Quando il parto diventa un incubo: i numeri della violenza ostetrica.

La violenza ostetrica è una vera e propria violenza sulle donne. Episiotomie o cesarei senza consenso, violenza verbale e mancanza di supporto emotivo possono portare gravi conseguenze fisiche e psicologiche alle donne. In Italia sono circa 1 milione le donne che hanno dichiarato di aver subito qualche tipo di violenza ostetrica.

In Italia si è iniziato a parlare di violenza ostetrica in tempi relativamente recenti, nel 2016. Per “violenza ostetrica” si intende quella serie di comportamenti fisicamente abusivi e/o lesivi della dignità della donna da parte del personale medico – quindi non solo ostetriche, ma anche ginecologi e infermieri – durante il parto. Il primo Paese che l’ha definita in ambito giuridico è stato il Venezuela nel 2007, con questa definizione:

Appropriazione del corpo e dei processi riproduttivi della donna da parte del personale sanitario, che si esprime in un trattamento disumano, nell’abuso di medicalizzazione e nella patologizzazione dei processi naturali avendo come conseguenza la perdita di autonomia e della capacità di decidere liberamente del proprio corpo e della propria sessualità, impattando negativamente sulla qualità della vita della donna.

Nel 2014 anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità si è espressa in merito, tramite una dichiarazione ufficiale dal titolo La Prevenzione ed eliminazione dell’abuso e della mancanza di rispetto durante l’assistenza al parto presso le strutture ospedaliere che mira a fornire delle linee guida ai Sistemi Sanitari Nazionali per evitare il più possibile la violenza ostetrica.

#Bastatacere

Con l’hashtag #Bastatacere nel 2016 è iniziata l’azione di OVO Italia (Osservatorio sulla Violenza Ostetrica). Si tratta di un osservatorio gestito da donne e madri della società civile in rete con gli altri osservatori mondiali (InterOVO). Sulla pagina Facebook dedicata è possibile leggere le tantissime testimonianze delle madri che hanno subito questo tipo di violenza. C’è chi è stata lasciata sola per ore, chi racconta come i propri dolori e sofferenze siano stati ridicolizzati, chi non è stata informata di quali procedure mediche fossero in atto, chi è stata lasciata nuda per ore in una stanza fredda. Tutte situazioni che certamente nessuna donna vorrebbe vivere in un momento importante e delicato come il parto.

Il lancio della campagna #Bastatacere e l’indagine condotta da OVO in collaborazione con DOXA, un’azienda italiana di ricerche di mercato, non sono stati senza conseguenze. AOGOI, l’Associazione Ostetrici Ginecologi Ospedalieri Italiani, ha diffidato l’inchiesta e la campagna, definita:

Ingiusta ed intollerabile completa distorsione della realtà sanitaria italiana ed in particolare dell’assistenza ostetrica e al parto, conseguendo un risultato gravemente diffamatorio e lesivo della reputazione dei professionisti.

In tutta risposta OVO ha pubblicato una nota metodologica per provare che i dati erano stati raccolti in maniera corretta. È importante sottolineare come la campagna e l’osservatorio non abbiano l’intento danneggiare l’immagine del personale sanitario ma fare sì che le donne non subiscano violenza.

I numeri della violenza ostetrica in Italia

Secondo l’indagine DOXA-OVO, in Italia sono circa 1 milione le donne che hanno dichiarato di aver subito violenza ostetrica (fisica o psicologica) durante il parto, rappresentando il 21% delle madri intervistate. Offese, insulti, mancanza di rispetto e di privacy sono alcuni dei comportamenti segnalati dalle donne intervistate nello studio di DOXA-OVO.

Sebbene l’uso di termini verbali offensivi verso le partorienti e i comportamenti irrispettosi nei loro confronti siano gravissimi e possano provocare nelle donne grave disagio psicologico, ci sono casi in cui la violenza ostetrica si spinge ben oltre le parole. Si tratta dei casi in cui il personale medico arriva a non coinvolgere la donna in scelte mediche molto importanti come interventi chirurgici che avranno un impatto permanente sul corpo della donna come l’episiotomia o il cesareo.

Per il 6% delle donne che hanno partecipato all’indagine, il momento del parto è stato così traumatico che ha portato alla decisione di non volere più figli per non rivivere gli stessi abusi. È stato stimato che questa decisione ha portato a circa 20mila nascite in meno.

Per quanto riguarda gli interventi chirurgici il più praticato è l’episiotomia, ovvero l’incisione che viene effettuata nel perineo al momento del parto per velocizzarlo facilitando l’apertura vaginale. Secondo l’indagine in oggetto, in Italia viene praticata nel 54% dei parti, sebbene anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità l’abbia definita una pratica dannosa. 1,6 milioni di donne in Italia l’hanno subita senza aver firmato il consenso informato e per il 15% di loro ha rappresentato una mutilazione degli organi genitali permanente.

Il 19% lamenta poi mancanza di riservatezza nel momento del parto, il 27% mancanza di sostegno durante l’allattamento e al 12% è stato negato di avere accanto una persona di fiducia vicino durante il travaglio. In generale il 33% delle madri non si è sentito adeguatamente assistito e il 41% ha dichiarato di aver subito pratiche lesive della propria dignità o integrità psicofisica.

La violenza ostetrica nel mondo

Secondo uno studio dell’OMS sui Paesi a basso reddito, la violenza ostetrica raggiunge anche vette maggiori in questi luoghi, dove le donne sono spesso meno istruite e hanno meno possibilità di far valere i propri diritti. Lo studio ha preso in considerazione oltre 2000 donne che hanno partorito tra il 2016 e il 2018 in Ghana, Guinea, Myanmar e Nigeria. Un terzo delle donne ha dichiarato di essere stata trattata male in una struttura medica al momento del parto, soprattutto nei 15 minuti precedenti alla nascita del bambino. È risultato che le donne giovani hanno più probabilità di subire maltrattamenti fisici mentre quelle meno educate di subirne di verbali. Il 33,8% delle donne che hanno partecipato allo studio ha chiesto invano di ricevere antidolorifici. Gli interventi chirurgici eseguiti senza consenso sono nel 10,8% dei casi cesarei e nel 56,1% episiotomie.

In Brasile, secondo uno studio della Revista Latino-Americana del Enfermagem, al 63% delle donne è mancato supporto fisico ed emotivo, al 28% è stato chiesto di smettere di gridare, il 68% ha provato paura.

Negli Stati Uniti, uno studio della De Paul University di Chicago ha riportato che il 34% delle donne definirebbe l’esperienza del parto “traumatica”. Il 25% delle donne ha subito pressione per eseguire un cesareo o l’induzione del parto.

In Etiopia 3 donne su 4 hanno denunciato di aver subito violenza ostetrica

Come detto il Venezuela è stato il primo Paese a definire dal punto di vista giuridico la violenza ostetrica, ma anche in Europa si sta andando in questa direzione. È dell’ottobre del 2019 la Risoluzione del Consiglio d’Europa che riconosce la violenza ostetrica come una violazione dei diritti delle donne. La speranza del gruppo che ha dato vita al movimento in Italia è che ciò porti a una diminuzione significativa dei casi di violenza ostetrica.

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