Quando si parla del parto, ogni donna ha una storia da raccontare. A volte, sono storie estremamente dolorose. Eppure, la leggenda vuole che sia tratti di un dolore che inevitabilmente viene dimenticato e di un momento capace di cambiare la vita di chi lo vive. La seconda affermazione è certamente vera, ma questo non significa che i cambiamenti siano sempre in meglio. O che, come vorrebbe la vulgata, il tempo sia capace di cancellare tutto quello che di difficile, doloroso o traumatico accompagna il parto. Per alcune donne, anzi, si tratta di un’esperienza che può avere gravissimi effetti a lungo termine – lasciando chi l’ha vissuta in preda all’ansia, alla paura e in uno stato di vigilanza costante – che, però, sono ancora largamente ignorati.

Siamo soliti associare la Disturbo da Stress Post Traumatico ai problemi che accompagnano chi – quasi sempre uomo – ha fatto ritorno dal fronte con il bagaglio di orrori vissuti durante la guerra. Eppure, questo disturbo può colpire anche le donne, non solo quelle che hanno combattuto, ma anche quelle che hanno vissuto il momento del parto in maniera traumatica.

Il PTSD è un disturbo d’ansia causato da eventi molto stressanti, spaventosi o angoscianti, che spesso vengono rivissuti attraverso flashback e incubi; gli eventi traumatici possono essere molteplici e non tutti sono legati alla guerra: dal terremoto alla violenza fisica, psicologica, verbale o sessuale, fino a incidenti o situazioni di minaccia, molte sono le cause che possono portare a sviluppare questo tipo di disturbo. Il parto, per alcune donne, è una di queste.

Il disturbo da stress post traumatico postnatale è stato formalmente riconosciuto solo negli anni ’90, quando l’American Psychiatry Association ha rivisto la definizione di ciò che costituisce un evento traumatico. Inizialmente, infatti, un trauma era solo «qualcosa al di fuori della gamma della normale esperienza umana», una definizione che è stata ampliata fino a includere un evento in cui una persona «ha assistito o ha affrontato gravi minacce fisiche o lesioni a se stessa o ad altri e in cui la persona ha risposto con sentimenti di paura, impotenza o orrore».

Partorire non è per tutte le persone che la vivono un’esperienza meravigliosa, né il giorno più bello della loro vita: ce lo ricordano i troppo comuni casi di violenza ostetrica, per non parlare di chi ha subito lesioni permanenti o le oltre 800 persone che muoiono ogni giorno per complicazioni legate al parto.

Patrick O’Brien, esperto di salute mentale materna presso l’University College Hospital e portavoce del Royal College of Obstetricians and Gynecologists nel Regno Unito ha spiegato alla BCC:

Le donne traumatizzate possono provare paura, impotenza o orrore per la loro esperienza e soffrire di ricordi ricorrenti e opprimenti, flashback, pensieri e incubi sulla nascita, sentirsi angosciate, ansiose o in preda al panico quando vengono esposte a cose che ricordano loro l’evento ed evitare tutto ciò che ricorda loro il trauma, che può includere parlarne.

Il disturbo da stress post traumatico postnatale, però, non riguarda solo le persone che partoriscono: anche i partner possono sentirsi traumatizzati dopo aver assistito, a volte anche se la donna che ha partorito si sente bene. Sebbene non ci siano molte ricerche in quest’area, le stime indicano che fino al 5% dei partner sviluppano sintomi da trauma dopo aver assistito a un parto critico o che ha richiesto numerose procedure mediche, si sentono fuori controllo e hanno paura di ciò che accadendo poiché non possono essere d’aiuto.

Tracciare in maniera chiara i contorni del fenomeno non è facile. Alcuni studi che hanno tentato di quantificare il problema stimano che coinvolga il 4% delle nascite, mentre uno studio del 2003 ha rilevato che circa un terzo delle madri che sperimentano un «parto traumatico» sviluppa PTSD. Basta pensare che, ogni anno, 130 milioni di bambini nascono in tutto il mondo per comprendere la portata di un problema ancora troppo sconosciuto.

Questi numeri non sono solo enormi, sono destinati a crescere. Le legislazioni antiabortiste che in molti paesi – dalla Polonia agli Stati Uniti – stanno impedendo a milioni di donne di abortire in maniera legale e sicura, infatti, avranno come conseguenza non solo quella di spingere sempre più persone nelle mani delle mammane, ma anche di obbligare donne, ragazze e anche bambine a partorire contro la propria volontà.

Se il parto può essere un evento così traumatico da essere rivissuto con terrore più e più volte nella mente anche per chi ha desiderato il bambino che sta venendo alla luce, quanto potrà esserlo per chi quella gravidanza avrebbe voluto interromperla e non ha potuto?

Secondo l’OMS, le complicazioni al momento del parto sono una delle principali cause di lesioni e morte tra le adolescenti, che corrono rischi maggiori di eclampsia, endometrite puerperale e infezioni sistemiche e i cui bambini affrontano rischi maggiori di basso peso alla nascita, parto pretermine e gravi condizioni neonatali. A questo si dovranno aggiungere gli effetti – e i traumi – che attraversare un evento emotivamente e fisicamente estremo come il parto può avere su ragazze spesso giovanissime che sono state obbligate a portare a termine una gravidanza non voluta anche nei casi in cui quella gravidanza è frutto di uno stupro.

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