Il lutto perinatale è uno degli eventi più dolorosi e devastanti che una coppia possa trovarsi a dover affrontare; è un dramma che non si supera, che comprende davvero solo chi ci è passato, ma che ancora oggi, purtroppo, non ha la rilevanza che meriterebbe, che è spesso sottovalutato o considerato come un lutto “inferiore”.

Ne è un esempio il caso di Ligabue, che in una vecchia intervista per Vanity Fair ha parlato della perdita di tre figli per aborti spontanei subiti dalle compagne, la prima moglie Donatella e l’attuale moglie, Barbara, accennando anche al fatto che queste perdite siano percepite quasi come “lutti minori” dalla società.

Le storie delle donne che perdono un figlio per aborti spontanei, o che partoriscono bambini senza vita sono toccanti, e invitano davvero a riflettere e a rimettere in discussione il fatto che, in ogni caso, sia un lutto a tutti gli effetti, e come tale vada rispettato.
Con il silenzio, se proprio non si è in grado di dire parole, ma soprattutto senza alcun giudizio.

Proprio per accogliere le dolorose testimonianze delle donne che hanno attraversato un momento tanto terribile, per ascoltarle e per aiutarle con il sostegno psicologico è nata l’associazione CiaoLapo, una onlus presente in 17 regioni italiane, gestita da volontari che si occupano soprattutto della prima accoglienza della mamma che ha subito la perdita, con incontri sia singoli che di gruppo, seminari e con un costante supporto.

Noi abbiamo intervistato Claudia Ravaldi, medico psichiatra e psicoterapeuta, perfezionata in psicologia perinatale e in letteratura per l’infanzia e l’adolescenza, fondatrice e presidente sia di CiaoLapo che di Matermundi, un’altra associazione dedicata alla maternità e, in generale, alla genitorialità.

CiaoLapo, ci spiega Claudia Ravaldi per farci conoscere meglio la loro realtà, è stata fondata nel 2006, ed è la prima associazione italiana nata con lo scopo specifico di occuparsi in modo approfondito e dettagliato di morte perinatale, di lutto perinatale e di gravidanze successive a un lutto.

Parliamo di eventi che hanno una frequenza certamente non trascurabile, e toccano personalmente una donna in gravidanza ogni sei – ci spiega – nonostante il numero elevato, l’argomento lutto perinatale è stato di fatto trascurato nel nostro paese per molti anni, sia a livello sanitario che a livello sociale. Questa indifferenza generale è piuttosto imbarazzante, dal momento che il lutto perinatale coinvolge ambiti sanitari e sociali e riguarda diverse discipline e professioni: la psicologia, e in particolare la psicologia perinatale, l’ostetricia, la ginecologia e la neonatologia.

Eppure, ad oggi, il nostro paese non dispone di linee guida nazionali sul lutto perinatale e sulla sua gestione, le nostre Regioni non hanno predisposto percorsi socio-sanitari per le famiglie colpite, le nostre università non prevedono percorsi di formazione esaustivi su questo tema durante i corsi di laurea”.

Non va meglio nelle aziende ospedaliere, continua, dato che quest’ultime non sono tenute a predisporre protocolli specifici di assistenza psicosociale alle famiglie colpite da lutto perinatale e i ministeri interessati, quello della Salute e dell’Istruzione, non hanno davvero mai guardato a questa tematica in modo mirato.

Nonostante questa indifferenza generale la morte del bambino atteso, durante la gravidanza o dopo la nascita, rimane un evento traumatico che coinvolge nel profondo sia le famiglie che i curanti, spesso lasciati a se stessi, senza guida, senza sostegno, senza strumenti. CiaoLapo opera con l’obiettivo di colmare una lacuna assistenziale e formativa, e portare il nostro paese ad un livello di assistenza simile a quello di altri paesi europei ed extraueropei, attivamente impegnati da quasi quarant’anni nell’assistenza a queste famiglie e nella corretta formazione degli operatori“.

CiaoLapo, ci dice Ravaldi, ha tre “cuori”: un cuore assistenziale, un cuore scientifico e un cuore culturale.

Il nostro cuore assistenziale si rivolge alle coppie e alle famiglie che perdono un bambino atteso durante la gravidanza e dopo la nascita, indipendentemente dall’età gestazionale e dalle cause.

Il cuore scientifico promuove e sostiene la ricerca medica e psicologica, con gli obiettivi di ridurre il numero di morti perinatali evitabili (circa una su 5 nei paesi come l’Italia, secondo gli ultimi lavori internazionali), migliorare l’elaborazione del lutto delle famiglie e ridurre la percentuale di persone che a causa del lutto sviluppano un disturbo dell’umore o altre patologie  psichiatriche, e infine offrire a tutti gli operatori sanitari gli strumenti per garantire la migliore assistenza possibile ai genitori in lutto.

