Le mamme italiane sono tra “le più tristi” d’Europa. A riportare questo allarmante dato è stata una recente ricerca.

Secondo l’Istat, l’Italia si trova in cima alla lista dei Paesi Europei con uno dei divari di genere più ampi in termini di occupazione, con una differenza che raggiunge i 20 punti percentuali. Questo divario non solo persiste, ma si riflette in modo significativo sulla categoria delle madri lavoratrici, che emergono come le più penalizzate da questa disparità. Gli stereotipi di genere, anziché essere smantellati, contribuiscono a perpetuare questa disuguaglianza.

Le cifre parlano chiaro: nel 2023, ben 44 mila neo-mamme hanno presentato dimissioni dal proprio impiego. Questo dato allarmante evidenzia le difficoltà che le madri italiane affrontano nel cercare di bilanciare maternità e carriera lavorativa, spesso poco supportate dai loro partner. La ricerca europea Subjective Well-being and Fertility conferma ulteriormente questa realtà, indicando che le donne italiane sono tra “le più tristi” in Europa, in gran parte a causa del “poco tempo per sé” che possono permettersi.

Le pressioni sociali e culturali che gravano sulle madri lavoratrici sono spesso opprimenti. Si presume che una madre debba essere in grado di gestire perfettamente sia il ruolo di genitore che quello di lavoratrice senza compromessi, una aspettativa irrealistica che genera stress e frustrazione.

Inoltre, la mancanza di politiche e servizi di sostegno adeguati per le madri lavoratrici in Italia rende ancora più difficile conciliare lavoro e famiglia. La carenza di asili nido a prezzi accessibili e di servizi di assistenza all’infanzia impedisce alle donne di tornare al lavoro in modo pieno e soddisfacente dopo la maternità.

Pregiudizi ancora radicati: come combatterli

In Italia, il 51% delle persone lega indissolubilmente la cura della famiglia alle donne. C’è una sorta di mentalità radicata che vede le donne come le principali custodi della casa e dei figli. Questa percezione, seppur antiquata, continua a influenzare le decisioni personali e professionali delle donne italiane, che si sentono costrette a scegliere tra la famiglia e la carriera.

A questo si aggiunge il concetto del “maternal wall“, una barriera invisibile che impedisce alle madri di avanzare nelle proprie carriere a causa della discriminazione sul posto di lavoro. Questa discriminazione può manifestarsi in vari modi, dal mancato avanzamento di carriera alle disparità salariali. Le madri lavoratrici sono spesso penalizzate sul lavoro a causa di gravidanze passate, presenti o future, perché hanno preso uno o più congedi di maternità o perché hanno scelto lavori part-time o flessibili per conciliare meglio famiglia e lavoro.

Secondo Alessandra Minello, ricercatrice in Demografia all’Università di Padova, è essenziale smantellare il mito della maternità nel nostro Paese. È necessario ripensare al ruolo delle donne nella nostra società e cercare un nuovo modello che promuova la parità di genere e il benessere delle famiglie.

Un’ispirazione preziosa può venire dall’esempio di altri Paesi, come Norvegia e Finlandia, che si distinguono per essere in testa alle classifiche in termini di qualità della vita per le donne. Sono necessarie politiche in grado di favorire la conciliazione famiglia-lavoro, congedi di paternità e maternità più lunghi e retribuiti, servizi per l’infanzia accessibili e di alta qualità, nonché parità salariale e opportunità di carriera per entrambi i sessi.

La cultura, sostiene Minello, cambierà solo con un miglioramento delle condizioni strutturali. È necessario un intervento a livello politico e sociale per creare un ambiente favorevole che permetta alle donne di conciliare la maternità con la carriera senza dover sacrificare uno a favore dell’altro.

La discussione continua nel gruppo privato!
Seguici anche su Google News!