La modella Emily Ratajkowski è abituata a stare al centro dell’attenzione, spesso anche delle critiche, e fondamentalmente non le è mai importato molto; così, quando ha annunciato di essere incinta ha scatenato un sacco di polemiche la sua affermazione, rilasciata in un saggio scritto per Vogue, di non voler assegnare un sesso al nascituro, mentre adesso, diventata mamma di Sylvester Apollo Bear, ha attirato critiche dall’altra parte, avendo definito, in un post pubblicato su Instagram, il figlio “beautiful boy”, ovvero un bellissimo bambino.

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Un post condiviso da Emily Ratajkowski (@emrata)

“Ci ha già ripensato?” è la domanda ironica che qualcuno si è posto, di fronte a quel sostantivo, “boy”, che per molti è l’indicazione che Ratajkowski si sia “rassegnata” ad accettare il genere del suo bambino. Anche chi aveva accolto con gioia la notizia del suo non voler assegnare un genere, prendendolo come un segno di libera espressione dell’identità di genere, senza costrizioni, a oggi sembra essersi ricreduto sulla modella, che però, almeno per il momento, non sembra essere intenzionata a voler dare spiegazioni.

E in fondo, in realtà, non deve nemmeno darne, perché è giusto che si rapporti a suo figlio nel modo che ritiene più opportuno, con buona pace di chi vorrebbe una linea ben definita o, dall’altra parte, che non ci fossero indicazioni di genere nel rivolgersi al bebè; lo stesso dicasi per quanti e quante hanno criticato il suo corpo perfetto a un mese dal parto, mostrato su Instagram in un post ora non più disponibile, dimenticando che le donne non sono tutte uguali, e che non è una colpa avere un fisico più longilineo che lascia intravedere ben poco di una gravidanza.

La notizia della gravidanza era stata data dalla top model attraverso un video pubblicato su Instagram e diretto dall’amica Lena Dunham, a cui come detto era seguito un saggio su Vogue (la modella è anche una talentuosa scrittrice, che nel recente passato aveva stupito per un suo scritto sulla bellezza) in cui la donna aveva spiegato di non voler divulgare il sesso del nascituro e i motivi all’origine della scelta. Vista la volontà attuale di attribuirgli un’identità di genere maschile, perciò, ci rivolgeremo a Sylvester Apollo come a un maschio.

Questo è quello che Ratajkowski dichiarava in merito, sollevando una questione poco affrontata sugli stereotipi di genere:

Quando io e mio marito diciamo agli amici che sono incinta, la loro prima domanda dopo ‘Congratulazioni’ è quasi sempre ‘Cosa preferiresti?’. Ci piace rispondere che non sapremo il sesso fino a quando nostro figlio non avrà 18 anni e che poi ce lo faranno sapere. Tutti ridono di questo. C’è una verità nella nostra linea, tuttavia, che accenna a possibilità che sono molto più complesse del semplice sesso con cui potrebbe nascere nostro figlio: la verità che alla fine non abbiamo idea di chi – o piuttosto di cosa – sta crescendo nella mia pancia. Chi sarà questa persona? Di che tipo di persona diventeremo genitori? Come cambieranno le nostre vite e chi siamo? Questo è un concetto meraviglioso e terrificante, che ci rende impotenti e umiliati.

La modella e il marito avevano infatti espresso il desiderio di crescere un figlio che fosse assolutamente libero da ogni punto di vista, e non “costretto” in un concetto di genere limitato e imposto dalla società.

Non mi piace che forziamo i preconcetti di genere sulle persone, figuriamoci sui bambini. Voglio essere un genitore che permette al mio bambino di mostrarsi a me. […] E tuttavia mi rendo conto che mentre posso sperare che mi* figli* possa determinare il proprio posto nel mondo, sarà, non importa cosa, di fronte ai vincoli innegabili e costruzioni di genere prima che possano parlare o, diavolo, anche essere nato.

Molto più importante del dare alla luce un maschio o una femmina, quindi, per Emily e il marito c’è sempre stato soprattutto l’insieme dei valori, delle caratteristiche della personalità, delle attitudini della persona di cui sarebbero diventati genitori. Da qui il fatto che la scelta di crescere i propri figli in modo agender o di attribuire loro un sesso non contrasti in nessun modo con l’idea di fondo, che è quella di oltrepassare quei cliché generalmente associati al sesso, di cui la modella parla, anche in relazione alla stessa gravidanza.

