"Sei un'ostetrica! Come fai a guardarti allo specchio quando aiuti una donna ad abortire?"

Le donne sono davvero libere di abortire? E come sono viste le ostetriche che aiutano le donne a praticare l'interruzione di gravidanza? Questo post ci rivela che siamo ancora molto lontani/e dall'avere un diritto, quello all'aborto, davvero acquisito

Le donne sono davvero libere di abortire?

Questo post, pubblicato sulla pagina Instagram Libera di abortire, offre un resoconto lucido e analitico su quanto sia davvero difficile, per molte donne, avere accesso a quello che dovrebbe essere un diritto garantito, grazie alla legge 194, a tutti gli effetti, e che spesso invece incontra molti ostacoli burocratici, etici e morali, legati, ad esempio, alla presenza di medici obiettori negli ospedali.

Soprattutto, descrive anche la condizione di chi è dall’altra parte, ovvero delle ostetriche, che vengono giudicate secondo un doppio standard nel caso in cui facciano nascere i bambini e in quello in cui, invece, aiutino una donna a interrompere una gravidanza.

Visualizza questo post su Instagram

Un post condiviso da Libera di abortire (@liberadiabortire)

Quando sei l’ostetrica che fa nascere i bambini, tutti si ricorderanno di te. Ti fermeranno per strada e ti saranno eternamente riconoscenti: sei quella che hai aiutato a dare la vita.
Ma quando sei l’ostetrica che strumenta una IVG chirurgica o somministra l’#RU486? Ti eviteranno per strada? Si vergogneranno incrociando il tuo sguardo?
Quando scegli di assistere le donne che abortiscono, come sei trattata? Come ti guardano gli altri?

Mi sono sentita dire da colleghe ‘Come ti guarderai allo specchio?’ oppure ‘Perché hai scelto ostetricia?’ e per finire ‘Io credo che ognuna debba scegliere liberamente, nel senso per me la donna sul suo corpo fa ciò che vuole, ma io non lo farei mai… Insomma io non voglio assistere alle IVG!’.
Per scegliere liberamente credo che si debba avere ben chiare tutte le opportunità, ma se non te le spiega nessuno? Se non trovi nessuno che ti appoggi una volta in #consultorio o in ospedale? E se trovi intere équipe di obiettrici e obiettori? E se devi umiliarti, spostarti da una regione all’altra nella speranza di trovare ostetriche e medici non obiettori?

Sei davvero libera di scegliere di abortire?
Ti rispondo da studentessa di #Ostetricia: no non lo sei.
Non lo sei perché molte di noi non imparano a strumentare l’#IVG chirurgica da ferriste.
Non lo sei perché se scegli di abortire in ospedale ti senti sola, relegata in una stanzetta, nella quale molto probabilmente non entrerà nessuno.
Non lo sei perché in molti ospedali i primari lasciano che le associazioni Pro-Vita attacchino i loro manifesti sulle bacheche e ti facciano sentire in colpa.
Non lo sei perché, nonostante la tua sia una scelta ben ragionata e strutturata, ostetriche e specializzandi cercheranno di farti cambiare idea in ogni modo, alzando per esempio il volume dell’ecografo per farti sentire il battito.
E se tu, studentessa, scegli di assistere una donna che ha scelto di abortire, i medici anestesisti risponderanno a te, che comunichi loro ‘la paziente in camera X ha dei dolori allucinanti, cosa le posso portare?’, ‘Mah dopo l’abominio che ha scelto di praticare, basta un paracetamolo!.

Quindi NO, se te lo stai chiedendo. Non sei #liberadiabortire.

Il clima di pregiudizio, di critica e di condanna verso le donne che scelgono, per i motivi più disparati, di non portare a termine una gravidanza, è il motivo stesso per cui queste donne vivono ancora uno stigma così grande, e quello per cui, anche in un Paese come il nostro, il diritto all’aborto è perennemente messo in discussione (si veda quanto recentemente messo in atto dalla giunta leghista umbra, guidata da Donatella Tesei, che ha dato lo stop all’aborto farmacologico), nonostante dovrebbe essere ormai assodato, in virtù di quella legge promulgata ormai 43 anni fa.

Offrire la libertà di scelta a una donna rispetto alla gravidanza, e quindi al proprio corpo, non significa necessariamente che ogni donna ne farà uso, almeno una volta nella vita, ma solo che si possono offrire strumenti di protezione e di cura adeguati a chi invece si trova ad affrontare una IVG, senza costringerla a rivolgersi alla clandestinità o alle mammane, come accadeva un tempo.

La discussione continua nel gruppo privato!
Seguici anche su Google News!