Vedi questa immagine? L’ho presa pochi minuti fa dal profilo Facebook di @robertosaviano_official. Me l’ha fatta notare il mio ragazzo che con attenzione e premura me l’ha girata.
La foto è stata utilizzata dallo scrittore per fare un augurio personale a tutte le mamme del mondo prestando attenzione a ciò che avveniva poche ore fa nel Sud del Sudan: una nascita in una tenda di Medici senza Frontiere, un’ostetrica, un bambino, una donna, il suo viso, le sue emozioni, le sue preoccupazioni.

Cosa ha fatto il popolo di Facebook?
Quello che ultimamente vien facile fare anche con diversi miei post: segnalare l’immagine perché (cito quanto potrete ora trovare sul post originale di Saviano) ‘alcune persone potrebbero essere sensibili a questa foto’.

Sensibilità! Ma che parolone. E che modo pessimo di utilizzarlo! Chi sarebbe sensibile?

Chi si scandalizza per una #donna di un colore diverso dal suo?
O magari per delle cosce aperte dalle quali entra ed esce la vita?
Forse perché il bambino era sporco di fluidi che hanno nutrito e permesso anche a loro di crescere nel grembo materno ed essere qui, oggi, a rompere le palle parlando di sensibilità?
O ha disturbato, forse, la quiete della propria isola felice?

Avete davvero rotto palle e ovaie con questi comportamenti. Tutti a parlare e sparlare senza cognizione di causa. Tutti falsi perbenisti. Tutti tuttologi. Tutti filosofi, sapienti e professori.

Tutti con alta sensibilità d’animo, così alta da non tollerare l’immagine della vita che scorre.

Ecco perché la ripubblico. Perché sono stanca della censura della fisiologia.

Sono stanca della censura del vero.
Sono stanca della censura della donna.
Della #nascita.
Della potenza creatrice.
Della realtà nuda e cruda.
Di chi si gira dall’altro lato a guardare il suo piccolo arcobaleno ignorando il temporale alle sue spalle.
La #maternità non è MAI semplice. MAI.

E questo episodio mi ha confermato ancor di più la presenza di estremi disagi sociali che sì avallano, scatenano e amplificano il disagio materno in questa società che, lasciatemelo dire, è davvero di merda! E ora CENSURATEMI!

Delle parole del post di Ostetrica Mena Verde ci ha colpite la forza, la reazione rabbiosa di chi assiste all’ennesima ostentazione di facile moralismo da parte di quel popolo dei social che invece incassa senza colpo ferire scene che sarebbero ben più meritevoli di gridare allo scandalo rispetto a quella di una donna che dà alla luce suo figlio.

Eppure è così, la scure della censura si abbatte su una vita che viene al mondo, o perlomeno lo vorrebbe chi, evidentemente leso nel profondo dalla consapevolezza di come si nasce – perché tutti, che si voglia o no, siamo passati da lì –  ha chiesto che l’immagine di Saviano venisse oscurata, mentre si accetta senza batter ciglio che i social siano forieri di insulti gratuiti, di cyberbullismo e di pagine create ad hoc per essere denigratorie.

E allora la riproponiamo anche noi, l’immagine originale messa dallo scrittore per celebrare, il 12 maggio, la festa della mamma, per mettervi di fronte al grande dubbio: cosa c’è di censurabile in una foto del genere?

La risposta, per noi, non si discosta da quella di Mena: nulla.

Non è censurabile per un colore di pelle giudicato “diverso”, perché è chiaro come il sole che questa foto voglia celebrare una mamma e non essere il vessillo di qualche crociata di stampo politico. Avrebbe potuto esserci una donna italiana, francese, cinese, c’è una neo madre del Sudan, paese scosso nell’aprile 2019 da un colpo di stato militare, che ha appena partorito in un ospedale improvvisato di Medici Senza Frontiere.

E questa, se proprio vogliamo trovarla, è l’unica grande differenza, perché la maggior parte di noi nemmeno immagina cosa significhi partorire in un ambulatorio di fortuna mentre sopra e intorno a te ci sono solo rumori di guerriglia.

Non è censurabile per questioni di moralità, perché l’immagine di un parto non può turbare, non può essere “sconveniente”.

Men che meno è censurabile per questioni di sessualità, perché chi dà una connotazione sessuale a questa immagine ha chiaramente dei problemi per cui dovrebbe indagare su se stesso, piuttosto che cercare il marcio sui social.

E allora, ha ragione Mena quando parla di “censura del vero”; è vero che siamo pronti a rispolverare il nostro perbenismo solo in certe occasioni, che abbiamo l’indignazione a comando, che ci battiamo per le cause sbagliate.

Perché va a finire che, nel bizzarro mondo dei social, ci si scuote di più per l’immagine di un bambino consegnato alla vita, più che per quelle di bambini che una vita, o un futuro, non ce l’hanno più.

La discussione continua nel gruppo privato!
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