Gender reveal party: i rischi di una festa (legittima) che può farci fare passi indietro
Il gender reveal party è una festa di annuncio del genere del nascituro, oggi oggetto di parecchie critiche e qualche limite: ecco quali.
Il gender reveal party è una festa di annuncio del genere del nascituro, oggi oggetto di parecchie critiche e qualche limite: ecco quali.
Ecco cosa sono i gender reveal party e i motivi per cui oggi potrebbero risultare poco in linea con i messaggi di diversity che la nostra cultura sta cercando di veicolare con sempre più forza.
Il gender reveal party è una festa organizzata durante la gravidanza allo scopo rivelare il sesso del nascituro ad amici e parenti, e spesso anche ai futuri genitori. In quest’ultimo caso, sarà quindi una terza persona, che avrà preso visione della documentazione medica che attesta il sesso del feto, a prendere in carico l’organizzazione della festa.
Si distingue dal baby shower, anche se spesso quest’ultimo viene inserito nel gender reveal party, che rappresenta invece una festa, generalmente organizzata nell’ultimo periodo della gestazione, in cui la futura mamma celebra il momento gioioso che verrà con amiche e persone care, che le portano in dono regali e oggetti per il nascituro, in un ambiente addobbato a festa di norma con uno dei due colori associati ai due generi, rosa o azzurro.
La tradizione nasce negli Stati Uniti a fine anni Duemila ad opera dalla blogger Jenna Karvunidis, che, documentandola attraverso il suo blog, ha così dato avvio a quello che negli anni a venire sarebbe presto diventato un vero must. In quell’occasione, la donna ricorse a uno dei metodi più utilizzati di rivelazione del sesso, ossia una torta dalla glassa rosata, per annunciare la nascita di Bianca, la sua primogenita.
Il gender reveal party, come vedremo meglio in seguito, ha però negli anni raccolto parecchie critiche, in particolare dalla comunità transgender e intersex, per via della sua tendenza a rafforzare gli stereotipi di genere, essendo basato sul classico binarismo di genere maschile-femminile, che esclude inevitabilmente le identità di genere non binarie.
La stessa Karvunidis, nel 2019, si è detta dispiaciuta per aver contribuito a diffondere la tendenza, che si mostra poco rispettosa delle diversità e continua a perpetuare il binarismo di genere e una società basata sulla cisnormatività.
La donna, inoltre, ha anche annunciato che la figlia, a cui era stato dedicato il primo gender reveal party, si riconosce oggi in un individuo gender-nonconforming e indossa abiti maschili, pur identificandosi come una femmina e utilizzando i pronomi identificativi she/her.
Questo è quello che ha dichiarato in merito la blogger sui limiti di questa festa, nata in origine come un vento celebrativo di un momento pieno di gioia:
Ora però penso che il tutto non sia affatto bello. Il problema è che enfatizzano troppo un aspetto di una persona. Ho avuto altri due figli dopo Bianca, ma non ho mai avuto un altro gender reveal party. Segretamente, quando ero incinta di Bianca, volevo una bambina. Ma non è che volessi vestirla in tutù. La cameretta era blu e gialla. La stanza dei giochi era tutta di colori primari. […] Ma il mio pensiero sul genere è davvero cambiato con la mia seconda figlia, che è piuttosto femminile. La mattina di Natale, quando aveva tre anni, ha aperto un set di Lego in colori primari e si è messa a piangere. Ha detto: “Babbo Natale mi ha portato un giocattolo da maschio”. Pensava che, siccome non erano rosa, non fossero per lei. È stato allora che mi sono detta: “Sai una cosa? Qualcosa deve cambiare”. C’è una tale ossessione per il genere che diventa limitante in molti modi e sfruttatrice in altri. Non voglio che quello che si ha tra le gambe guidi il cammino di una persona. Voglio che i miei figli crescano in un mondo dove il genere non conta.
Come anticipato, l’obiettivo di questa festa è rivelare il sesso del feto, quindi il momento topico in essa è rappresentato da un evento in cui si crea suspense per poi annunciare a tutti i presenti – spesso anche a genitori compresi – se il nascituro sarà maschio o femmina, il tutto ovviamente con il ricorso a oggetti e modalità che sfruttano i due colori identificativi del genere per eccellenza, il rosa e l’azzurro, appunto.
A differenza del baby shower, di norma indirizzato a un pubblico femminile – le amiche e parenti donne della futura mamma – in questi tipi di eventi non ci sono restrizioni di genere né limiti di partecipanti.
Il momento clou del gender reveal party è appunto la rivelazione, che può avvenire in differenti modi e attraverso una gamma infinita di idee creative finalizzate a regalare emozione e creare attesa e suspense tra tutti i partecipanti. In genere questo è anticipato da giochi di festa e momenti ludici di vario tipo, con tanto di ricchi banchetti, in preparazione dell’atteso annuncio finale.
