Un solo paese, oltre un quarto del mercato della gestazione per altri in tutto il mondo. Dopo la chiusura di India, Thailandia e Nepal agli stranieri in cerca di madri surrogate in seguito a una serie di violazioni dei diritti umani, l’Ucraina è diventata la meta prediletta per le coppie in cerca di donne disposte a portare avanti la gravidanza al loro posto dietro un compenso economico.

Il lockdown prima e la guerra poi, però, oltre alla corruzione endemica e allo sfruttamento delle agenzie che gestiscono il business, hanno reso la condizione delle madri surrogato ucraine sempre più problematica.

Per la legge ucraina, la gpa (gestazione per altri, N.d.a.) è legale in teoria solo per le coppie eterosessuali legalmente sposate che dimostrino di essere fisicamente impossibilitate a portare avanti la gravidanza indipendentemente. Questo fa dell’Ucraina uno dei pochi paesi al mondo in cui è consentito pagare per la surrogazione di maternità. Non solo: anche se legalmente non sarebbe possibile, un alto tasso di corruzione e controlli poco stringenti hanno attirato anche single e coppie dello stesso sesso, per i quali l’accesso alla maternità surrogata è generalmente più limitato.

Si tratta di un mercato enorme: secondo le stime, oltre 2000 bambini nascono ogni anno grazie alla maternità surrogata in Ucraina, per un giro di affari delle agenzie di fertilità a scopo di lucro che si aggira intorno ai 6 miliardi di dollari. Biotexcom, che è di gran lunga la più grande società di maternità surrogata in Ucraina, detiene attualmente il 25% del mercato globale. Cifre da capogiro, soprattutto se si pensa che, secondo alcune testimonianze, in certi casi alle madri surrogate andrebbero solo 350 dollari dei 45-55.000 dollari pagati dalle famiglie biologiche (sebbene altre testimonianze riportino cifre decisamente più alte, di alcune migliaia di dollari).

Sempre che le agenzie paghino. Sono molte, troppe, le testimonianze di donne che hanno dichiarato di essere state abbandonate dall’agenzia senza ricevere alcun compenso. Ma questa non è che la punta dell’iceberg, spiega Emma Lamberton, ricercatrice sui diritti delle donne nell’era post-sovietica, autrice della ricerca Lessons from Ukraine: Shifting International Surrogacy Policy to Protect Women and Children:

nella maggior parte dei contratti di maternità surrogata, le donne rinunciano a tutti i diritti relativi al controllo delle loro gravidanze. Sebbene non ci siano dati su larga scala, le madri surrogato riferiscono di aver subito aborti forzati di feti indesiderati dai clienti, pagamenti insufficienti, scarsa assistenza sanitaria per complicazioni legate alla nascita, alla gravidanza e malattie fisiche a lungo termine dovute al processo di maternità surrogata, oltre a condizioni di vita autoritarie e abusive negli alloggi in cui è loro richiesto vivere. Poiché la maggior parte dei surrogati sono a basso reddito, non hanno la capacità di combattere il trattamento abusivo da parte delle società di maternità surrogata.

Lo sfruttamento delle aziende che fanno della gpa un business, però, non è che uno degli aspetti controversi della maternità surrogata in Ucraina. Se, infatti, la gravidanza per altri “altruistica” è il trionfo della libera scelta, in cui le donne decidono di disporre liberamente del proprio corpo in piena consapevolezza (non a caso, quasi sempre devono aver già partorito per comprendere a fondo cosa stanno scegliendo), si può dire lo stesso quando questa scelta viene fatta da donne che scelgono, sì, ma per dare una vita dignitosa a se stesse o ai propri figli?

Possiamo dire che, davvero, queste donne possono disporre liberamente di sé, quando è il bisogno a renderle strumenti nelle mani di donne e uomini appartenenti a classi sociali superiori che volano in Ucraina da ogni parte del mondo e approfittano della loro vulnerabilità?