Infine, il cuore culturale si rivolge alla società: nel nostro paese parlare di morte è considerato ancora un atto rivoluzionario e per certi aspetti scandaloso, e il silenzio che circonda le persone in lutto, che assedia i genitori colpiti da lutto perinatale ha impedito negli anni di strutturare dei percorsi di intervento e di sostegno per le famiglie, con le conseguenze che la letteratura scientifica ben descrive, in termini di aumentato rischio di disturbi dell’umore e disturbi del comportamento, non solo nei genitori ma anche nei loro figli.

Perché secondo voi c’è ancora così poca conoscenza sul lutto perinatale, che spesso non viene neppure considerato come tale?

La morte prima della nascita è un ossimoro bizzarro: come si può morire, se non si è nemmeno nati? Come è possibile, si chiedono taluni, soffrire così tanto per chi non si è mai conosciuto?

Queste affermazioni tradiscono una scarsa conoscenza della psicologia perinatale, della gestazione come esperienza psichica e non soltanto fisica, e del lutto in generale. Chiunque abbia una conoscenza minima di psicologia perinatale sa bene che la componente di desiderio e di progettualità che si accompagna all’attesa di un bambino è molto elevata e spesso preesiste al momento del concepimento effettivo.

La concretizzazione di un desiderio, l’inizio di un progetto così trasformativo come quello di generare un figlio è un cambiamento significativo per una donna e per una coppia.
Pensare che perdere un bambino desiderato sia un ‘non evento’ è purtroppo sintomo di superficialità e di scarsa conoscenza.

Se parliamo di psicologia del lutto le cose non vanno molto meglio: a fronte di una serie di testimonianze e di studi che suggeriscono una durata media del lutto fisiologico di circa un anno, un anno e mezzo, nella nostra società prevale l’opinione che un lutto si esaurisca nel giro di poche settimane, qualche mese al massimo.

Queste aspettative del tutto irrealistiche possono rendere estremamente difficile per una coppia colpita da lutto perinatale un’adeguata elaborazione dell’evento e un ritorno a un buon livello di benessere. La fretta non è mai una buona consigliera, soprattutto quando riguarda la gestione di traumi maggiori, tra i quali rientra il lutto perinatale.

Cosa vi sentite dire più spesso dalle mamme che si rivolgono a voi? E come cercate di aiutarle?

“Riceviamo circa quindici richieste di sostegno al giorno, da donne o da coppie con storie di ogni genere: ci scrivono padri che sono ancora in ospedale, accanto alle loro compagne in procinto di partorire i loro bambini senza vita, madri che hanno ricevuto una diagnosi infausta e hanno interrotto la gravidanza, madri di bambini nati gravemente prematuri e molte donne alle prese con il più negletto di questi lutti, il lutto da aborto spontaneo, che viene routinariamente minimizzato e banalizzato sia dagli operatori che dalla società.

Capita che le madri, scrivendoci, si scusino per ‘il disturbo’ che ci arrecano con i loro lutti: pensano di essere fuori posto, di non avere un posto dove esprimere il loro dolore, pensano che il loro lutto sia inappropriato. Scrivono come chiedendoci il permesso di poter esprimere la loro sofferenza.

Ma le madri, prosegue Claudia Ravaldi, a volte chiedono anche informazioni di tipo medico o burocratico, soprattutto sulle sepolture e sugli approfondimenti diagnostici, che l’ospedale non ha saputo fornire, nonostante le leggi e i regolamenti relativi a questi aspetti siano definiti da molti anni.

Capita anche, purtroppo, che i genitori si rivolgano a noi per poter vedere rispettati i loro diritti: recentemente una madre ha dovuto lottare per vedere riconosciuto il suo diritto a seppellire una bimba di 21 settimane, diritto peraltro riconosciuto e sancito dalla nostra legge.

Sul sito della onlus, nella sezione documenti, sono disponibili volantini informativi specifici per ognuna delle domande più frequenti, due opuscoli di psicoeducazione sul lutto e alcuni moduli per formalizzare richieste e chiarimenti alle aziende sanitarie dove è avvenuto il parto.

Nel momento dello shock più profondo, dopo una diagnosi così grave come quella della morte del proprio bambino, per le donne e per le coppie poter avere uno foglio di carta, scritto in modo semplice ma dettagliato, che illustri quali sono i passi possibili da compiere e manifesti vicinanza e rispetto è spesso un grande aiuto, anche se è solo un foglio di carta“.

Naturalmente, per chi affronta un lutto perinatale i primi mesi dopo la perdita sono molto difficili e importanti, per la salute della donna e della coppia a breve, medio e lungo termine.

