Durante una separazione conflittuale capita spesso di sentir parlare di alienazione parentale a danno dei figli. Secondo la psicologia, avviene quando uno dei due genitori cerca di manipolare il minore in modo che questo manifesti odio e disprezzo verso l’altro genitore. Si tratta di una dinamica ritenuta da alcuni come una vera e propria forma di abuso, di cui si tiene conto anche in tribunale.

Il termine deriva da una sindrome definita negli anni ’80 che, anche se non sostenuta da dimostrazioni scientifiche, ha aiutato a trattare la condizione che effettivamente si verifica a danno dei figli durante divorzi e separazioni difficili. Vediamo meglio di cosa si tratta e cosa dice la legge a riguardo.

Alienazione parentale: cosa si intende?

L’alienazione parentale è una situazione di abuso psicologico sui figli, che si può manifestare durante le separazioni conflittuali tra i genitori. Secondo la legge si tratta del comportamento del genitore affidatario che strumentalizza il minore spingendolo al rifiuto di vedere l’altro genitore, impedendone così ad esempio le visite stabilite dal giudice.

Deriverebbe da un incitamento da parte di uno dei due genitori ad allontanare il figlio, portato avanti intenzionalmente attraverso l’uso di espressioni denigratorie, false accuse e costruzione di finte realtà familiari di terrore e violenza. In questo modo i minori iniziano a provare un senso di diffidenza e astio verso il genitore alienato e a dipendere esclusivamente dal genitore alienante.

I bambini più sensibili e dunque più a rischio di strumentalizzazione sono i figli unici, che non hanno un altra figura di riferimento in famiglia, e quelli in età compresa tra i 2-3 anni e l’adolescenza, quando l’influenza dei genitori tende a essere meno forte. L’alienazione parentale si basa quindi su invenzioni, manipolazioni della realtà e menzogne atte a usare i figli per trasferire il proprio astio sull’altro genitore, mentre non sussiste in alcun modo quando è presente effettiva e reale maltrattamento o abuso.

Cos’è la Sindrome da Alienazione Parentale?

alienazione parentale
Fonte: Web

La Sindrome da Alienazione Parentale (PAS, Parental Alienation Syndrome) è una teoria definita dallo psichiatra americano Richard Gardner nel 1985. Secondo Gardner la sindrome è una situazione psicologica disfunzionale nella quale avviene un lavaggio del cervello dei figli da parte di uno dei due genitori, chiamato l’alienante, che porta i figli a dimostrare astio e rifiuto verso l’altro genitore, definito alienato. Secondo la definizione più precisamente la PAS

è il risultato della combinazione di una programmazione da parte di un genitore e il personale contributo del bambino alla denigrazione dell’altro genitore. In presenza di reali abusi o trascuratezza, la diagnosi di PAS non è applicabile.

Le teorie di Gardner sulla Sindrome da Alienazione Parentale come disturbo mentale non sono ancora state dimostrate in maniera scientifica. Non compare infatti tra i disturbi psicologici riconosciuti dal Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM 5). Tuttavia, questa tesi ha rappresentato il punto di partenza per l’individuazione e il trattamento dell’alienazione parentale. Non come sindrome che colpisce i minori, ma come grave condizione valutata anche in tribunale che si verifica durante alcune separazioni conflittuali.

Alienazione parentale: le sentenze

La legge italiana si è espressa riconoscendo il comportamento di “strumentalizzazione” dei figli da parte di un genitore che spinge il figlio all’astio verso l’altro, con la sentenza 26810/2011 della Corte di Cassazione Penale, che la riconosce come reato. La sentenza fa riferimento specialmente ai casi nei quali, durante una separazione coniugale, il genitore affidatario non permette né facilita la riuscita delle visite e degli incontri con l’altro genitore.

Dal punto di vista penale, il comportamento del genitore alienante può essere riconosciuto in tribunale dal giudice come violazione degli articoli ex art. 388 2° comma e ex art. 572 del Codice Penale che riguardano rispettivamente la Mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice e Maltrattamenti contro familiari o conviventi.

Sentenze più recenti hanno però ribaltato i giudizi espressi in Primo Grado. È del maggio del 2019 infatti la scelta della Corte di Cassazione di cambiare il parere espresso dalla Corte di Appello di Venezia, che nel 2017, aveva riconosciuto la Pas. Come riporta il Fatto Quotidiano, a pesare sul cambio di rotta è stata la mancanza di una base scientifica per questa sindrome.

Nei casi che vengono portati in tribunale si fa spesso riferimento all’alienazione parentale per salvaguardare il genitore alienato. Tuttavia, è importante fare molta attenzione che non sussistano reati di violenza e abuso reali. A questo proposito sarebbe necessario fare riferimento alla Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne che vieta sia l’affido condiviso sia la mediazione nei casi di violenza domestica. Inoltre, ha fissato delle linee guida utili a valutare l’alienazione parentale anche nelle situazioni meno chiare.

Alienazione parentale: cosa fare?

L’alienazione parentale dunque esiste ed è riconosciuta come rischio durante separazioni ostili. Specialmente quando è evidente l’odio di uno dei genitori verso l’altro, derivante dai motivi dell’allontanamento. Di conseguenza, è possibile, nei casi di rischio, fare qualcosa per prevenire ed evitare che si verifichi alienazione parentale. Una garanzia giuridica è l’affidamento condiviso, la cui violazione attraverso il comportamento di uno dei due genitori è accertabile e punibile.

Gli avvocati svolgono un ruolo fondamentale per assicurare i diritti e la tutela dei minori. Può aiutare a mediare la separazione e a far comprendere l’importanza di mettere da parte l’odio verso l’altro genitore in favore del benessere dei figli. Questi infatti hanno bisogno della cura e dell’affetto di entrambi per garantire il diritto alla bigenitorialità.

L’aspetto su cui si porta l’attenzione oggi rimane la necessità di essere assolutamente certi che si tratti di alienazione parentale, perché esistono testimonianze e prove a sostegno e non ci sia nessun sospetto reale di abuso o violenza da parte del genitore alienato.

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