’idea dell’adozione. Per me, soprattutto, non aveva senso sottoporsi a cure estenuanti quando al mondo c’erano tanti orfanotrofi o case famiglia pieni di bambini“.

Da lì ad accogliere in casa propria un bambino con bisogni speciali, però, c’è stato un passo in più. Anche se per loro, ci spiega sempre Elena, in realtà ha fatto ben poca differenza.

Noi volevamo accogliere un bambino, quindi il colore della pelle, il paese di origine, i problemi fisici o altro per noi non esistevano. Di una cosa eravamo convinti: adottare per noi non significava andare al supermercato e scegliere, come accade con i figli naturali, come vengono così te li prendi.

Nonostante la buona volontà della coppia, però, l’iter da seguire, anche nel loro caso, è stato tortuoso e irto di difficoltà.

“L’iter ha avuto inizio con la presentazione di una domanda di adozione nazionale ed internazionale presso il Tribunale dei minori. Dopo, su invito di quest’ultimo, i servizi sociali del territorio hanno cominciato a indagare sulla nostra vita. Ci hanno ‘rigirati come un calzino’, hanno scavato nella nostra vita. Sostanzialmente dovevano capire se potevamo, sia economicamente che emotivamente, adottare. Il tutto si è concluso con un decreto che ha dichiarato la nostra idoneità“.

Così è arrivato Rosario, che oggi, nonostante le sue problematiche, cresce sereno con loro. Rispetto al fatto di aver adottato un ragazzo disabile, però, la domanda sorge spontanea:

Vi siete mai scontrati con il pregiudizio della gente, con chi vi dice “chi ve l’ha fatto fare”?

Più che ‘chi ve l’ha fatto fare’ a noi dicono avete fatto ‘un’opera buona’. Rispondo con un sorriso perché gli altri non possono capire. Noi siamo risultati due volte idonei, sia per l’adozione nazionale che internazionale, quindi abbiamo due decreti. Con la seconda adozione però, anche se ci siamo rivolti a un’agenzia seria, la nostra pratica si è arenata… Forse era destino che Rosario rimanesse figlio unico.

La nostra è una scelta di vita fatta con consapevolezza. Non è un ripiego. Certo i momenti di sconforto ci sono, ma quelli sono comuni anche ai genitori di figli normodotati.

E invece a chi vorrebbe adottare, come voi, come Luca Trapanese, un bambino speciale, cosa dite?

A chi sceglie o ha scelto di adottare un bambino con bisogni speciali dico che le parole sono belle, ma il quotidiano è altro, è fatto di momenti belli ma anche di profondo sconforto. È fatto di lotte contro un sistema che, nonostante abbia tante leggi a favore dei disabili, ti chiede di rivolgerti a un avvocato pagando molti soldi per farle applicare.

È una lotta continua per far capire a tutti che ‘noi’ esistiamo e abbiamo i ‘nostri’ diritti. Nonostante tutto io non vorrei altro figlio che non fosse Rosario”.

Sfogliate la gallery per leggere cos’altro ci ha raccontato Elena.

"Adottare un bimbo con bisogni speciali è stata la scelta migliore della nostra vita"
Fonte: Elena Tafuro
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