Che tristezza i genitori convinti che la cultura sia noiosa e la vita più bella senza responsabilità!

Dopo la lettera del padre di Varese che diceva che il figlio non ha fatto i compiti delle vacanze, perché “voi (insegnanti) avete nove mesi circa per insegnargli nozioni e cultura, io tre mesi per insegnargli a vivere”, ecco un'altra mamma che sceglie Facebook e non un colloquio a scuola per discutere l'educazione dei figli.

Viene il sospetto – lecito – che questa nuova moda di fotografare le giustificazioni pseudo-alternative di alcuni genitori sui diari dei propri figli e postarle su Facebook, sia giusto l’ultima frontiera del palcoscenico social.

Non si spiega, altrimenti, perché non scelgano di fare quello che i genitori che non condividono i metodi di insegnamento dei loro figli hanno sempre fatto: andare dall’insegnante e discutere insieme le proprie ragioni, così da avere un contraddittorio e magari trovare una soluzione per il benessere del pargolo, invece di mettere il figlio al centro di una bega che fa bene solo al narcisismo del genitore.

Così, dopo l’infelice lettera del padre di Varese che, sotto le mentite spoglie di paladino di un’educazione più autentica, scrive agli insegnanti “Vorrei informarvi che come ogni hanno mio figlio non ha fatto i compiti estivi” perché, riassumendo (la giustifica intera è visibile qui) “voi avete nove mesi circa per insegnargli nozioni e cultura, io tre mesi per insegnargli a vivere”; ecco il nuovo post-giustifica

Con tanto di commento compiaciuto:

Questo è quello che ho scritto oggi sul diario di Mariasole, basta compiti e basta torturare questi bambini dopo che passano 8 ore seduti sui banchi.

Genitori-eroi 2.0, avrei alcune osservazioni/domande da fare e, pazienza se non vi saranno gradite. Se uno posta qualsiasi cosa su una bacheca con impostazione pubblica, che è un po’ come andarlo a urlare in piazza, si prende gli applausi e pure le critiche, che può scegliere semplicemente di non leggere o ignorare.

1. L’atteggiamento alternativo-borghese dilagante sui social ha veramente rotto. Indistintamente. Che si tratti del rapper contro il sistema che va in giro in porsche e canta di lotte di classe; del giudice di qualche reality di musica o cucina per cui detenere il sapere è il pass per insultare chi ne sa di meno battendo la bandiera dell’onestà; o di genitori vestiti da paladini di una nuova educazione più autentica e un po’ paraculo, perché facile ai like, che si sgretola contro ogni conoscenza pedagogica, minimo buon senso e al primo approfondimento.

2. Se vi risparmiate i post autoreferenziali e narcisistici su Facebook e andate a parlare con gli insegnanti, magari potete

  • mettere in discussione la vostra posizione, come le persone intelligenti sanno fare, dopo che gli insegnanti avranno illustrato le loro ragioni;
  • trovare una soluzione o una mediazione condivisa, in modo che si raggiunga lo scopo di una migliore qualità educativa del bambino e non quello della sterile polemica da like facile sui social. Tra parentesi, chiunque sia stato bambino sa bene che in genere i pargoli non amano sentirsi in mezzo tra due fuochi, nel peggiore dei casi arrivano a provarne fortissima vergogna, nel migliore a sviluppare un’insana arroganza nei confronti dell’autorità (e oggi sarà quella della scuola che avrete minato voi, domani, perché tutto torna, la vostra).

Ma la questione più interessante non è neppure questa. Verrebbe quasi da dire: fin qui, fatti vostri e dei vostri figli, se non fosse che dispiace per loro e che poi i vostri figli saranno i compagni di classe del mio.

Comunque, dicevamo:

3. Davvero trovate così noiosa la cultura? No, cioè, spiegatemi. Davvero leggere una pagina UNA del sussidiario, anche dopo 8 ore di scuola (manco avessimo detto miniera), è un obbligo così faticoso da ledere la serenità dei vostri bambini?
E se fosse l’occasione per scoprire qualcosa di nuovo, conoscere meraviglie e ampliare i propri orizzonti e la propria mente?
Davvero per voi la cultura è puro nozionismo che priva i vostri figli della libertà e non libertà stessa?
Che tristezza!

Scusate ma, senza essere retorica, mia madre 60 anni fa avrebbe fatto carte false per andare avanti a studiare oltre le medie, ma no, era donna, che andasse a imparare a cucire e facesse la sarta. Sai che libertà quella di potersi prendere la responsabilità di studiare, allora!? E dico mia madre, ma questa era la condizione di molte donne – e più di un bambino maschio – fino a meno di una vita fa?
E invece no, oggi i poveri bambini per cui si è conquistato un diritto allo studio, sono “torturati”.
Eh no, cara signora Anna, mi perdoni, ma per avere un’idea di bimbi torturati dia un’occhiata a quelli siriani, che pagherebbero oro per passare 8 ore ad annoiarsi sui banchi di scuola, a quelli che arrivano con i barconi a Lampedusa e a quelli che hanno maestre che, invece di insegnare quello che sanno e dar loro compiti per crescere adulti migliori, li menano finché qualche video svela lo schifo.

4. Se i vostri cuccioli non possono iniziare ora ad apprendere la bellezza di diventare persone indipendenti e, quindi, responsabili delle proprie azioni e dei propri doveri, cosa faranno quando, tra qualche anno non tra decenni, dovranno leggere non una pagina, ma un libro o 5 per preparare un esame? E quando prenderanno i primi calci alla loro autostima nel mondo del lavoro? Sicuri che questo proteggere il loro benessere a oltranza faccia bene ai cucciolotti o non equivalga renderli ogni volta più incapaci e meno fiduciosi delle loro capacità.
O siete così corazzati da sapere che potrete proteggere (e pianificare) la vita del vostro pargolo fino alla sua vecchiaia, parandogli delusioni, fatiche, persino ingiustizie, perché ci saranno di sicuro anche quelle?

Cosa dire? Lo auguro non tanto a voi, quanto a loro.

Ma, da figlia, vorrei dirvi che la sottoscritta i compiti li faceva da soli, ma alcune di quelle volte in cui ho letto una pagina di storia del sussidiario con papà o fatto i compiti di matematica con la mamma dopo un voto non bellissimo in quello che era il mio tallone d’Achille… le ricordo bene. E fare i compiti così era un bel modo per scoprire il mondo e diventare grande, sapendo che loro ci sarebbero stati ma che potevo camminare da sola.

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