La tocofobia, o la paura del parto, colpisce circa il 14% delle donne. Scopriamo insieme quali sono i fattori che giocano un ruolo fondamentale nello sviluppo di questo disturbo.

Cos’è la tocofobia?

La tocofobia è la paura del parto: si tratta di un’angosciante ansia molto vicina al terrore che predomina durante l’intera gravidanza. Può essere considerata un disturbo psicologico vero e proprio, del quale sicuramente non si parla a sufficienza.

La tocofobia può essere distinta in tocofobia primaria e secondaria. Nel primo caso, la paura del parto nasce ancora prima del concepimento, scoraggiando qualsiasi tentativo di gravidanza. Nel secondo caso, invece, si tratta di una paura nata a seguito di una precedente esperienza di parto traumatica.

La paura non solo genera un disturbo psichico alla donna, ma può anche creare problemi al nascituro. Il nostro corpo, infatti, risponde alla paura rilasciando adrenalina; tale ormone ha il potere di prelevare il sangue dal grembo per trasportalo ad altri organi che ne necessitano in quel determinato momento e questo può avere un’influenza sulla durata del parto prolungandolo e sul dolore provocato.

Paura del parto: è colpa dei social?

tocofobia e social
Fonte: web

Pochi giorni fa è apparso un articolo su diverse testate britanniche, tra cui il The Guardian, riguardante proprio questo tema.

Il livello di tocofobia sta crescendo e la colpa è delle spaventose storie che si trovano sui social media.

Il discorso a cui il famoso giornale britannico si è ispirato è quello di Catrina Jones, ricercatrice in salute materna e riproduttività e docente di ostetricia all’Università di Hull. In occasione del British Science Festival, la docente ha voluto parlare di tocofobia, a suo parere un disturbo troppo spesso sottovalutato. Le sue parole sono state facilmente male interpretate ma immediatamente smentite dalla professoressa stessa, come riporta successivamente l’Indipendent:

Non stavamo assolutamente dicendo che i social causano tocofobia, e non stiamo dicendo alle donne di smettere di raccontare le loro storie.

Quello che Catrina Jones ha voluto mettere in discussione è la facilità con cui una donna incinta sovrastata da questa paura del parto e senza qualcuno con cui poterne parlare possa rivolgersi ai social, dove grazie all’anonimato tutto diventa più facile. La verità è che sui social si trova molto spesso solo una faccia della medaglia: come si lasciano recensioni ai ristoranti solo quando ci si è trovati male, nello stesso modo una donna racconta la storia del suo parto solo quando questa è stata tragica. Così, anche una donna incinta cerca informazioni e legge storie riguardo al parto solo quando ne è già terrorizzata. Ma anziché trovare conforto, queste storie spaventose non fanno altro che scoraggiarla e aumentare la sua paura. E così una storia dopo l’altra, in maniera ciclica, la tocofobia colpisce sempre più donne.

La soluzione per gli esperti non è sicuramente quella di vietare alle donne di raccontare le loro esperienze, bensì quella di fare in modo che le esperienze negative siano sempre meno. Offrire supporto alla donna durante tutta la gravidanza, ma anche dopo per evitare sindromi post-parto o interferenze all’attaccamento madre-figlio. Interventi di prevenzione che coinvolgono operatori ostetrici e che variano dall’individuare il soggetto a rischio, ad assicurarsi una buona comunicazione con la donna, fino all’incoraggiare un colloquio con gli operatori specializzati dopo la nascita del bimbo.

Dobbiamo davvero pensare alle cure di buona qualità per tutte le donne, se siamo capaci a promuovere cure di migliore qualità, le donne potranno sentirsi soddisfatte e positive riguardo alla loro esperienza di parto, di conseguenza questo ridurrebbe il numero di storie negative online.

Violenza ostetrica e tocofobia

Tocofobia e violanze ostetriche
Fonte: web

In un’intervista fatta a donne affette da tocofobia e riportata dal portale State of Mind, risulta che per la maggior parte di esse l’ansia e la paura del parto si relazionano con la mancanza di fiducia nello staff ostetrico, in particolare con la paura della loro incompetenza. Questo risulta ancora più evidente quando si tratta di una tocofobia secondaria: incomprensioni, complicanze, manovre ostetriche invasive e tutti quei casi in cui sono state adottate nuove procedure senza avvisare la donna, non curandosi affatto della sensazione di perdita di controllo che invade la paziente.

Con questo, l’intento delle ricercatrici, e di tutti noi, non è sicuramente quello di incolpare ostetrici e operatori sanitari o definirli incompetenti; l’unico vero scopo è quello di informare riguardo alla tocofobia e di sottolineare, per l’ennesima volta, quanto la gravidanza sia un momento delicato per ogni donna: ogni scelta, ogni cambiamento può avere conseguenze fisiche e psichiche sulla paziente. Informarla, renderla partecipe, instaurare una buona comunicazione non farà altro che farla sentire a proprio agio.

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