Questa è la storia di due genitori coraggiosi, di una mamma e un papà che anche di fronte alla diagnosi più terribile, di quelle che non ti aspetti, che ti spezzano il fiato e ti piegano le gambe, sono riusciti a non disunirsi, a non lasciarsi abbattere, ma a tentare il tutto e per tutto per trovare una via d’uscita che in Italia, almeno al momento, forse nemmeno c’è.
È la storia di Gloria, di Luigi, ma soprattutto di Martina, un anno e mezzo di vita e una battaglia che lei sta affrontando con lo spirito di una vera guerriera.
È proprio mamma Gloria a contattarci, bellissima ragazza con la pelle color nocciola e un sorriso che, dentro di te, ti chiedi come faccia a resistere sul suo viso giovane ma già segnato da un dramma che solo chi vive può capire.
La sua bimba, ci spiega, è nata prematura nel settembre del 2017, a 34 settimane + 2 giorni, con taglio cesareo d’urgenza per tracciato non rassicurante. Dal momento in cui viene al mondo, Gloria capisce che la sua bambina ha qualcosa che non va.
Alla nascita non me l’hanno fatta vedere e non abbiamo fatto il contatto pelle a pelle – ci racconta – Mi hanno detto di non preoccuparmi perché la bambina stava bene, ma non l’hanno fatta vedere neanche al papà. Finalmente dopo quattro ore gliela fanno vedere, dopo nove la trasferiscono in un altro Ospedale più attrezzato. Io conoscerò mia figlia solo tre giorni dopo la nascita.
Dopo soli 15 giorni di vita decidono di operarla per sospetto morbo di Hirschsprung, una malattia congenita dell’intestino che si caratterizza per l’assenza, per un tratto del canale alimentare, del plesso mioenterico e del plesso sottomucoso, indispensabili per la coordinazione dei movimenti peristaltici intestinali; in effetti, Martina mostra sintomi che sono assimilabili al morbo, tra cui l’addome molto gonfio e la fatica ad evacuare da sola.
Il professore ci dice che era questione di vita o di morte, e noi diamo il consenso all’operazione. Nostra figlia non aveva ciò che pensava lui e così subisce due interventi, due anestesie e tre trasfusioni di sangue per niente. Tutte cose che si sarebbero potute evitare visto che nulla è cambiato dopo l’operazione, anzi, la situazione è stata peggiorata da due enormi cicatrici che, formando delle aderenze, rendono ancora più difficile la transizione delle feci.
Fra le varie ipotesi che vengono formulate sul problema di cui soffre Martina c’è la fibrosi cistica, la trasmissione di un’infezione presa alla placenta da Gloria in gravidanza – cellule di Hofbauer – che tuttavia l’équipe ospedaliera scarta non ritenendo le due cose collegate. A gennaio del 2018, dopo più di 3 mesi, Martina può finalmente andare a casa con la sua famiglia, che nel frattempo si è convinta che la bimba sia solo stitica. Eppure, la situazione non migliora, anzi… Il tempo passa e Martina continua a non agganciare lo sguardo, non riesce a tenere su il capo e dorme molto. Inoltre accusa spesso delle crisi epilettiche.
Arriva così il ricovero in un terzo ospedale, mentre mamma e papà cominciano a chiedersi se Martina potesse avere problemi di ab ingestis (l’inalazione involontaria di materiale alimentare – solido o liquido – proveniente dall’apparato digerente); nel frattempo però, le congetture sono tante, ma le certezze sulla patologia di cui soffre Martina continuano a scarseggiare.
Da luglio Martina si nutre solo tramite sondino naso gastrico, perché i dottori dell’ospedale, quello in cui la piccola è nata e dove i genitori l’hanno riportata, sospettano che in effetti abbia avuto proprio due episodi di ab ingestis. Da novembre le sue condizioni sono leggermente migliorate, ci assicura mamma Gloria:
Nel giro di un mese ha ricominciato ad apprezzare il cibo per bocca con il cucchiaino, le sono nati i denti, prova a tenere su il capo, vocalizza, sta molto più sveglia durante il giorno e dorme la notte, muove sia gli arti inferiori che superiori riuscendo e rimuovere da sola il sondino naso gastrico, cresce di circa 500 gr ogni 10 giorni, ride e piange.
A dicembre, poi, finalmente Gloria e Luigi hanno ricevuto, dopo un anno e mezzo, la prima diagnosi ufficiale, grazie ai test genetici effettuati sulla bimba, da cui è emerso che Martina è affetta da una malattia rara, scoperta solo nel 2016, il cui gene responsabile si chiama GNB1. Martina è l’unica bambina in Italia e ci sono solo altri 65 casi nel mondo. Esistono diverse varianti di GNB1 e non tutti gli altri bambini hanno le stesse problematiche di Martina.
Gloria ha voluto far conoscere la sua storia sia per provare a cercare aiuto nel nostro Paese, anche se, data la scoperta del gene così recente, le ricerche sono naturalmente ancora a uno stato primordiale, che per poter essere d’aiuto ad altri genitori che, leggendo, potrebbero riscontrare dei sintomi simili nei loro figli. C’è anche una pagina Instagram che segue la vita e i progressi di Martina, oltre che una raccolta fondi organizzata proprio dai genitori per sostenere le tante spese mediche e fisioterapiche.
