Sono ancora molti coloro che ritengono che l’amore di una mamma nei confronti dei figlio sia più grande rispetto all’amore che prova il papà. Una madre partorisce, lo allatta, lo accudisce ed è, tra i due, la persona che, solitamente, passa più tempo a casa con il bambino, specialmente dopo la nascita. Il che porta a pensare che l’amore paterno sia un gradino inferiore a quello materno. Dopotutto “la mamma è sempre la mamma”, no? Ma è giusto pensarla in questo modo?

Sicuramente la mamma ha un ruolo importantissimo per la vita di un figlio, ma anche il papà non è da meno. La figura paterna non ha nulla da invidiare a quella materna. Tale “classifica” si basa su una concezione retrograda, per cui la madre, venendo a contatto con il bambino già durante la gravidanza, sviluppa prima l’istinto genitoriale rispetto al padre. Tale visione può essere statisticamente vera, ma non per questo universale. Possono esserci donne incinte che non hanno alcun istinto materno, che lo coltiveranno solo dopo il parto o che (tenetevi strette) potrebbero anche mai averlo. Allo stesso modo potrebbero esserci uomini pronti a essere ottimi padri ancora prima del concepimento, che seguono i corsi pre parto con più convinzione delle future madri e che fosse per loro si assumerebbero volentieri i dolori delle doglie.

Anche laddove l’istinto genitoriale interessi prima la madre del padre, non significa comunque che i due amori abbiano gradi differenti. Prima non significa meglio. L’amore non si può misurare, quindi non c’è chi è “più” e chi “meno”. Non è una competizione e viverla come tale non fa altro che sminuire il ruolo di entrambi. Si può amare in modo diverso, ma ciò non dipende dall’essere madre o padre, dipende dalla singola persona.

Purtroppo è diffuso ancora oggi un prototipo che vorrebbe il padre dedito solo al lavoro, e diventa surreale per esempio se è lui a portare i bimbi a scuola, a pulire casa o a fare “roba da donne” o meglio, roba da mamme. E spesso sono le stesse donne ad alimentare questo prototipo, per poi valutare l’amore paterno inferiore rispetto al proprio. Non sono poche le mamme che fuori scuola iniziano a elencare i loro problemi e tutto ciò che il marito non fa. Viene sottolineato più e più volte il fatto che siano loro a dedicarsi di più ai figli, che quando il marito torna a casa è stanco e che non ha mai la forza di mettersi a giocare anche solo per cinque minuti. Chiaro: magari è l’uomo stesso che non ha voglia di impegnarsi e le mamme in questione sarebbero ben liete di vederlo “più materno”, ma la verità è che tutto ciò ha poco a che fare con l’amore del padre nei confronti del figlio.

Un uomo può essere pigro nelle faccende di casa, un gran lavoratore, poco emotivo ed essere comunque un ottimo padre, come del resto può esserlo anche un uomo giocherellone, attento alla cura della casa e dei figli. Uno che insomma verrebbe chiamato “mammo” ed è proprio qui che sta l’inghippo. Ovvero nel fatto che da un lato ci riesce difficile distinguere il valore di un uomo in quanto marito (o compagno) da quello di padre e dall’altro è altrettanto difficoltoso accettare l’idea che un padre “che si comporta da madre” non è un’eccezione, un “mammo” che esce quindi dai suoi canoni. È solo un padre, che ama profondamente i suoi figli. E questo dovrebbe bastare a mettere a tacere tutti le vane classifiche di chi ama di più.

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