Quando l'enuresi notturna colpisce anche i grandi ed è segnale di un malessere profondo

L'enuresi notturna è il disturbo di chi fa frequentemente la pipì a letto. Non colpisce solo i bambini, anche gli adulti, seppur pochi, possono soffrirne, ed è inutile sottolineare i grandi problemi psicologici che ne possono derivare. Per contrastarla si possono usare farmaci, ma soprattutto approcci comportamentali.

Si parla di enuresi notturna riferendosi a un disturbo tipico dell’infanzia, ma che spesso si registra anche in età adulta, e consiste nella perdita involontaria e completa di urina durante la notte. Solitamente l’enuresi si manifesta in un’età in cui la maggior parte dei bambini ha ormai acquisito il controllo degli sfinteri, ovvero attorno ai 5 o 6 anni, e interessa circa il 10-15% dei bambini, ma generalmente tende a risolversi spontaneamente. L’incidenza negli adulti, invece, è appena dell’1%.
Occorre però fare una precisazione: per enuresi notturna non si intende la saltuaria e sporadica emissione di urine durante la notte, ma un problema che ha certa frequenza, e con cause diverse.

Le cause dell’enuresi notturna

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Fonte: web

L’enuresi si può distinguere in:

Primaria: se il bimbo non ha mai acquisito il controllo notturno. In questo caso l’enuresi è attribuibile a un ritardo di maturazione dello sfintere vescicale, il muscolo che funziona da valvola della vescica impedendo alla pipì di fuoriuscire verso l’esterno, che dovrebbe svilupparsi verso il quarto anno di vita. Altra causa possibile può essere un insufficiente controllo ormonale: i bambini che soffrono di enuresi notturna avrebbero infatti livelli bassi di ADH, un ormone prodotto dall’ipofisi che agisce permettendo che la notte venga prodotta circa la metà della quantità di urina che viene prodotta di giorno.

Secondaria: il bambino, dopo avere raggiunto il controllo della vescica per almeno 6 mesi, ha ripreso a fare la pipì a letto. In questo caso sono fondamentali le componenti psicologiche, dato che il problema può dipendere da particolari situazioni emotive e stressanti, come la nascita di un fratellino, l’inserimento a scuola, o alcune tensioni avvertite a livello familiare.

Sintomatica: in questo caso l’enuresi compare come conseguenza di una malattia, come un’infezione urinaria o in casi molto più rari diabete mellito o epilessia.

Generalmente si deve cominciare a trattare l’enuresi come un problema dopo i sette anni.

Nel caso sia un adulto a soffrire del problema, naturalmente le implicazioni, soprattutto a livello psicologico e di approccio rispetto ai rapporti interpersonali, sono moltissime e rappresentano uno scoglio spesso insormontabile per condurre una vita normale. Le terapie cui si può fare affidamento, tuttavia, sono diverse e valide anche per le persone che hanno ormai passato l’età dell’infanzia da tempo.

I rimedi contro l’enuresi notturna

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Fonte: web

Prima di decidere quale terapia sia più corretta per il bambino occorre considerare, come abbiamo detto, che generalmente l’enuresi tende a risolversi spontaneamente. Gli interventi attuati sono perciò mirati esclusivamente ad accelerare la maturazione del controllo della vescica, oppure a ridurre il volume totale di liquidi che arrivano alla vescica durante la notte. Naturalmente lo scopo principale di tali terapie è quello di permettere al bambino di avere una vita del tutto normale, senza dover rinunciare a occasioni di socializzazione come campeggi, feste, inviti a casa di amici, gite scolastiche.

La terapia può essere farmacologica o comportamentale, e dovrà essere il medico a stabilire quale sia la più appropriata per intervenire.
Qualora venga scelto il primo approccio, ovvero si faccia ricorso ai farmaci, si può optare per la desmopressina (DDAVP), una sostanza simile all’ormone antidiuretico naturale ADH, da somministrare in compresse, la sera. Appare invece obsoleta la formulazione in spray nasale, usata in passato.
La DDAVP permette di ridurre la produzione di urina da parte del rene, diminuendo quindi il rischio di perdita involontaria di pipì. Alla medicina deve però accompagnarsi una assunzione di liquidi, nel periodo serale – vale a dire da almeno 1 ora prima fino a 8 ore dopo l’assunzione della compressa – ridotta o nulla. Non si deve inoltre bere durante la notte. Se invece il problema si manifestasse anche di giorno possono essere usati i farmaci anticolinergici, i quali aumentano la capacità di contenere l’urina nella vescica.

Vale la pena specificare, tuttavia, che di estrema importanza è educare il bambino a conoscere la propria vescica.
Fra le tecniche comportamentali usate, invece, ci sono i cosiddetti “sistemi di allarme”, che prevedono, nel momento in cui il bimbo va a dormire, di collegarlo a un piccolo apparecchio a pila, che si attiva suonando e svegliando il bambino nel momento in cui ha inizio l’enuresi, aiutandolo quindi a completare la minzione in bagno e a prendere consapevolezza della continenza notturna.
Le strategie cognitivo comportamentali arrivano in genere a percentuali di successo dell’80%.

Naturalmente il trattamento dell’enuresi ha effetti molto positivi anche sull’autostima dei bambini e degli adulti.
Molto importanti restano anche le prescrizioni, concordate con la persona affetta da enuresi e con la famiglia, per rilevare e modificare alcune abitudini comportamentali che solitamente sono alla base del disturbo. La terapia ha l’obiettivo di cambiare stili di vita non soddisfacenti, facendo apprendere al paziente abilità psicologiche per fronteggiare lo stress.
In generale, le persone affette da enuresi dovrebbero evitare l’uso di caffeina, andare in bagno a intervalli regolari durante la giornata (circa ogni 2- 3 ore), anche una volta che il problema sia risolto, e stabilire – soprattutto nel caso dei bambini – un sistema di ricompensa e gratificazione per l’impegno e lo sforzo nel seguire le nuove abitudini concordate.

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