Il parto in Burkina Faso: 15 potenti immagini tra vita e rischio di mortalità

Il parto in Burkina Faso: 15 potenti immagini tra vita e rischio di mortalità
Fonte: ph. Ginevra Terenzi
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Il parto è uno dei momenti più intimi e speciali nella vita di una donna, ma per alcune donne, nel mondo, ci sono difficoltà e ostacoli in più da superare per diventare madri.

Sono ancora molti i Paesi nei quali i diritti delle donne sono spesso assenti o ridotti ai minimi termini, dove non esiste una scelta rispetto alla maternità, che è vista solo ed esclusivamente come un obbligo femminile, e dove, in generale, le condizioni igenico-sanitarie sono talmente carenti da mettere a repentaglio la vita della mamma e del bambino nel momento della nascita.

Proprio per gettare una luce nuova, e diversa, su queste mamme spesso “dimenticate” da quella parte del mondo dove gli accessi in ospedale, le visite e le cure sono acquisizioni scontate e non diritti da conquistare lottando contro povertà, ma anche rigide imposizioni culturali, la fotografa fiorentina Ginevra Terenzi, che abbiamo incontrato, ha realizzato uno splendido reportage fotografico seguendo i parti di dieci donne nel Burkina Faso, uno dei Paesi africani più critici dal punto di vista della sanità, dove il tasso di mortalità materno e neonatale è ancora fra i più alti e ci sono problemi endemici di malnutrizione ed estrema indigenza difficili da contrastare.

Essere donna là non è molto semplice – ci spiega Ginevra, che trascorso diverso tempo, nel 2018, nel Paese – La maggior parte non termina gli studi, il 90% non ottiene la quinta elementare, in quanto chiamate ad occuparsi della casa, dei fratelli minori e ad andare a prendere l’acqua nei pozzi distanti chilometri dalla propria abitazione. In età fertile vengono date in sposa per procreare, ma non smettono comunque di gestire la casa, i fratelli-figli, gli orti e il lavoro che gli permette di mangiare.

La situazione degli ospedali e del personale medico è drastica. Gli ospedali pubblici non funzionano molto bene e quelli privati costano tanto, impedendo quindi alle persone di usufruirne.

Le fotografie sono state sviluppate all’interno di un ospedale privato dove la maternità non è molto grande, essendo composta da sole quattro stanze: una per le operatrici sanitarie, una utilizzata come magazzino dei medicinali e degli strumenti necessari, una allestita con quattro letti e qualche culla per ospitare le mamme in procinto di partorire, e una invece adibita a sala parto.

Quest’ultima però – racconta la fotografa – era suddivisa, mediante l’utilizzo di separé in legno, in due spazi: la parte più grande conteneva il lettino sopra il quale le future mamme potevano partorire, mentre la parte più piccola aveva la funzione di accettazione. Infatti se da una parte era in corso un parto, dall’altra potevano essere presenti donne in procinto di essere visitate. Gli strumenti e le strutture che hanno a disposizione sono ridotti e non sempre funzionanti: all’interno della maternità ad esempio è presente un solo letto per il parto, il materiale per la rianimazione neonatale è datato e questo può comportare dei rischi nel caso in cui ce ne fosse bisogno e, inoltre, la madre assistita deve procurarsi il materiale necessario da consegnare alle operatrici prima di essere visitata. Si parla di guanti sterili, di pinze e di tutto ciò di cui si ha bisogno nel momento del parto“.

È necessario però anche parlare delle operatrici sanitarie che operano all’interno di questo spazio:

Poche sono laureate in ostetricia, altre invece assistono senza alcun titolo di studio. Queste si occupano di pesare, di misurare e di controllare il bambino nel momento in qui nasce, ma sono chiamate anche ad occuparsi della pulizia interna della struttura ospedaliera. Non tutte inoltre hanno la possibilità di lasciare a casa il proprio bambino e, come è possibile vedere in alcune immagini, per questo motivo sono costrette a portarlo a lavoro. Nonostante alcune di queste non abbiano alcuna specializzazione è gratificante vedere come si adoperano nell’essere sempre disponibili nei confronti del prossimo.

Qual è la motivazione che ti ha spinta a voler documentare una simile situazione?

La motivazione che mi ha spinta nel realizzare questo progetto non è la sfida a un genere, ma la volontà di propormi come fotografa, di offrire un servizio, in un momento intimo che conduce alla formazione di un nucleo familiare e per cercare di aiutare le persone a vedere la maternità e il momento del parto con occhi diversi e non con pregiudizi o qualcosa di scandaloso.

Ginevra però “confessa” che, inizialmente, il progetto avrebbe dovuto svilupparsi in Italia, e che solo a causa della burocrazia ospedaliera molto rigida e della difficoltà a trovare coppie disposte a farsi seguire in questo particolare momento ha pensato di spostarsi in Africa.

Questo progetto è stato pensato proprio per abbattere lo stigma sociale che riveste il mondo della maternità e del parto. Le mie immagini comportano la realizzazione di un reportage molto personale, ma al tempo stesso condiviso e significativo nella vita di molti. Credo sia un’opportunità anche per coloro che reputano scandalosi questi avvenimenti per vivere o rivivere con occhi differenti l’esperienza del parto, perché guardare il corpo di una donna che cambia e la nascita di un bambino penso siano due delle cose più incredibili al mondo.

Credo che le mie fotografie possano mostrare la potenza delle donne – che nei nove mesi precedenti al parto e in quelli successivi vedono il proprio corpo cambiare per mettere al mondo un essere umano – e quella della vita che nasce.

Il risultato è un progetto davvero meraviglioso, fatto di fotografie che sono una più bella dell’altra, per verità e intensità. Ve ne mostriamo alcune in gallery.