Chi dice che fare il genitore sia il lavoro più difficile del mondo, in fondo, non ha torto. Lungi dal voler giustificare frasi tremende come “se non sei genitore non puoi capire” o “non sai cosa significhi davvero essere stanchi/e”, vero è, però, che essere mamme o papà porta un carico di impegni davvero enorme, e che la pandemia ha, se possibile, peggiorato in molti casi situazioni già precarie e complicate, soprattutto per le mamme, che spesso e volentieri sono ancora le sole a farsi carico delle incombenze domestiche, figli compresi.

A dirlo non siamo noi, ma un sondaggio condotto da Savanta ComRes all’inizio di quest’anno, che ha rilevato che il 45% dei genitori si senta esaurito; un altro studio dell’università di Oxford ha invece dimostrato che, proprio a causa del lockdown e della pandemia, i livelli di stress, ansia e depressione nei genitori siano aumentati.

Questa situazione si può definire come parental burnout, un vero e proprio corto circuito che interessa le mamme e i papà e che, a livello psicologico, può avere conseguenze anche molto importanti.

Cos’è il parental burnout?

Identificato per la prima volta nei primi anni ’80 dalle ricercatrici di psicologia belghe Isabelle Roskam e Moïra Mikolajczak, il parental burnout è stato descritto come “una sindrome da esaurimento, caratterizzata dal sentirsi sopraffatti fisicamente e mentalmente” riscontrabile nei genitori.

Sarah Naish del Center of Excellence in Child Trauma spiega al Guardian che, se nella gran parte dei casi prendersi cura dei bambini possa essere fisicamente stancante, nei genitori in burnout si verifica un vero e proprio esaurimento, così grave che i genitori iniziano a sentire il bisogno di prendere le distanze dal loro bambino.

Il nostro cervello è bravo a proteggerci, e quando c’è una situazione di stress molto forte avviene un cambiamento fisiologico nel cervello per cercare di alleviare quello stress. Ecco perché un modo comune in cui possiamo identificare il burnout è quando un genitore descrive i sentimenti di terrore che prova quando vede o sente avvicinarsi il bambino.

Le cause del parental burnout

Alla base del parental burnout, come detto, c’è una situazione di forte stress, una condizione mentale labile e fragile che fa sentire i genitori letteralmente oppressi e li spinge ad allontanarsi dai figli.

Sempre su The Guardian, la terapeuta familiare Michelle Qureshi spiega che è un fenomeno sempre più crescente:

Quello che sento nelle mie sessioni sono i genitori è che cercano costantemente di dare il meglio ai loro figli, lavorano molte ore intensamente, badano alla casa, cercano di avere una vita sociale. Hanno un’enorme pressione sociale e si paragonano spesso fra loro, e la cosa può peggiorare se si è un genitore single.

Il parental burnout e il Covid-19

A peggiorare le cose, inesorabilmente, ha contribuito la pandemia; i gravi problemi finanziari che il lockdown e l’emergenza sanitaria hanno causato a molte famiglie non hanno fatto altro che aggiungersi alla gestione dei genitori, causando un’ulteriore fonte di stress.

Senza contare che, proprio a causa delle restrizioni e della didattica a distanza, moltissimi genitori si sono trovati a condividere coi figli 24 ore su 24, spesso dovendo rinunciare – soprattutto nel caso delle mamme – alla propria occupazione per seguirli fra le mura domestiche o per poter garantire loro una presenza.

Le ripercussioni psicologiche sono state tanto forti che, secondo il quadro fornito dall’American Psychological Association, da inizio pandemia a oggi sono ben 8 su 10 i genitori che affermano di soffrire di forti sentimenti di stress emotivo legati al Covid-19 e alla situazione attuale.

Parental burnout: 12 segnali a cui stare attenti

Lo sviluppo della sindrome del parental burnout sembra essere speculare a quella del burnout professionale; tre, infatti, gli elementi fondamentali presenti in entrambe:

  • la sensazione di perdita di energie sufficienti per svolgere i compiti quotidiani.
  • il distacco emotivo nei confronti dei figli, che avviene con un meccanismo automatico di difesa. Avendo esaurito le risorse il sistema porta a ridurre la capacità empatica, la capacità di esserci, di trascorrere del tempo di qualità con i figli.
  • lo sviluppo della sensazione di non essere un buon genitore.

Anche per quanto riguarda i sintomi, quelli del burnout professionale e di quello genitoriale si assomigliano, e sono piuttosto chiari; su tutti, quelli a cui prestare più attenzione sono:

  • sintomi depressivi;
  • lamentele somatiche;
  • disturbi del sonno;
  • dipendenza da sostanze.

Il parental burnout è però associato in modo più forte, rispetto a quello lavorativo, a idee di fuga, abbandono del bambino e a comportamenti negligenti e violenti nei confronti dei figli (Mikolajczak et al., 2018). Accanto a questi disturbi potrebbe comparire, fortissimo, anche il senso di colpa, per aver sgridato eccessivamente i bambini, per il fatto di sentirsi inadeguati al ruolo o per il desiderio di scappare dalla situazione.

A livello fisico, invece, i segnali più evidenti sono:

  • mal di testa/emicrania;
  • problemi gastrointestinali, difficoltà cardiovascolari;
  • perdita/aumento di peso;
  • cambiamenti nel comportamento;
  • distacco emotivo (si smette di provare piacere nel fare i genitori);
  • perdita di produttività (si avverte un senso di inefficienza nello svolgimento delle normali attività quotidiane).

Il parental burnout pare interessi tra il 2% e il 12% della popolazione europea, e il 18% di madri sarebbero a rischio sindrome.

Come uscire dal parental burnout

Il primo consiglio è, ovviamente, quello di non provare vergogna nel rivolgersi a uno specialista che può aiutare, con la terapia, a superare il momento; ma ci sono anche piccole strategie attuabili fra le mura domestiche per evitare il parental burnout, o uscirne. Ad esempio:

1. Migliorare l’organizzazione familiare

È importante stabilire delle routine nel corso della giornata, coinvolgendo anche i bambini attivamente, delegando loro compiti stimolanti e adatti all’età. Fondamentale è anche la cooperazione tra genitori, ad esempio negli aiuti per i compiti.

2. Auto-accettazione

Nessun genitore è perfetto, tutti commettiamo errori, e comprendere e accettare questa verità è il primo passo per non sentirsi sotto pressione se le cose non vanno esattamente come si erano pianificate nella nostra testa.

3. Cura di sé

Un genitore non smette di essere una persona solo in virtù del suo ruolo: riappropriatevi delle vostre passioni, ritagliatevi del tempo per voi, per un po’ di allenamento, per una seduta dall’estetista o dal parrucchiere, per sentirvi bene. Non fa di voi un cattivo genitore.

4. Chiedere aiuto

Non c’è nessun imbarazzo nel chiedere aiuto a parenti, amici, o rivolgersi alle baby sitter all’occorrenza. Per questo è importante anche coltivare le amicizie con altri genitori, evitando di isolarsi.

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