Siamo abituati a pensare il rapporto tra genitori e figli come una dinamica basata sul rispetto dei più piccoli verso gli adulti, che li educano bilanciando punizioni e premi. E se non fosse così? Se fossero i genitori ad abbassarsi – letteralmente – alle esigenze dei piccoli per educarli attraverso rispetto ed empatia, insegnando loro a gestire le proprie emozioni? È quello che si promette di fare il gentle parenting. Ecco cosa è e come funziona concretamente.

Gentle parenting: cos’è e cosa significa

Il gentle parenting, in italiano genitorialità gentile, è uno stile genitoriale che si basa su quattro elementi principali:

  • empatia;
  • rispetto;
  • comprensione;
  • confini.

Si concentra sulla promozione delle qualità dei bambini cercando di essere empatici, ma allo stesso tempo imponendo limiti sani e coerenti.

A differenza di alcuni metodi genitoriali più indulgenti, i genitori gentili incoraggiano una disciplina adeguata all’età, lavorando insieme come una famiglia per insegnare ai propri figli a esprimere i propri sentimenti in un modo socialmente accettabile e adeguato all’età.

L’obiettivo del gentle parenting è crescere figli sicuri, indipendenti e felici.

I principi del gentle parenting

I modelli educativi tradizionali si concentrano generalmente su un’alternanza di punizioni e ricompense. Quando un bambino fa qualcosa di buono o mostra un buon comportamento, viene ricompensato con attività divertenti, giochi, dolci e feedback positivi. Se fa qualcosa di brutto, però, riceve una punizione: quale tipologia dipende dallo stile genitoriale.

Invece di concentrarsi sulla punizione e sulla ricompensa, il gentle parenting si focalizza sul miglioramento dell’autocoscienza e della comprensione del proprio comportamento da parte del bambino. Non solo: questo approccio ha lo scopo di aiutare i bambini a sentirsi compresi, insegnando loro anche come affrontare le proprie emozioni.

Approcciarsi alle situazioni in maniera “gentile”, infatti, significa mostrare empatia e rispetto per il modo in cui si sente il bambino, dandogli la possibilità di elaborare il proprio comportamento e ritenersi responsabile. Rimanere calmi non è solo funzionale a questo aspetto, ma anche un modo per dare ai piccolo lo spazio per riconoscere il modo in cui i genitori rispondono al conflitto e dare loro l’opportunità di cambiare il proprio comportamento.

Una parte importante di questa strategia è creare aspettative in anticipo, sia spiegando al bambino cosa accadrà, sia pianificando come rispondere se mostra un comportamento negativo e individuando modi in cui è possibile gestire queste situazioni “di crisi” pacificamente.

Come gestire le situazioni: alcuni esempi

Supponiamo, ha spiegato la pediatra Karen Estrella a Cleveland Clinic che un genitore si stia preparando per andare al lavoro. Deve accompagnare il figlio a scuola o all’asilo lungo la strada, ma sta facendo i capricci. Il genitore è preoccupato di poter arrivare in ritardo al lavoro e la sua pazienza si sta esaurendo.

In questo scenario, uno stile genitoriale tradizionale si tradurrebbe in un rimprovero, talvolta in urla, violenza verbale o fisica. In questo caso, il comportamento del bambino potrebbe effettivamente interrompersi, ma non perché ha capito la situazione. Per questo motivo, è probabile che in un’altra occasione ripeta quello che ha fatto.

I bambini non sempre capiscono che quello che stanno facendo è sbagliato. Smettono semplicemente di comportarsi perché hanno paura. Non capiscono davvero perché dovrebbero interrompere quel comportamento a meno che tu non spieghi perché,

spiega la dottoressa Estrella.

