I neonati piangono. È una realtà contro la quale tutti i neogenitori fanno i conti. Certo, ci sono bambini che non piangono quasi mai e altri che lo fanno continuamente e naturalmente c’è anche la via di mezzo. Il pianto è il loro modo per comunicare, attraverso il quale i piccoli esprimono il loro disagio.

Quando parte la lacrima, mamma e papà si interrogano: avrà riempito il pannolino? Avrà fame? Sarà stanco? C’è qualche ragione ambientale che ha provocato il fastidio (un suono, un odore e così via)? C’è però anche un’altra realtà che tutti i genitori conoscono e si tramandano attraverso le generazioni: quando un neonato piange, se lo si sta tenendo in braccio da seduti, alzarsi in piedi e camminare lo fa probabilmente smettere. Per i più si tratta di una questione empirica, ma di fatto è scienza.

Lo hanno spiegato dei ricercatori su Current Biology nello studio Infant Calming Responses during Maternal Carrying in Humans and Mice che in effetti mostra come lo stesso comportamento si abbia nei neonati di essere umano ma anche nei topi. Lo studio parte dal fatto che il legame tra madre e figlio sia la relazione sociale più antica dei mammiferi neonati.

I bambini presentano comportamenti innati per contrastare la separazione dalla madre, attraverso il pianto e il movimento del corpo, anche se spesso questi meccanismi fisiologici restano indefiniti. In altre parole, non se ne conosce completamente il perché. Tra questi c’è appunto il fatto che i bambini di età inferiore a sei mesi – e i topi – smettono di piangere e interrompono i movimenti volontari, con una rapida diminuzione della frequenza cardiaca, quando vengono trasportati da una madre che si muove, rispetto a un’altra che resta seduta.

Nello specifico, lo studio ha messo a confronto il comportamento, la vocalizzazione e l’elettrocardiogramma dei neonati umani prima in una culla, poi in braccio alla mamma seduta e infine in braccio alla mamma che caminava continuamente per 30 secondi. Sono stati coinvolti 12 bambini di età compresa tra 1 e 6 mesi.

Tutti i dati raccolti hanno confermato l’ipotesi empirica: i bambini in braccio a un genitore in movimento si tranquillizzano. Il fine degli scienziati è stato anche di impedire ai genitori di reagire in modo eccessivo al pianto dei neonati, in modo da evitare così potenziali abusi sui piccoli: se si spiega ai genitori come calmarli facilmente, forse qualche tragedia potrà essere prevenuta.

Quello che è stato trovato in base alla ricerca ha a che fare completamente con l’istinto dei neonati e deriva dal fatto che anche gli esseri umani sono mammiferi, per cui condividono gli stessi comportamenti dei topi ad esempio – cui nell’esperimento sono state tuttavia state inoculate sostanze farmacologiche per monitorare lo stimolo.

Il neonato si sente protetto dalla madre (e dal padre), per questo quando il genitore si mette in movimento, il neonato sostanzialmente cerca di non ostacolarne la fuga – anch’essa un istinto in un’eventuale risposta di «lotta o fuga». È come se i neonati cercassero quindi solo di sopravvivere, non interferendo con gli spostamenti della madre.

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