Luidmyla ha lottato per anni per trovare una casa per sé e per i suoi tre figli migliore dell’unica stanza in un ostello che avevano. Così nel 2017 è andata in una clinica di maternità surrogata e con i soldi è riuscita ad accendere un mutuo su un appartamento. Anche se è stata ricoverata in un’unità di terapia intensiva a causa di complicazioni durante la gravidanza, Liudmyla ha deciso di avere un secondo bambino surrogato per ripagare la maggior parte del prestito per l’appartamento.

Quella raccontata dal The Guardian non è che una delle tantissime storie di donne che hanno deciso di mettere il proprio corpo al servizio della felicità di una coppia sconosciuta, non (solo) come gesto di autentico altruismo ma, molto più prosaicamente, per necessità.

Volevo la possibilità di pagare le cose per i miei figli, la situazione di vita in Ucraina anche prima della guerra era tutt’altro che perfetta e il mio stipendio qui era molto basso – all’epoca circa $ 150 a settimana. Sembrava l’unica opzione per guadagnare il tipo di denaro di cui avevo bisogno per comprare un’auto e una casa, così come le cose di cui i miei figli hanno bisogno. Ricordo che nessuno mi ha contattato per 10 giorni dopo il parto ed ero così spaventata che non sarei stata pagata. Sono stata molto sollevata quando i soldi sono arrivati.

Secondo le stime, l’80% delle coppie che si rivolgono alle madri surrogato in Ucraina sono straniere, che scelgono il paese perché le procedure sono più semplici e molto più economiche (negli USA, ad esempio, le cifre possono essere fino a tre volte più alte). Ed è proprio il fatto che a muovere l’industria della gestazione per altri sia la domanda dei ricchi paesi occidentali a rappresentare un problema, spiega ancora Lamberton:

Non sono sicura che la maternità surrogata commerciale possa mai essere veramente etica, dato che i paesi ad alto reddito utilizzano donne con un potere inferiore. A volte è difficile sapere dove sia tracciata la linea tra scelta e sfruttamento.

Come già era accaduto durante il periodo del lockdown dovuto alla pandemia, l’invasione della Russia e la guerra hanno reso ancor più difficile la situazione delle madri surrogato, dei bambini che portano in grembo e dei loro genitori biologici.
Se già nel 2020, infatti, molte coppie avevano avuto difficoltà a potersi ricongiungere con i propri figli e le madri a ricevere supporto post partum e il compenso loro dovuto, i bombardamenti hanno moltiplicato gli ostacoli e i problemi.

Centinaia di neonati in bunker antiguerra, donne incinta costrette a evacuare e mettersi in viaggio per avere salva la vita, oltre mille donne attualmente in attesa del figlio biologico di un’altra coppia, molte delle quali non riescono nemmeno a mettersi in contatto con loro, mentre le agenzie in molti casi le abbandonano. Ecco un altro volto della guerra in Ucraina.

Già prima del conflitto, però, erano numerose le segnalazioni di donne lasciate senza risarcimento e con gravi problemi di salute a causa della maternità surrogata, nonché di bambini abbandonati se nati con disabilità.

Non solo. Anche la separazione dai piccoli può rappresentare un’altra grande sfida: circa 25 donne all’anno si appellano ai tribunali per tenere il bambino che hanno portato in grembo per nove mesi. È difficile ottenere cifre esatte sullo sfruttamento, ma la ricerca di Lamberton mostra che l’assistenza fornita alle madri surrogato varia tantissimo e che, soprattutto, mancano dati sui rischi a lungo termine e sugli impatti sulla salute mentale e fisica della maternità surrogata.

Una regolamentazione più stringente, che tenga conto del desiderio legittimo di avere figli di molte coppie (anche di quelle meno abbienti) senza però dimenticare i diritti delle madri surrogato e dei bambini è il primo, fondamentale, passo. Ma non l’unico: il supporto psicologico è fondamentale, anche nei casi in cui non ci sia un corrispettivo economico.

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