Le istituzioni l’hanno chiamata “umanizzazione del parto”, ma le donne hanno usato ben altri termini: “violenza ostetrica”. Sembra incredibile, eppure è la ragione per cui molte neo mamme, dopo il primo parto, non intendono affrontare una nuova gravidanza. Non per i dolori del parto o per possibili complicazioni, ma per come vengono trattate dal personale ostetrico nei momenti immediatamente precedenti e durante il travaglio.

Le testimonianze raccontano di episiotomie fatte “a tradimento”, di manovre di Kristeller (vietata in molti paesi europei, si tratta della spinta effettuata dal medico con l’avambraccio sulla pancia della mamma per facilitare l’uscita del neonato) fatte senza il consenso della partoriente, insomma di situazioni in cui la discrezionalità delle scelte è tutta solo delle ostetriche, che agiscono senza interpellare minimamente chi sta per partorire.

È dal 1985, in realtà, che l’Organizzazione Mondiale della Sanità si occupa del problema, ma se pensiamo che la violenza ostetrica sia limitata ai paesi del Terzo Mondo, ci sbagliamo di grosso; i numeri, del resto, parlano chiaro: in Italia una mamma su cinque è vittima di violenza ostetrica, il 21% delle mamme con figli tra 0 e 14 anni dichiara di averla subita. È questo ciò che emerge dai risultati, rivelati il 20 settembre 2017, di uno studio commissionato dall’Osservatorio sulla violenza Ostetrica Italia alla Doxa, con il contributo delle associazioni La Goccia Magica e CiaoLapo Onlus: 1 milione di madri hanno subito in qualche modo violenza dal personale sanitario durante il parto, e l’idea di non rivivere un simile incubo avrebbe spinto, negli ultimi 14 anni, il 6% delle donne a scegliere di non affrontare una seconda gravidanza, provocando, di fatto, la mancata nascita di circa 20.000 bambini l’anno.

Lo studio ha preso in esame un campione di 5 milioni di donne italiane, tra i 18 e i 54 anni, con almeno un figlio di 0-14 anni, e le esperienze raccolte parlano di assistenza psicofisica al parto lesiva della propria integrità e dignità in 4 parti su 10, di episiotomie realizzate nel 54% dei casi, con 3 partorienti su 10, negli ultimi 14 anni, ovvero il 61% di quelle che hanno subito il taglio tra vagina e perineo, che dichiarano di non aver dato il consenso informato per autorizzare l’intervento. Per loro, nel 15% dei casi si è trattato di una vera e propria menomazione degli organi genitali, mentre  circa 350.000 mamme, il 13% con il taglio si sono sentite “tradite” dal personale ospedaliero. Le episiotomie sono state fatte soprattutto nel Sud Italia e nelle isole (58%) poi al centro e nel Nord-Est Italia (55% pari merito), mentre nel Nord Ovest la percentuale si attesta al 49%. In generale, dallo studio emerge comunque una sorta di indifferenza, da parte delle équipe mediche, nei confronti delle pazienti, dato che 1.350.000 donne (il 27% delle intervistate) hanno detto di essersi sentite seguite solo in parte dallo staff, e che avrebbero voluto essere più informate su quanto stava avvenendo.

Secondo le linee guida fornite dall’Oms, la violenza ostetrica,  è “l’appropriazione dei processi riproduttivi della donna da parte del personale sanitario” che si manifesta nella costrizione a subire un cesareo non necessario, un’episiotomia non necessaria, oppure nel partorire sdraiata con le gambe sulle staffe, o nell’essere esposta, nuda, di fronte a diverse persone, ancora, si riscontra nella separazione della madre dal bambino senza una ragione medica, nel mancato coinvolgimento della donna nei processi decisionali che riguardano il suo corpo e il suo parto, e infine, ovviamente, nell’umiliazione fisica o verbale della donna in tutti i momenti del parto. Per dar voce alle mamme italiane che hanno subito violenza ostetrica è nato il progetto #BastaTacere: le madri hanno voce.

La campagna #BastaTacere

#BastaTacere: le madri hanno voce è nata nell’aprile 2016 dalla collaborazione di Elena Skoko, fondatrice dell’Osservatorio sulla violenza Ostetrica Italia, con l’avvocato Alessandra Battisti; la campagna è diventata virale sui social, in particolare sulla pagina Facebook, dove chiunque abbia subito violenza ostetrica ha potuto, per quindici giorni, raccontare la propria storia. Sono stati  21.621 i like, oltre 1.136 le testimonianze raccolte, 700.000 gli utenti al giorno e  oltre 70.000 interazioni quotidiane, a riprova di quanto il problema sia insospettabilmente diffuso.
La campagna era legata alla proposta di legge proposta dal PDL “Norme per la tutela dei diritti della partoriente e del neonato e per la promozione del parto fisiologico” depositata l’11 marzo 2016 da parte dell’On. Adriano Zaccagnini, che introduce il reato di violenza ostetrica in seguito proprio alla dichiarazione dell’Organizzazione mondiale della sanità su “La Prevenzione ed eliminazione dell’abuso e della mancanza di rispetto durante l’assistenza al parto presso le strutture ospedaliere”, che ha evidenziato i trattamenti lesivi di integrità e dignità delle partorienti.

