Forse il nome di Allyson Felix non dirà molto ad alcune di noi, ma il suo volto probabilmente non vi è sfuggito, campeggiando su molti dei manifesti pubblicitari di Nike.

Parliamo dell’atleta più decorata nella storia degli Stati Uniti, capace di guadagnare sei ori olimpici (l’ultimo a Rio nel 2016), prima e – finora – unica donna a riuscirci.

Allyson recentemente è salita agli onori della cronaca per questioni extra sportive, portando avanti una battaglia aspra ed estenuante proprio contro il suo sponsor e contro una pesante discriminazione che colpisce le atlete donne.

Diventata mamma, nel novembre 2018, della piccola Camryn, Allyson si è vista tagliare l’ingaggio dal colosso dello sportswear a cui dal 2010 ha legato il proprio nome, proprio a causa della maternità, giudicata evidentemente motivo di “svalutazione” in termini pubblicitari, e di abbassamento delle prestazioni.

L’atleta non si è lasciata abbattere, ha denunciato la situazione e preteso che le sue prestazioni venissero equamente retribuite e che la gravidanza smettesse di essere considerata una discriminante negativa per le donne, e oggi ha dato dimostrazione di quanto la sua battaglia fosse fondata e giusta.

Ad appena dieci mesi dal parto Allyson ha vinto la medaglia d’oro nella 4X400 mista ai Mondiali di atletica di Doha, guadagnando così il dodicesimo oro in un campionato mondiale in carriera e superando nientemeno che il record di Usain Bolt.

È sicuramente la giusta ricompensa per una donna che non si è mai persa d’animo, che dopo il parto – un cesareo d’urgenza – è tornata quasi subito ad allenarsi, e che con fatica e impegno ha sempre dato il massimo nel suo lavoro.

La lettera-sfogo pubblicata sul New York Times nel maggio del 2019, in cui denunciava le imposizioni di Nike, ha dato il là a un movimento di rivendicazione femminile che il colosso dello sportwear non ha potuto ignorare.

[…] due delle mie ex compagne di squadra Nike, le atlete olimpiche Alysia Montaño e Kara Goucher, hanno rotto eroicamente i loro accordi con la società per non divulgare immagini e storie della loro gravidanza – scriveva la Felix – Hanno raccontato storie che le atlete sanno essere vere, ma che abbiamo avuto troppa paura di raccontare pubblicamente: se abbiamo figli, rischiamo di vedere i salari ridotti dai nostri sponsor, durante la gravidanza e in seguito. È un esempio di industria sportiva in cui le regole sono ancora per lo più create dagli uomini.

La lettera di Allyson proseguiva:

Per gran parte della mia vita, mi sono concentrata su una cosa: vincere medaglie. E sono stata brava a farlo. A 32 anni, ero una delle atlete più decorate della storia: sei volte vincitore della medaglia d’oro alle Olimpiadi e 11 volte campione del mondo. Ma l’anno scorso la mia attenzione si è allargata: volevo essere un’atleta professionista e una madre.

Ho deciso di creare una famiglia nel 2018 sapendo che la gravidanza avrebbe potuto rappresentare ‘la morte’ nel mio settore, come ha dichiarato la velocista Phoebe Wright sul Times la scorsa settimana. È stato un periodo terrificante per me, perché stavo negoziando un rinnovo del mio contratto con Nike, terminato a dicembre 2017.

Ho sentito la pressione di tornare al più presto dopo la nascita di mia figlia, nel novembre 2018, anche se alla fine ho dovuto subire un cesareo di emergenza a 32 settimane a causa della grave preeclampsia che ha minacciato la mia vita e la mia bambina.

Nel frattempo, i negoziati non stavano andando bene. Nonostante tutte le mie vittorie, Nike voleva pagarmi il 70% in meno di prima. Se è quello che pensano che valgo adesso, lo accetto.

Ciò che non sono disposta ad accettare è lo status quo permanente sulla maternità. Ho chiesto alla Nike di garantire contrattualmente che non sarei stata penalizzata se non mi fossi esibita al meglio nei mesi successivi al parto. Volevo stabilire un nuovo standard. Se io, uno degli atleti Nike più commercializzati, non potevo pretendere il rispetto di determinate condizioni, chi avrebbe potuto?

Nike ha rifiutato. Da allora siamo rimasti fermi“.

Dopo l’addio di Allyson, che non ha accettato le imposizioni di Nike e si è rivolta a un altro sponsor, a distanza di mesi l’azienda ha accettato di eliminare le discriminazioni verso le proprie atlete incinte, smettendo di effettuare riduzioni contrattuali nel periodo pre e post maternità, come annunciato in un comunicato ufficiale, che la stessa Felix ha condiviso sul proprio Instagram.

Nike è impegnata per difendere, celebrare e sostenere le nostre atlete – si legge nel comunicato – e siamo fieri di includere nei nostri contratti un ulteriore impegno rispetto alla nostra policy attuale per supportare sempre più le atlete incinte.

Se un’atleta resta incinta, Nike non applicherà nessuna riduzione sull’ingaggio per le performance (qualora ce ne fossero)  per un periodo consecutivo di 18 mesi, a partire dagli otto mesi precedenti alla data del parto. In questo periodo Nike non applicherà nessuna conclusione del rapporto lavorativo (laddove ce ne fossero) per il fatto che l’atleta non competerà a causa della gravidanza“.

Le nostre voci hanno potere – ha scritto Allyson nel post – Nike ha aderito ufficialmente e contrattualmente fornendo protezione alle atlete in maternità che hanno questo sponsor. Ciò significa che le atlete non saranno più penalizzate finanziariamente se avranno un figlio. Sono grata a John Slusher e Mark Parker per come hanno iniziato a rendere Nike un’azienda che crede che siamo tutte più che atlete. E grazie ai brand che hanno già preso questo impegno. Chi è il prossimo?

Per Allyson anche questa vittoria vale come una medaglia d’oro.

Sfogliate la gallery per conoscere meglio la pluripremiata atleta americana.

Allyson Felix, la donna che ha battuto il record di Bolt, a 10 mesi dal parto
Fonte: instagram @af85
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