Sindrome del bambino scosso: gravi danni per 30 bambini ogni 100.000
La sindrome del bambino scosso è una forma di maltrattamento sui neonati che può portare a conseguenze di salute molto serie. Nei casi più gravi si arriva anche alla morte
La sindrome del bambino scosso è una forma di maltrattamento sui neonati che può portare a conseguenze di salute molto serie. Nei casi più gravi si arriva anche alla morte
Negli ultimi giorni si sta sentendo parlare molto della sindrome del bambino scosso: internet, giornali, tv stanno concentrando il più possibile l’attenzione su questo importante problema cercando di fornire maggiori dettagli e preziosi consigli per non incorrere in situazioni gravi per la salute del neonato.
Come riporta il Corriere, negli Stai Uniti è stato stimato che 30 bambini su centomila ogni anno subiscono gravi danni fisici per la Shaken Baby Syndrome (sindrome del bambino scosso). Per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla sindrome del bambino scosso (e soprattutto i genitori e le figure professionali che si occupano e si prendono cura dei neonati), la federazione internazionale Terre des Hommes ha dato vita alla prima campagna nazionale per la prevenzione della sindrome del bambino scosso dal titolo “Non Scuoterlo!”.
La federazione ha creato il sito apposito nonscuoterlo.it dove si possono trovare informazioni esaustive sulla Shaken Baby Syndrome, quali possono essere le conseguenze ed a chi rivolgersi in caso di danni al piccolo. Sul sito sono consultabili molti video da pediatri, psicoterapeuti, psicologi, medici legali per fornire una panorama a 360° del fenomeno.
È sempre realizzato da Terre des Hommes lo spot video che sta girando su web e tv che vede come protagonista Alessandro Preziosi in cui viene chiaramente veicolato il messaggio “Non scuotere mai un bambino, potresti provocargli danni irreparabili”.
Nei sui primi mesi di vita il neonato comunica solo tramite il pianto grazie a cui interagisce con il mondo esterno ed in primis coi in genitori (soprattutto la mamma) per richiedere principalmente di essere nutrito o accudito. Capita spesso però che il pianto sia persistente, inconsolabile arrivando ad essere percepito come insopportabile. Nonostante si faccia di tutto, il bambino continua a piangere e addirittura riesce anche ad intensificare il pianto che diventa all’improvviso causa di frustrazione e impotenza: questo mix di sentimenti genera una rabbia incontrollabile che spinge a scuotere il neonato pur di farlo smettere di piangere e non sentire più gli strilli insistenti che penetrano nel cervello.
«Durante il periodo del Purple Crying – dalla nascita fino ai 18 mesi di vita – il pianto del bambino può essere prolungato e poco consolabile, non legato ad un particolare malessere e spesso si presenta di sera. Il picco solitamente è intorno al secondo mese di vita, per poi decrescere riducendosi notevolmente dopo il primo anno – spiega al Corriere della Sera Antonio Urbino, Direttore della S.C. di Pediatria d’Urgenza, Ospedale Infantile Regina Margherita di Torino -. Per questo è necessario che i genitori siano informati di questa criticità e adottino delle strategie corrette per mantenere la serenità necessaria per prendersi cura del bambino e imparare a riconoscere i suoi bisogni».
Lo scuotimento del bambino (stiamo parlando di piccoli con un’età inferiore ai 2 anni) è una vera e propria forma di maltrattamento, i neonati tra le 2 settimane e i 6 mesi di vita sono quelli più soggetti ad essere bersaglio di scuotimenti perché è proprio a quell’età che il pianto è più intenso e presente durante la giornata. I neonati hanno la struttura ossea ancora non formata completamente e non controllano i movimenti del collo. Scuoterli quindi significa far sballottare il cervello all’interno del cranio: pochi secondi di scosse molto forti possono essere sufficienti a far andare in coma il bambino e addirittura farlo morire in alcuni casi gravi. Questo è quanto si legge sul sito dell’associazione Terre des Hommes.
«Lo scuotimento violento del neonato anche se per pochi secondi – dichiara in video pubblicato sul sito nonscuoterlo.it Melissa Rosa Rizzotto, medico di comunità, Centro Regionale per la Diagnostica del Bambino Maltrattato di Padova – imprime delle forze di accelerazione, decelerazione e rotazione del capo che provocano danni a livello intra cranico e spinali oltre che dei danni a livello retinico. I danni riportati possono essere alle strutture, quindi di tipo meccanico, ma anche di tipo metabolico cioè al funzionamento dei neuroni e del tessuto cerebrale. Questi danni poi si traducono quando si fanno delle indagini al bambino in una serie di raccolte di sangue in diversi distretti sia a livello intracranico ma anche spinale e contemporaneamente ci possono essere disgregazione del tessuto cerebrale oppure atrofia cerebrale».
La dottoressa Rizzotto spiega che nella maggioranza dei casi i bambini non riportano segni esterni di lesioni per cui diventa molto difficile diagnosticare la sindrome del bambino scosso, però aggiunge che «tra i segni sentinella che possono allarmare (anche come genitori) c’è la presenza di una crescita anomala della circonferenza cranica in maniera disarmonica rispetto al peso e all’altezza del bimbo. I bambini che vengono scossi possono avere sintomi tipo difficoltà respiratorie, ipotonia nei casi più gravi, pallore. Nei casi più lievi possono avere solo l’aumento della crescita della testa, difficoltà ad alimentarsi, scarsa crescita, irritabilità, periodi di pianto insistente e poco consolabile».
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