È importante offrire un sostegno e al tempo stesso fornire ai genitori le informazioni di tipo psicologico e medico che sono utili per l’elaborazione di questo trauma – racconta Claudia – In questo senso, un’attenzione specifica al puerperio andrebbe sempre rivolta a tutte le donne. Sono molte quelle che tornando a casa dopo le dimissioni, si trovano a dover gestire il puerperio e i pesanti effetti psicologici del lutto, in totale solitudine e senza avere ricevuto alcun tipo di informazione in merito”.

Perché è importante parlarne? Sembra una domanda banale, ma proprio perché troppo spesso il lutto perinatale non viene considerato come tale, è chiaro che comunicare e diffondere informazione sia fondamentale.

Parlare di questo argomento risponde a tre specifici scopi – spiega Claudia Ravaldi – permette alle donne e alle coppie che affrontano questo lutto di sentirsi accolti e compresi, di ricevere tutte le informazioni psicologiche e mediche possibili e di poter quindi iniziare ad elaborare il lutto riducendo il carico traumatico legato all’abbandono, ai pregiudizi e a orientamenti psicologici ormai vecchi e lontani dal sentire comune delle persone colpite da lutto perinatale; permette a amici, parenti e alla società in generale di riflettere su questo argomento così negletto in modo rispettoso e costruttivo; riduce i sentimenti di vergogna e il tabù relativo a questa tematica.

Infine, permette agli operatori sanitari, coinvolti nell’assistenza di queste famiglie, di migliorare da un lato la loro formazione dall’altro di poter parlare apertamente delle loro emozioni e delle loro difficoltà: gli operatori molto raramente possono parlare di lutto perinatale nel luogo di lavoro e in famiglia, e questo li espone a un alto rischio di burnout“.

1. La mamma di Riccardo

La prima volta che ho trovato il coraggio di entrare nel sito di CiaoLapo non è andata bene, sono uscita immediatamente, non ero pronta ad affrontare tutto quel dolore. La seconda volta è andata meglio, ho trovato nelle tue parole e in quelle di altre mamme quello che non riuscivo a dire o a spiegare neanche a me stessa. È rassicurante sapere che tante emozioni e paure sono normali e comuni (paura delle pance e delle carrozzine, paura di uscire), ti fanno sentire meno sola. Il post in cui descrivi come ti sei sentita mese per mese, per me è fondamentale, ti da la forza di andare avanti e di capire che, ognuno con i suoi tempi, tornerà a sorridere.
Io sento la necessità che il tempo passi velocemente, ma so che devo imparare a vivere il presente!

2. La mamma di Angelica

All’inizio non volevo parlarne con nessuno e ho detto a tutti di non parlarne. Poi invece, forse perché ho letto sul vostro sito e ho scritto su un forum, ho cambiato idea. Più ne parlo e più mi sento meglio, anche se il problema è con chi parlarne… Gli stessi amici e/o familiari non sono pronti a tutto questo, non hanno tatto o semplicemente non sono preparati alla gestione di questi argomenti.

Ho notato che alcuni, anche non conoscenti, solo dopo che mi espongo io dicono o raccontano di loro stessi o altri. Questo è un argomento tabù e si tende a minimizzare. Invece è sbagliato. Anche per questo vorrei fare qualcosa, anche minima, per far sì che altre persone non si sentano come mi son sentita io…

3. La mamma di Sara

Un giorno per caso mi sono imbattuta in CiaoLapo, dove con mio grande stupore ho scoperto che siamo in troppe, e tutto questo non mi ha consolato affatto. Mi ha fatto tanta rabbia. Non è possibile che esistano così tante mamme “speciali”. Non sapevo di questo appellativo. Poi mi sono fermata e ho iniziato a leggere le storie delle altre mamme, il loro dolore, la disperazione, l’angoscia, il rifiuto…

E in ogni racconto ho trovato un pezzetto della mia di storia. Vorrei abbracciare una ad una tutte queste mamme, per togliere un pezzettino di dolore, anche piccolo piccolo, per poterlo fare andare via sia da me che da ognuna di noi.

4. La mamma di Luca

La fortuna più grande è stata quella di aver scoperto voi il 15 ottobre, giornata del lutto perinatale, attraverso un video di The Pozzolis family. In tutta questa storia, oltre al fatto di aver rinunciato al mio bambino, la cosa più brutta è la solitudine, perché di aborto terapeutico non si deve parlare, perché secondo l’opinione comune tutto si chiude in quel momento, si cancella.

Non è così, il dolore resta e più resta dentro e più implode, è un rumore assordante che ti avvolge e diventa sempre più grande. Aver scoperto che esiste l’associazione con tutte le diramazioni regionali mi ha fatto sentire meno sola, perché ci sono altri genitori che sentono come me, io finalmente sono riconosciuta come il mio dolore. Ho il diritto di soffrire per il mio bambino, per lo strazio provato, per l’assenza di qualsiasi forma di accudimento da parte della famiglia come delle istituzioni.

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