Aptonomia, come comunicare con il bebè (e iniziare a conoscerlo) prima che nasca
L'aptonomia perinatale permette ai genitori di entrare in contatto col feto quando è nel grembo materno con esercizi che sfruttano il tatto e il respiro.
L'aptonomia perinatale permette ai genitori di entrare in contatto col feto quando è nel grembo materno con esercizi che sfruttano il tatto e il respiro.
L’aptonomia perinatale aiuta i genitori a costruire una relazione col nascituro, quando è ancora nella pancia della mamma. Non a caso è chiamata anche Scienza dell’affettività e delle relazioni emozionali umane.
Il termine deriva proprio dalle parole haptein (=contatto) e nomos (=intelligenza): letteralmente scienza del tatto.
La nascita dell’aptonomia risale al 1945 e si deve al medico olandese Frans Veldman. Segnato dall’esperienza della deportazione, intuisce quanto il contatto e l’affettività siano indispensabili per l’uomo, per un suo pieno sviluppo, a cominciare sin dalla tenera età e anche prima: sin dal concepimento.
Nel tempo l’approccio alla materia si sviluppa all’interno delle discipline sanitarie come supporto per gli operatori nell’offrire al paziente un contatto umano che possa generare serenità e sicurezza, che si tratti di un malato, di una persona morente o non ancora nata. E appunto nella perinatalità questa scienza ha trovato maggior riscontro.
In Europa l’aptonomia perinatale ha trovato una certa diffusione, seppur scarsa, in Olanda e poi in Francia. In Italia è poco conosciuta e poco praticata: è raro imbattersi in strutture che la propongono.
Esiste comunque un Movimento Italiano Psicologia Perinatale (MIPPE) di cui è vicepresidente Maria Isabella Robbiani, psicologa perinatale che ha studiato presso il Centre International de Recherche et de Développement de l’Haptonomie di Parigi, la quale cura anche il blog Haptonomia Perinatale.
Ci sono delle tecniche specifiche, che vengono in alcuni casi proposte nei corsi di preparazione al parto di alcune strutture ospedaliere. Si basano tutte su un mix di respirazione, tocchi leggeri, parole e musica. Una di queste, che ha come protagonista la mamma e il bambino, si sviluppa così:
Questo esercizio di respirazione vuole essere un modo per coccolare il bambino e abbracciarlo quando è ancora nel grembo materno, facendogli comunque sentire la carezza della mamma e la sua presenza. Tutte le tecniche mirano a far sentire al nascituro il più possibile la presenza del genitori, a trasmettergli messaggi affettivi, così che possa iniziare ad apprendere significati da questo linguaggio (fatto di suoni, parole, respiri, carezze).
Le tecniche dell’aptonomia perinatale sono rivolte a entrambi i genitori. Servono non solo a rafforzare il rapporto mamma-figlio sin dal concepimento, ma a inserire in questa relazione speciale, decisamente “fisica”, anche il papà, affinché non si senta un estraneo ma possa vivere e partecipare alla gravidanza nel modo più vicino possibile.
Le tecniche servono proprio a questo: a favorire lo sviluppo della relazione emotiva attiva tra madre, padre e figlio, a facilitare lo sviluppo del sentimento di paternità e di maternità, a stabilire un sentimento condiviso di responsabilità emozionale, che possa giovare a tutti i membri della triade: madre, padre e figlio.
Gli esercizi infatti puntano al benessere di tutti e tre. Il nascituro ne ricava una primissima costruzione di sicurezza affettiva ed emotiva, mentre mamma e papà possono cominciare il loro percorso di genitori, affermandosi come tali.
Diversi studi si sono concentrati sull’aptonomia, sia quella perinatale che quella che viene applicata, per esempio, in ambito geriatrico, oppure dopo il parto. Nello specifico dell’aptonomia perinatale, il contatto fisico si fa veicolo di contatto emotivo, per poter creare un legame, che ha poi delle influenze psicologiche sullo sviluppo postnatale del bambino.
Uno studio di Marisa Lopez-Teijón e la sua equipe dell’Institut Marquès sottolinea inoltre l’importanza della comunicazione con il feto e della stimolazione “musicale” perché consente di scartare la sordità fetale e facilita le ecografie poiché, provocando una risposta nel bambino, migliora la visione delle strutture fetali durante il suo svolgimento.
Allo stesso tempo, però, lo studio mette in dubbio che il bambino possa percepire in maniera chiara suoni e rumori attraverso il pancione, in quanto l’unico modo perché senta la musica è trasmetterla attraverso la vagina della madre. Va ricordato, inoltre, che prima della 16esima settimana il feto non ha ancora sviluppato gli organi dediti all’udito.
Giornalista e speaker radiofonica, scrivo tanto e chiacchiero ancora di più. Eterna indecisa e inguaribile romantica, vivo la vita in un precario equilibrio tra pessimismo cosmico e sincero entusiasmo.
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