Dove ho la pancia (i maschi stanno in basso! Le femmine più in alto e ti fanno ammalare nel primo trimestre!) – scrive Ratajkowski – Cosa voglio mangiare (desiderare dolci significa che stai aspettando una bambina!), cosa mi ecciterà (un maschio significa avere anche più desiderio sessuale!). Un truccatore mi applica il mascara sugli occhi mentre mi dice che aspettare una bimba porta via la bellezza della madre.

Nella sua riflessione Ratajkowski ripensa anche a quando, da bambina, sognava di avere una figlia che le somigliasse, e a quando la sua terapista le dice che è assolutamente normale cercare di proiettare sul pensiero dei figli futuri ciò che noi non siamo stati, o non abbiamo avuto; e parla dei fortissimi stereotipi che le donne devono affrontare, nel loro percorso di crescita.

‘A essere assolutamente onesta’, dico a mio marito durante la cena, ‘non sono nemmeno sicura di sapere se voglio una bambina. Immagino di non aver mai davvero pensato di avere un maschio prima’.

‘Temo che una ragazza avrà molto da fare come tua figlia’, risponde ‘E molta pressione’.

Sussulto e penso a mia madre e ai suoi racconti, al fatto che conoscessi il significato della parola ‘gelosa’ già all’età di tre anni (dicevo a mia madre che le sue colleghe erano ‘solo gelose’ di lei), e alla prima comprensione che avevo di come la bellezza potesse essere equiparata al potere. Ho pregato per avere la bellezza, pizzicandomi forte il naso su entrambi i lati prima di addormentarmi, desiderando che rimanesse piccolo.

[…] ‘Non lascerò che sia un problema’, dico a mio marito, ma non posso fare a meno di preoccuparmi. Combatto ancora regolarmente il subconscio e la misoginia interiorizzata,  mentre confronto la larghezza dei miei fianchi con quelli di un’altra donna. Chi dice che sarei in grado di proteggere mia figlia da ciò?

Dagli stessi stereotipi, ovviamente, non sono immuni gli uomini.

[…] una serie di feste che rivelano il genere. Le coppie ansiose stanno a pochi metri di distanza, guardando goffamente una grande torta o un palloncino sospeso. […] Dopo che la coppia ha perforato il palloncino e i coriandoli rosa o blu sono precipitati su di loro, o la fetta tagliata dal coltello rivela l’interno di una torta, tinta di una tonalità pastello, comincio a notare una cosa. Spesso queste coppie non si abbracciano subito. Se piovono coriandoli blu, il padre sembra quasi sempre immediatamente sollevato; si allontana di qualche passo, gli occhi spalancati e le mani dietro la testa. La donna incinta, vestita per l’occasione con tacchi che sembrano scomodi, guarda il suo allegro partner e osserva l’eccitazione che lo investe. Sorride educatamente prima di voltare le spalle a lui e guardare la folla. Le femmine sono universalmente terrificanti per i padri?

Penso a mio marito e a quello che un figlio avrebbe significato per lui. Desidera segretamente un maschio? Quando glielo chiedo, si rifiuta di darmi una risposta, giurando di non avere preferenze. Ma una domenica mentre guarda il calcio fa un’osservazione su come sarebbe divertente avere un bambino con cui guardarlo.

‘Anche le ragazze guardano il calcio!’ Rispondo io. Alza le spalle e ride.

[…] Anch’io ho paura di avere un figlio, anche se non allo stesso modo. Ho conosciuto fin troppi uomini bianchi che si muovono per il mondo inconsapevoli del loro privilegio e sono rimasta traumatizzata da molte delle mie esperienze con loro. Ed è scioccante rendersi conto di come anche i ragazzi giovani acquisiscano presto un senso di diritto, rispetto al corpo delle ragazze e al mondo in generale. Non ho paura di crescere un ‘cattivo’, poiché molti degli uomini che ho conosciuto che abusano del loro potere lo fanno involontariamente. Ma ho il terrore di coltivare inavvertitamente la disattenzione e la mancanza di consapevolezza che sono così convenienti per gli uomini.

La gravidanza era stata definita da Emily come “un senso di pace”, quella che adesso qualcuno non trova, di fronte a quel sostantivo, “boy”, evidentemente sufficiente per spiazzare chiunque, da un lato e dall’altro.

Perché Emily Ratajkowski è finita al centro delle polemiche per suo figlio
Fonte: Instagram @emrata
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