In Australia si è tenuta nei giorni scorsi la fine di un processo che probabilmente farà la storia. Come riporta News, una donna di 25 anni, Ayla Cresswell è stata autorizzata ad avere un bambino, attraverso la fecondazione in vitro di un suo ovulo con lo sperma del compagno morto. Si tratta di una storia stupefacente, che in realtà ha inizio due anni fa, quando Ayla ha trovato il fidanzato Joshua Davies morto nella loro casa e ha dato inizio immediatamente a un processo perché la rimozione dello sperma sarebbe dovuta avvenire immediatamente.
Per comprendere meglio questa storia, bisogna risalire ai dettagli e alle parole utilizzate dalla giudice. È chiaro che storie come queste sollevano sempre degli interrogativi etici – interrogativi completamente nuovi, legati all’avanzare della medicina contemporanea. Se c’è però una cosa che questa storia ci insegna è proprio questa: per capire una persona, bisogna entrare nelle sue scarpe, ed è questo che la giudice Susan Brown del tribunale di Brisbane sembra abbia fatto, come riporta il Guardian. Sfogliate la gallery per saperne di più.
La morte
Tutto comincia il 23 agosto 2016, alle 6,30 del mattino, quando Ayla scopre che Joshua si è suicidato nella loro casa di Toowoomba. Quasi contemporaneamente fa la richiesta per l’estrazione e la conservazione del suo sperma, che può avvenire solo entro 24 ore dalla morte.
La storia d'amore
I due stavano insieme da tre anni, avrebbero voluto sposarsi e metter su famiglia. Nei mesi immediatamente precedenti, Ayla si era anche sottoposta a dei controlli che avevano trovato come il suo corpo presentasse lo stato di salute ottimale per affrontare una gravidanza.
Il processo
Così, mentre lo sperma di Joshua veniva conservato in una clinica che si occupa di fecondazione in vitro, intanto è partito l’iter processuale.
Una proprietà
La prima cosa che la giudice Brown ha stabilito è che lo sperma di Joshua fosse una proprietà e che, nel caso si fosse giunti alla conclusione del suo utilizzo, solo Ayla avrebbe potuto usarlo per una fecondazione in vitro.
La famiglia
Ayla non è stata sola in questa battaglia legale, ma è stata anche molto supportata dalla famiglia di Joshua.
Gli psicologi
Durante l’iter processuale, fondamentale è stato il ruolo giocato dagli psicologi: Ayla si è dovuta sottoporre a dei test affinché fosse chiara la sua motivazione.
La giudice
Su consiglio degli psicologi, la giudice Brown ha stabilito che Ayla poteva provare ad avere il bambino con lo sperma di Joshua, perché il nascituro sarebbe stato «amato, curato e sostenuto», e che il desiderio di maternità di Ayla non è «una risposta irrazionale al dolore della perdita».
Ayla
Ayla non ha rilasciato dichiarazioni, ma l’avvocata che l’ha difesa Kathryn McMillan ha detto che la sua assistita si è sentita sollevata.
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