21

Sono molte le storie di mamme che ricordano con tristezza e paura il momento del parto, proprio a causa della violenza ostetrica subita.

Episiotomia non richiesta

Fonte: web

Ilaria Dal Sasso, 38 anni, ha vissuto un’esperienza di violenza ostetrica 7 anni fa, alla nascita della prima figlia, e l’ha raccontata a TPI:

Mi sono recata nell’ospedale pubblico dove avrei dovuto partorire, volevo assicurarmi di poter fare un parto attivo” [in cui è la futura mamma a scegliere, ad esempio, la posizione da assumere durante travaglio e parto, ndr.] Ilaria era già ricoverata, perché il giorno prima aveva avuto delle perdite e i medici le avevano detto che il parto era imminente, quando di notte la sacca si è rotta, e un’ostetrica l’ha portata in sala travaglio.
Lì viene lasciata completamente sola, al buio, per non sa quanto tempo, tra dolori lancinanti. Ma quando finalmente decide di chiamare l’infermiera, le dicono che per l’epidurale non c’è più tempo. Ilaria si trova a spingere da sdraiata ma, cosa ancor peggiore, le viene praticata l’episiotomia.

Non è vero che l’episiotomia durante la contrazione non fa male – dice – Il dolore è atroce ed è come se tagliassero carne viva.

Ma non è finita, le viene anche praticata la manovra di Kristeller, e, quando il marito protesta, l’infermiera risponde “O così o così“. Quando la bambina nasce, le viene portata via subito, mentre la medesima manovra è ripetuta per l’espulsione della placenta; come se non bastasse, l’anestetico prima di mettere i punti è finito, quindi Ilaria viene ricucita con dolori atroci, al punto che non riesce a tenere giù il bacino come le chiedono di fare. I punti sono applicati troppo stretti e devono essere tagliati via dopo una settimana.

Scollamento delle membrane non richiesto

Questa mamma, che ha voluto lasciare la propria testimonianza sulla pagina Facebook di #BastaTacere, ha scritto:

Mi ha fatto lo scollamento delle membrane senza chiedermi il consenso. Si è giustificata dicendo “Se te l’avessi chiesto, non avresti accettato“.

Lo scollamento delle membrane consiste più nell’inserire 2 o 3 cm di dito all’interno della cervice uterina per creare meccanicamente spazio tra il tessuto uterino e le membrane fetali, ed è eseguita ruotando circolarmente il dito due volte.

Risate in faccia

Fonte: web

Un’altra mamma sulla pagina Facebook racconta il suo primo parto, gemellare:

Ago cannula inserito due volte, 10 buchi per la spinale, sala operatoria freddissima, donazione del cordone ombelicale rifiutata ridendomi in faccia, pochissima umanità e comunicazione, non mi avrebbero fatto neanche vedere le bambine se l’anestesista non fosse intervenuto dicendo di portarmele almeno un attimo [… ] Mi sono sentita in una macelleria, ero impietrita […] mi hanno dato probabilmente ossitocina per pulire l’utero ma nessuno si è degnato di dirmi niente, avevo dolori fortissimi e la pancia appena ricucita”.

In punto di morte

“Seconda gravidanza, Natale 1991 – scrive questa mamma – arrivo in ospedale alle 5 con le contrazioni, mia figlia nasce alle 8:40 con parto naturale. Dopodiché… mi lasciano per ore in uno stanzino da sola, in barella, in attesa di essere trasferita in reparto. Accanto a me le aste delle barelle, nessuna finestra e una scopa. Mi sento male, nessuno mi sente. Dopo varie insistenze riesce a entrare mia madre. Avvisa le infermiere del mio malore.

Signora, lei che è vecchia non sa che appena partorito si sta male?

Sì ma io ho già partorito anni fa, sento che qualcosa stavolta non va’. Le mie ultime parole prima di svenire. Mia madre urla, attira l’attenzione del medico di turno. Intervengono d’urgenza, stavo andando in arresto. Sulla cartella non è mai stato riportato nulla. Tutto questo mi è costato due anni di depressione post partum”-

Da sola

Quest’altra mamma arriva in ospedale alle 5, ma la dottoressa le spiega che, essendo primipara, ci vorranno 12 ore, e la rimprovera di smettere di piangere altrimenti avrebbe fatto morire la bambina.

Da sola mi tolgo i pantaloni sporchi di sangue. Resto nuda a piangere e a gridare aiuto. Sento il bisogno di spingere, spingo ed esce la testa.

Viene un’ostetrica che mi dice di aspettare perché si deve mettere i guanti. Dò un’altra spinta e nasce mia figlia, dopo 4 ore.

Non ero felice, mi sentivo umiliata e arrabbiata. Non c’erano altre madri, non c’erano altre nascite quella notte. Il personale voleva dormire.

La discussione continua nel gruppo privato!
Seguici anche su Google News!