La più tradizionale, ma non per questo meno emozionante, delle rivelazioni è l’annuncio tramite il taglio della torta: in genere l’interno del dolce viene farcito con una glassa rosa o azzurro, quindi, una volta tagliata, la torta rivelerà a tutti se quello in arrivo sarà un maschietto o una femminuccia.
Ma nel corso degli anni, i futuri genitori hanno dato libero sfogo a una creatività senza limiti e sono ricorsi a pirotecnici espedienti per rivelare il sesso del loro nascituro: dal lancio di palloncini a quello di coriandoli o pignatte, fino al fumo colorato o a fuochi d’artificio, ovviamente tutti del colore associato al sesso.
Ma non è finita qui, perché in alcuni casi le scenografiche tecniche utilizzate sono state anche ben più complesse e pericolose, tanto da creare danni a persone o all’ambiente: si sono infatti verificati episodi gravi, come incendi o addirittura la morte di alcune persone, per via dello scoppio di petardi e fuochi di artificio o il ricorso ad aeroplani che annunciavano il sesso del bambino dipingendo nel cielo una scia colorata.
Situazioni che hanno indubbiamente contribuito a guardare con maggiore sospetto questa pratica, che negli anni pare essersi allontanata non poco dall’intento originario di momento celebrativo e occasione di condivisione con le persone care per l’arrivo imminente del lieto evento.
Come abbiamo visto, non sono poche le critiche tratteggiate fino a qui, che senza dubbio mettono in luce contraddizioni e limiti di una tradizione nata in origine con il solo scopo – legittimo e tutt’altro che irrilevante – di festeggiare una nuova vita in arrivo.
Sebbene appunto nelle intenzioni questa sia e rimanga un’occasione celebrativa di gioia, non possiamo non constatare come la società attuale sia ben più sensibile alla questione dell’identità di genere, come in molti si stiano battendo per renderla maggiormente inclusiva – e non senza rischi, problemi e infinite difficoltà – e favorire la libertà di espressione di ogni individuo, libertà che passa prima di tutto attraverso la possibilità dell’affermazione di sé e del proprio genere.
Oggi, queste tematiche sono potenti e urgenti, non più del tutto invisibili, fortunatamente, ed è bene tenerne conto per compiere gesti che vadano nell’ottica del rispetto di questi cambiamenti, li agevolino senza bloccarne l’avanzata, andando a confermare i soliti stereotipi che da anni combattiamo e che ci impediscono di vivere una società equa, che accolga ogni voce, ogni diversità e smetta di discriminare.
Prima di tutto, ad esempio, sarebbe bene soffermarci su un primo dettaglio, apparentemente insignificante ma molto importante: la scelta di chiamarlo gender, genere, al posto di utilizzare una parola che sarebbe decisamente più consona, sesso. Quello che si va a rivelare non è infatti il genere, ma il sesso, una caratteristica biologica determinata e precisa, dettata dalla natura, e certo, alla luce di quanto abbiamo appena spiegato, non si può pretendere di avere il diritto di determinare a priori ciò che ancora non lo è, ossia un’identità di genere individuale, impossibile da determinare medicalmente, perché spetta alla libertà di autodeterminazione, autoaffermazione ed espressione del nuovo essere che nascerà.
La distinzione tra sesso e genere è chiara e lampante, ma ancora oggi la società cisnormativa ed eteronormata in cui viviamo ci porta a confondere i piani, creando ulteriori danni culturali e rallentando quel cambiamento urgente che si sta fortunatamente affacciando con sempre maggiore concretezza nei nostri orizzonti, culturale e sociali.
Oltre a questo, poi, basandosi sempre e solo su quel binarismo di genere che riconosce le sole due cateogorie di maschio e femmina, si va ad escludere a priori che il bambino possa essere biologicamente intersessuale, una cosa che si verifica circa 1 volta su 4500-5500 nascite.
In definitiva, le feste per la rivelazione del genere finiscono per rafforzare l’essenzialismo di genere, precludendo e minimizzando l’identificazione transgender, con conseguenze importanti sulla salute mentale ed emotiva e la vita di relazioni dei soggetti gender-nonconforming, meno liberi di esprimersi e di vivere una vita piena, autentica e rispettosa della propria volontà e identità.
Vi è da dire al tempo stesso che la nascita di un figlio, spesso un momento tanto sperato che arriva dopo anni o mesi di fatica, dolore e frustrazione, merita di essere festeggiato. Ciò che l’opinione pubblica dovrebbe iniziare a percepire è che il ricorso a stereotipi di genere solo apparentemente innocui e poco rilevanti – come ad esempio la genderizzazione dei colori rosa-azzurro – ha delle enorme conseguenze dal punto di vista culturale, e che una società cisnormativa non è e né deve essere la norma, un punto di partenza fondamentale per iniziare a festeggiare una nuova vita che nasce, che avrà l’onore di vivere in una società che ha a cuore più la sua libertà, che il colore del fiocco che comparirà sulla porta di casa.
Amante dei cani, delle foglie d'autunno, dei tetti di Parigi e della pizza. Scrivo da sempre e credo nel potere delle parole. Amo la musica, i cieli azzurri e i giorni di sole.
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