Ci sono persone tra noi che negli ultimi tempi si sono ritrovate a scegliere per i propri figli tra un tipo di istruzione più tradizionale e l’outdoor education.

Che non è semplicemente un modello di apprendimento all’aperto: molti istituti, per via della pandemia, soprattutto nelle regioni più calde, si sono attrezzati per svolgere gran parte delle lezioni all’aperto, ma l’esperienza dell’outdoor education non si esaurisce solo in questo; sarebbe limitativo riferirsi a essa come una semplice scuola all’aperto.

Outdoor education: cos’è?

Outdoor education
Fonte: Pixabay

Save the Children spiega che l’espressione significa letteralmente “istruzione all’aperto”, ma questa pratica riguarda tutte le attività educative curricolari ed extracurricolari, che si svolgono a scuola o in enti e associazioni educative.

La pratica nasce in seno all’esperienza degli scout, che svolgono tutte le loro attività all’aria aperta: su questa prassi si è innestato il pensiero del pedagogista John Dewey che ritiene che l’outdoor education rappresenti una relazione in cui gli esseri umani interagiscono con l’ambiente.

Outdoor education, le attività

Sono diverse le attività che si possono svolgere all’aperto. Dal punto di vista curricolare, la scienza è avvantaggiata: biologia e fisica, per esempio, sono due materie che possono trovare molta più semplicità di apprendimento con il contratto con la natura.

Ma ci sono attività che sono anche un po’ meno tradizionali o che presentano un approccio meno tradizionale. Save the Children parla di:

  • yoga all’aperto, per concentrarsi e scaricare la tensione;
  • lezioni di riciclo, per apprendere come tutelare l’ambiente;
  • lezioni di matematica che partono dall’uso guidato del proprio corpo in una sorta di gioco;
  • commistioni tra sport ed educazione civica, in cui partendo da un’attività sportiva si parla di diritti e di lotta alla discriminazione;
  • scienze che si basano sui cambiamenti della natura e che portino anche una riflessione sulla tutela della natura.

Indire sottolinea come tutto ciò che si svolge fuori dalla scuola sia già di per sé un’outdoor education, come per esempio le visite ai musei, alle fattorie didattiche e così via, tutto ciò insomma che metta in relazione l’apprendimento con l’esperienza reale.

L’offerta formativa dell’outdoor education – si legge su Indire – include quindi una numerosa gamma di attività didattiche che vanno da esperienze di tipo percettivo-sensoriale (orto didattico, visite a fattorie, musei, parchi, ecc.) ad esperienze basate su attività sociomotorie ed esplorative tipiche dell’Adventure education (orienteering, trekking, vela, ecc.), a progetti scolastici che intrecciano l’apertura al mondo naturale con la tecnologia (coding, robotica, tinkering, ecc.). Da questo punto di vista non però è sufficiente uscire dall’aula per poter parlare di Outdoor education; infatti, in un’esperienza pedagogica di questo tipo non possono mancare sia l’interdisciplinarità sia l’attivazione di relazioni interpersonali ed ecosistemiche.

Pro e contro dell’outdoor education

Outdoor education
Fonte: Pixabay

Non ci sono svantaggi nell’outdoor education, a meno che non venga praticata nel modo sbagliato. Purtroppo esistono delle grosse resistenze sul tema: non tutti riescono a sradicare dalla propria mente l’idea che l’apprendimento non possa basarsi più profondamente su qualcosa che esula dal restare in classe un tot di ore al giorno. Eppure è bizzarro, dato che una parte dei metodi montessoriano e steineriano sono basati anche su questo.

Secondo Save the Children, i bambini che possono beneficiare dell’outdoor education:

  • possono trascorrere più tempo all’aria aperta;
  • accrescono le capacità sociali;
  • accrescono le competenze consapevoli, messe in correlazione con altro;
  • apprendono dal mondo, a partire dalla propria esperienza.

Outdoor education in Italia

L’outdoor education si sta diffondendo pian piano anche in Italia, sebbene sia nato nei Paesi del nord Europa. In realtà per noi italiani si è trattato anche di una necessità: gli spazi chiusi sono stati spesso off limits durante la pandemia di Covid-19, per cui quegli istituti che sono riusciti a restare aperti, hanno cercato di effettuare quante più attività esterne possibili, in modo da ridurre il rischio di contagio tra i bambini.

E anche ora che si torna a fruire degli spazi chiusi, l’outdoor education resta non semplicemente una valida alternativa all’istruzione tradizionale, ma la più valida possibilità di salvare capra e cavoli: far tornare l’interesse degli studenti per un’istituzione che in questi due anni si è modificata profondamente, permettere un apprendimento meno nozionistico e più profondo ma anche limitare le possibilità di contagio.

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