Allattamento a richiesta: cosa significa, pro e contro
L'allattamento a richiesta consiste nell'attaccare il piccolo al seno non a intervalli di tempo prestabiliti, ma quando è lui a manifestarne l'esigenza.
L'allattamento a richiesta consiste nell'attaccare il piccolo al seno non a intervalli di tempo prestabiliti, ma quando è lui a manifestarne l'esigenza.
E non mancano i vantaggi anche per la mamma: aiuta a perdere i chili di troppo accumulati in gravidanza, riduce il rischio di sviluppare osteoporosi e previene il tumore al seno e all’ovaio. Le due modalità principali sono l’allattamento a richiesta e l’allattamento a orario.
Entrambi hanno pro e contro e l’uno può risultare più adeguato rispetto all’altro a seconda delle situazioni.
Questa tipologia consiste nell’attaccare il piccolo al seno solo ed esclusivamente quando ha fame, quando è lui stesso a manifestarne l’esigenza. In questo modo si va a soddisfare il suo bisogno primario di nutrimento, espresso attraverso il pianto e non solo.
Il concetto di base è che un neonato non mangia né per noia né per gola. Per lui il cibo è una necessità e non un’abitudine, quindi è lui autonomamente a richiamare l’attenzione della mamma quando ne ha bisogno.
Oltre che col pianto, gli altri segnali di cui si serve il bambino sono:
Diversamente, l’allattamento a orario consiste nell’attaccare al seno il bambino ogni tre o quattro ore, un periodo fisso che serve per costruire una routine alimentare.
Ultimamente il dibattito sulla durata dell’allattamento è particolarmente aperto e le voci in materia, così come le esperienze delle mamme, sono molteplici.
Alcune allattano fino al primo anno di vita, altre fino al secondo; fanno discutere casi di mamme che scelgono di allattare anche oltre. Risale al 2012 la criticatissima copertina del Time, che ritraeva una mamma intenta ad allattare suo figlio di tre anni. Ma esistono anche casi di donne che allattano fino ai sette.
Il distacco non deve essere traumatico, per questo è bene non farsi vincere dai pregiudizi, ma farsi consigliare dal pediatra e fare ciò che si ritiene giusto per sé e il proprio piccolo. In linea generale, comunque, l’allattamento va portato avanti in via esclusiva per i primi sei mesi di vita del bimbo. Poi si prosegue con lo svezzamento, integrando nell’alimentazione i primi cibi solidi.
L’allattamento a richiesta è una tipologia che di solito le mamme adottano soprattutto nei primi giorni di vita del loro piccolo, quando c’è necessità fisiologica di poppate ravvicinate e frequenti (anche più di 12). Queste col passare del tempo si vanno poi gradualmente a ridurre. Ma la regolarizzazione di queste tempistiche non segue regole universali.
Anche in questo caso, la mamma deve lasciarsi guidare dal proprio bambino e ovviamente farsi consigliare dal medico che la segue. Dipende dalle esigenze di sviluppo del piccolo, dal suo bisogno di nutrimento, dalla sua capacità di gestire la fame. Tutti elementi, questi, soggettivi e da valutare parallelamente alla crescita.
In via generale si può comunque dire che a partire dal terzo mese il numero di poppate diminuisce, perché nella routine del bambino entrano nuovi stimoli e nuovi momenti.
L’allattamento a richiesta aiuta a regolarizzare il senso di fame del neonato, che così capisce quando staccarsi, cioè quando è sazio e appagato. La mamma, così, non deve preoccuparsi troppo di ricordarsi il tempo trascorso tra una poppata e l’altra. Questo non è fisso, bensì scandito dal bimbo stesso a seconda delle proprie necessità. Inoltre, non c’è bisogno di svegliarlo qualora stia dormendo.
Bisogna aggiungere anche che poppate frequenti corrispondono a maggiore suzione che a sua volta stimola la produzione di latte, grazie ai segnali che attraverso la suzione arrivano all’ipofisi del cervello. Meno si allatta, invece, minore sarà la produzione di latte, come spiegato nella guida Allattare al seno – Un investimento per la vita del Ministero della Salute.
Nonostante questi vantaggi, a creare sospetto nelle mamme, circa l’allattamento a richiesta, è il fatto che, mangiando più spesso, il bebè possa mangiare meno e andare maggiormente incontro a coliche. Con intervalli fissi di un paio d’ore, invece, la poppata sarebbe più sostanziosa, per permettere al piccolo di rimanere sazio a lungo; questo, tra l’altro, per la mamma significa qualche momento di riposo in più.
Giornalista e speaker radiofonica, scrivo tanto e chiacchiero ancora di più. Eterna indecisa e inguaribile romantica, vivo la vita in un precario equilibrio tra pessimismo cosmico e sincero entusiasmo.
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