Le ricerche più approfondite sul tema sono attualmente portate avanti dalla Columbia University, che ha ideato anche una fondazione, chiamata proprio GNB1. È lì che abbiamo trovato le storie di altri bambini come Martina, che andiamo a raccontare in gallery.
Un anno e mezzo senza risposte
Per un anno e mezzo Gloria e Luigi hanno cercato risposte alla malattia che affligge la loro piccola Martina. Hanno cambiato tre ospedali senza successo, prima di ricevere finalmente una diagnosi.
Di cosa parliamo
Il gene GNB1 (G Protein Subunit Beta 1) è un gene di codifica proteica. Le malattie associate alla mutazione del gene comprendono ritardo mentale, autosomica dominante 42 e la compromissione cerebrale della funzione visiva. È stato scoperto solo nel 2016.
Le altre storie sul sito della fondazione: Layla, 2 anni e mezzo
Layla è sempre stata una bambina molto tranquilla; dormiva anche 12 ore di fila fin da quando è stata portata a casa dall’ospedale. Non piangeva mai. Ma poi i genitori hanno iniziato a essere preoccupati da questo eccessivo silenzio. Alla fine, alla visita di controllo dei tre mesi, ne hanno parlato con il pediatra; all’appuntamento successivo non riusciva ancora a tenere la testa alta e non poteva reggersi sulle sue gambe, così è stata fatta visitare da un neurologo. Dopo molte visite diverse, la diagnosi ha parlato di GNB1 quando Layla aveva appena compiuto un anno.
Kieren, 7 anni
Kieren non parla, e usa un’app per iPad per comunicare. I genitori dicono di lui che supera i suoi coetanei nello spelling e nella lettura e ama interagire con gli altri, specialmente se riesce a farli ridere con le sue battute. Usa una sedia a rotelle manuale per muoversi, ma adora arrampicarsi.
Kieren è nato nel 2011 dopo una gravidanza sana e facile. Per i primi 6 mesi tutto è sembrato perfetto. Ma la mamma sospetta qualcosa quando, accompagnandolo a un corso di musica, nota come gli altri si muovono rispetto a lui. Alla fine i genitori si sono rivolti a un programma di intervento precoce e a un neurologo, ed entrambi hanno concordato che Kieren era in ritardo, ma che non potevano ancora pronunciarsi.
Quello che seguì furono 6 anni di ottovolante emotivo. Durante questo periodo siamo passati da una possibile diagnosi a un’altra. Abbiamo passato settimane a convincere noi stessi che questo prezioso ragazzo avesse una malattia devastante dopo l’altra, nessuna delle quali conosciuta. Siamo rimasti costantemente stupiti di quanto poco sapessimo delle malattie rare e delle sfide affrontate da altre famiglie. Ma noi restavamo sempre ‘nessun risultato’ e test normali, il che significava sollievo e disperazione, oltre che raccogliere l’energia per continuare la ricerca. Durante questo periodo Kieren ha subito innumerevoli test, valutazioni, appuntamenti dal dottore e nel frattempo ha fatto a una terapia senza fine.
Alla fine, quando Kieren aveva 5 anni, le risposte sono arrivate da un EEG che ha scoperto una rara forma di epilessia chiamata ESES. Ma di nuovo, dopo le prove e i farmaci, nulla cambia.
Durante i 6 anni da quando avevamo iniziato questo viaggio, i test genetici avevano fatto molta strada. Dopo altri esami, l’infermiera genetica ha detto che Kieren aveva la mutazione di un gene chiamato GNB1 responsabile dei sintomi di Kieren: epilessia, basso tono muscolare, visione insolita e ritardi dello sviluppo globale. Mentre la squadra genetica non poteva dirci cosa questo significasse per il trattamento o la prognosi, è stato un tale sollievo avere finalmente una risposta. Non sarò mai in grado di spiegare pienamente cosa significa potersi non alzare più a mezzanotte per cercare ogni possibile sintomo che si sente.
Scarlett, 2 anni
Ci hanno spinti a tornare dal pediatra quando Scarlett aveva 4 mesi e ci siamo resi conto che non poteva reggere la testa, mantenere il contatto visivo, seguire, afferrare o persino apparire interessata ai giocattoli. Era molto difficile ammettere che, sebbene fosse perfetta per noi in ogni singolo modo, Scarlett era diversa e dovevamo aiutarla. Più di due anni dopo, Scarlett non riesce ancora a fare la maggior parte di queste cose, ma ha sicuramente mostrato molti progressi e promesse nei loro confronti.
Siamo entrati in contatto con i coordinatori di progetto di ‘MyGene2’ presso l’Università di Washington, per organizzare il sequenziamento di prossima generazione. Dopo tutti i test, alcuni dei quali invasivi, è bastato un campione di saliva e abbiamo avuto la nostra risposta. Non ci sono parole per descrivere come sia cambiata la nostra vita da quel momento. Connettersi con altre famiglie è stato sorprendente. Non siamo più soli e stiamo lavorando per terapie e trattamenti mirati. La verità è che Scarlett ci ha insegnato cosa è importante nella vita. Non devi vedere, non devi sentire, camminare o parlare per essere un essere umano straordinario. Hai solo bisogno di amare.
- Le interviste di RDD
Cosa ne pensi?