Esiste un sistema di sorveglianza ostetrica sulla mortalità materna: ecco i dati

Con 9 morti ogni 100.000 nati vivi, l’Italia si attesta tra i Paesi con il più basso indice di mortalità materna in Europa, sullo stesso livello di Olanda, Francia e Gran Bretagna. Merito anche del sistema di sorveglianza creato nel 2008, e responsabile di indagini accurate e funzionali al tracciamento delle cause e delle criticità connesse ai casi di mortalità.

A partire dal 2008, il servizio sanitario italiano può fregiarsi di uno strumento d’eccezione: l’ItOSS – Italian Obstetric Surveillance System, un sistema di sorveglianza ostetrica che si propone di raccogliere dati e informazioni utili sulla mortalità e sulla morbosità materna grave.

Dal 2017, il sistema, coordinato dall’Istituto superiore di sanità (ISS), si avvale anche della collaborazione di 13 Regioni, ossia: Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Marche, Toscana, Lazio, Campania, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna.

Il quadro emerso nel corso di questi primi anni di indagine risulta, al momento, positivo. Vediamone i dettagli.

I dati raccolti dall’ItOSS

In base all’ultimo rapporto del sistema di sorveglianza ItOSS, in Italia si stima che i decessi materni siano pari a 9 ogni 100.000 nati vivi. Un dato che pone il nostro Paese perfettamente in linea con i rilevamenti effettuati nei Paesi europei maggiormente avanzati, tra cui l’Olanda e alcune nazioni del Nord Europa.

Nonostante la mortalità materna abbia incontrato una drastica diminuzione, in Europa, dal 1930 agli anni Ottanta – quando si è assestata a livelli stazionari –, risulta, tuttavia, ancora fortemente necessario monitorarne l’andamento.

L’importanza di un sistema di sorveglianza come quello in vigore risiede, infatti, nella sua capacità di tenere traccia dei casi di mortalità, eludendo, in questo modo, sia il problema dell’“underreporting”, ossia la sottostima degli episodi verificatisi (nel 2008, era pari al 60%), sia la mancata identificazione delle cause e delle criticità clinico-assistenziali e organizzative correlate.

Per sopperire a tali difficoltà, quindi, l’ItOSS ha deciso di basare il proprio modello di intervento su due azioni principali: la prima consiste nel monitoraggio effettuato con il “record-linkage”, che offre la possibilità di una retrospettiva mediante il controllo incrociato della banca dati relativa ai casi di mortalità e delle schede di dimissione ospedaliera; la seconda, invece, è un’attività prospettica che, basandosi sul modello inglese della “confidential enquiry”, opera una sorveglianza attiva attraverso la segnalazione, la disamina e la discussione dei diversi episodi registrati, prendendo in considerazione i luoghi di ricovero, privati e pubblici, delle Regioni coinvolte.

Come dichiara Serena Donati, responsabile del sistema di sorveglianza:

La mortalità materna è in Italia un fenomeno raro, che, d’altra parte, non è possibile azzerare neppure nei Paesi socialmente avanzati dotati di un buon sistema sanitario, proprio come quello italiano. Ciò che possiamo fare, e lo stiamo già facendo, è monitorare attentamente il fenomeno per individuare le principali cause di morte e morbosità materna, e aiutare così i professionisti sanitari a ridurre gli eventi evitabili.

In base alle indagini approfondite condotte dall’ItOSS, infatti, si stima che circa il 45,5% delle morti possa essere prevenibile, e l’assistenza migliorabile. Il dato – 9 morti su 100.000 nati vivi – è, tuttavia, positivo, e, come accennato, si allinea al medesimo livello degli altri Paesi europei più avanzati (con Regno Unito e Francia che registrano un rapporto di mortalità materna pari a 10 morti ogni 100.000 nati vivi).

Cause della mortalità materna e prospetti

Mother and son
Fonte: Pexels

Ma quali sono le cause principali della mortalità materna? Il Rapporto Nazionale dell’ItOSS, in questi oltre dieci anni di ricerca, ha individuato una serie di fattori di rischio.

Tra questi, il più frequente risulta essere l’emorragia post-partum (soprattutto in seguito a un parto cesareo), la quale, però, a 10 anni dall’avvio del “bundle” di azioni finalizzate a prevenire le morti evitabili, ha visto una diminuzione di incidenza da 2,49/100.000 nati vivi a 0,77/100.000 nati vivi in seguito al 2018.

A seguire, tra le principali cause di mortalità materna, si annoverano: disordini ipertensivi (19,1%); la tromboembolia (8,7%); casi di sepsi materna (responsabile del 10,7% delle morti in tutto il mondo, tra il 2003 e il 2009) e di eclampsia; l’età uguale o superiore ai 35 anni; l’aver subito, nelle gravidanze precedenti, un taglio cesareo o subirlo nella gravidanza in atto (86%); un basso livello di istruzione; la mancata cittadinanza italiana (21%); obesità (32,8%); e, infine, l’influenza (che ha causato cinque decessi segnalati tra il 2013 e il 2017, in donne prive di vaccinazione) e suicidi (tra i 43 giorni e un anno dal parto).

A tali fattori di rischio si affiancano, poi, alcune criticità di rilievo, come: una mancata comunicazione adeguata tra i professionisti del personale sanitario; la sottostima della gravità delle problematiche; ritardi nella diagnosi; e trattamenti non appropriati.

Per ovviare a tali, e numerose altre, difficoltà, l’ISS ha, dunque, deciso di intraprendere una serie di azioni destinate al miglioramento dell’assistenza e della prevenzione dei casi di mortalità e di morbosità. Tra queste spiccano, in particolare:

  • Un corso di formazione gratuito e a distanza sulla gestione, e prevenzione, dell’emorragia post-partum;
  • Un corso di formazione sui disturbi ipertensivi;
  • La creazione di linee guida “evidence based” per la prevenzione e il trattamento dei casi di emorragia;
  • La realizzazione di raccomandazioni di buona pratica clinica volte alla diagnosi tempestiva e adeguata di condizioni critiche, come la sepsi, nonché indicazioni approfondite circa la riproduzione assistita e l’importanza del ricorso al vaccino antinfluenzale in gravidanza.
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