La storia di Giovanni è diventata virale. Ed è così delicata e umana che abbiamo deciso di raccontarvela. Sui canali social di Guida senza patente è apparso un post che parla di un bambino di 6 anni, Giovanni, che viene ritratto in una foto mentre è intento a giocare con un bambolotto in un passeggino. Giovanni dà perfino un bacetto al bambolotto, quasi fosse un essere vivente.

Si chiama gioco simbolico, ed è importantissimo per i bambini. Attraverso esso infatti, i bimbi lasciano emergere concetti, valori e schemi che hanno appreso. Ci sono diversi tipi di giochi simbolici: c’è quello con oggetti di uso comune che vengono trasformati all’uso, c’è quello con le macchinine, in cui si simula il traffico di una città, e ci sono naturalmente le bambole, con tutti i loro accessori, dai passeggini alle case di Barbie, che consentono ai bambini di rielaborare quotidianità immaginarie.

Mentre Giovanni era per strada con il suo bambolotto, un anziano signore lo ha fermato e gli ha chiesto come mai, dato che è un maschio, giocasse con le bambole e non con i soldatini. La risposta di Giovanni è talmente intelligente e sensibile che ha reso la sua storia degna di interesse. E ci fa capire quanto sia importante l’educazione sentimentale dei figli fin dalla prima infanzia. Ecco il testo del post diventato virale:

Giovanni ha 6 anni e sta giocando con il suo Cicciobello. Passa un signore anziano lo guarda e gli dice: «Ma giochi con le bambole? Sei un maschio dovresti giocare con i soldatini.» Me lo immagino già uno degli uomini della vecchia generazione cresciuto con l’idea che commuoversi, lavare i piatti, prendersi cura della casa ma soprattutto prendersi cura dei propri figli, cambiargli i pannolini renda l’uomo meno virile e meno uomo. Giovanni lo guarda negli occhi e non si scompone e regala una risposta da Oscar: «Sono il papà mica la mamma!» Il bambolotto è suo figlio e si chiama Mario. Giovanni non lo sa che con una semplice risposta sta rendendo il mondo un posto più bello. La sua saggezza ha tanto da insegnare a chi probabilmente si crede più saggio. In un attimo non è sbagliato quello che fa ma quello che gli viene chiesto. Avanti Giovanni sarai un grande papà e un grande uomo. E sicuramente hai dei grandi genitori.

C’è anche un’altra questione, tutt’altro che secondaria, da prendere in esame. Esiste, nonostante l’esperienza che può avere avuto il singolo, ancora una certa resistenza e un pregiudizio, che relega attività ludiche o creative in base al genere. Il calcio? È per maschi. La danza? Per le femmine. I soldatini e le macchinine? Vanno bene per i bambini. Le bambole? Sono cose da bambine.

Naturalmente non è così, perché appunto si tratta di un pregiudizio. La storia dell’ultimo secolo ci ha insegnato molte cose. Una di queste è che, se ci impegniamo, ognuno di noi può realizzare i propri sogni, e non conta il genere in cui ci si riconosce. Valentina Tereskova è andata nello spazio, Amelia Earheart pilotava aerei. Eppure ancora oggi, film e telefilm ci raccontano storie di stereotipi di genere, come per esempio Billy Elliot oppure Sognando Beckham. La storia ci ha insegnato anche un’altra cosa: le rivoluzioni cominciano con le nuove generazioni. Per dirla con Bob Dylan:

Venite madri e padri da tutto il Paese, e non criticate ciò che non comprendete. I vostri figli e le vostre figlie non sono ai vostri ordini. La vostra strada sta rapidamente invecchiando. Per favore andatevene dalla nuova se non potete dare una mano. Perché i tempi stanno cambiando.

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