Un approccio “gentile” sarebbe mantenere la calma e, invece di urlare o iniziare a rivolgersi al bambino in maniera negativa, il genitore porrebbe fermarsi e raggiungere il bambino, abbassandosi all’altezza degli occhi e parlando con calma: «ti accompagno a scuola e poi vado a lavorare. Dobbiamo partire in orario. Mi aspetto che tu sia pronto con le scarpe alla porta quando sarò pronto per partire. Se non sei pronto, arriveremo entrambi in ritardo e io mi arrabbierò». Un altro approccio potrebbe essere quello di dire: «quando non ti prepari in tempo, questo ferisce i miei sentimenti e mi rende ansioso».

Vediamo un altro esempio, da una situazione in cui i genitori si trovano spessissimo: il bambino che implora, piange o si arrabbia per avere un giocattolo o durante un normale viaggio al supermercato. Anche in questo caso, è possibile agire preventivamente, parlando con il bambino ancor prima di andare a fare la spesa e spiegando la situazione chiaramente, dicendo qualcosa tipo:

Adesso andiamo al negozio e potremmo vedere cose che potrebbero davvero piacerci e che vorremmo comprare. Però faremo la spesa per cena e se vuoi posso aiutarti a scegliere uno spuntino che ti piace per la scuola.

Al negozio, se il bambino figlio inizia a chiedere insistentemente articoli e magari a “fare i capricci” per averli nonostante il rifiuto, è importante abbassarsi alla sua altezza, guardarlo negli occhi e fargli capire che sappiamo cosa prova, accogliendo le sue emozioni e dando loro un nome, ma rimanendo fermi sul limite che abbiamo imposto, cercando di riportare la sua attenzione sullo snack promesso in modo da dargli un po’ di libertà e responsabilità.

Vedo che vuoi davvero questo nuovo giocattolo, sembra davvero divertente e ha senso che tu lo voglia. Oggi non compreremo nuovi giocattoli. (pausa) So che è frustrante… (pausa). Avevamo detto che avresti potuto scegliere uno snack, vuoi che ti aiuti a sceglierlo o preferisci fare da solo?

Come si comporterebbe, invece, un “gentle parent” di fronte a un bambino che non vuole smettere di utilizzare il tablet e prepararsi per la cena? All’inizio, potrebbe dire qualcosa come

So che vuoi davvero continuare giocare ai videogiochi… è ingiusto che tu debba smettere. A volte, anch’io vorrei fare quello che mi piace ma non sempre possiamo. Vuoi aiutarmi a preparare la tavola o vuoi [fare un’attività adatta all’età e allo sviluppo evolutivo del bambino]?

Se si rifiuta di spegnere il tablet, può essere il momento di impostare un confine più severo e dire:

Il tempo dell’iPad è finito. So che è difficile porre fine alle cose divertenti. Posso spegnerlo per te o puoi spegnerlo da solo.

Se continua a rifiutare, il genitore può spegnere lui stesso l’iPad e dire:

Sembra che fosse stato troppo difficile spegnerlo. Lo farò per te questa volta.

I limiti del gentle parenting

Il gentle parenting è uno stile educativo che può avere grandi benefici per i bambini, che possono vedere dei genitori delle figure autorevoli (e non autoritarie) che li comprendono e gli insegnano a gestire le proprie emozioni dandogli dei limiti sani e coerenti.

Allo stesso tempo, però, non è un metodo facile da applicare, perché richiede tantissimo tempo e tantissima pazienza, due fattori che non tutti i genitori hanno. Soprattutto, però, richiede di decostruire molti degli schemi di funzionamento con cui siamo cresciuti, un approccio che non tutti riescono a gestire.

Essere un genitore “gentile”, soprattutto, richiede essere in contatto con le proprie emozioni, così da poter aiutare i figli a gestire le proprie sia attraverso l’esempio sia insegnando loro a sperimentarle e controllarle.

Anche se ci sono manuali su come comportarsi in alcune situazioni secondo i principi del gentle parenting, infine, spesso è un processo che si basa più che su tentativi, errori e nuovi tentativi che su una strategia prestabilita da seguire.

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