Uno degli argomenti su cui le neo mamme discutono più frequentemente è il tipo di parto che hanno avuto; tutte “ambiscono”, almeno quando ne parlano, a quello totalmente naturale (parto eutocico), in cui non sono richiesti aiuti o manovre particolari per mettere al mondo il proprio bambino, e la diatriba sulle varie tipologie di parto resta sempre molto accesa, fra chi si dichiara favorevole o contraria rispetto a episiotomia, epidurale e via discorrendo e chi invece vede, nel vivere naturalmente questo particolare frangente, il modo migliore per vivere appieno la maternità.

Peccato che, molto spesso, nell’argomento, non si tenga presente un fatto decisamente importante, ovvero che non sempre le donne possono scegliere a quale tipo di parto affidarsi, e non tutte sono tanto fortunate da poter arrivare al fatidico momento dando alla luce il proprio bambino senza la benché minima problematica da affrontare o senza vivere mai un momento particolarmente complicato che richieda necessariamente il ricorso a qualche “aiuto”.

Insomma, avere un parto completamente naturale non è un merito, né – sempre – una scelta, e certamente partorire del tutto da sole e naturalmente non rende le donne che riescono a farlo madri “migliori” o più preparate solo perché hanno avuto la fortuna di non dover fare ricorso a un forcipe o a una ventosa per mettere al mondo il proprio figlio.

Semplicemente, ogni parto rappresenta un’esperienza a sé che deve essere vissuta alla luce della situazione e delle condizioni con cui la futura mamma si presenta in ospedale, da quelle del feto, da fattori, cioè, che sono del tutto soggettivi e nient’affatto univoci e che attengono a componenti troppo personali e delicate per essere giudicate.

Appurato quindi che il parto naturale non possa essere sempre riservato alla libera scelta individuale e che non per questo gli altri tipi di parto siano da considerarsi sinonimo di una maternità vissuta in maniera peggiore o “meno meritevole”, è però certamente importante saper riconoscere le varie tipologie di parto e le loro diverse fasi, soprattutto per distinguerle fra loro e sapere esattamente come comportarsi in ciascuna.

Il significato del parto eutocico

parto eutocico
Fonte: web

Il parto che avviene in maniera del tutto spontanea si definisce eutocico, ovvero che che si svolge nella completa fisiologia e spontaneità. Non vi è pertanto alcun tipo di complicanza o intervento esterno, nessuna episiotomia, nessun utilizzo esterno di ossitocina, nessuna manovra di Kristeller, né vengono utilizzati ventosa o forcipe. La sola caratteristica indispensabile di un parto eutocico è tanta, tanta pazienza: solo grazie a essa la futura mamma può partorire esclusivamente affidandosi alle proprie forze, secondo quelli che sono i propri tempi e le proprie capacità.

Come riconoscere dunque il parto eutocico?

Questa tipologia di parto completamente naturale si divide in quattro fasi: si ha infatti una prima

  • Fase prodromica o preparatoria, in cui si hanno contrazioni irregolari e poco dolorose, mentre i tessuti si preparano all’espulsione del bambino.

Questo momento è seguito da una

  • Fase dilatante, in cui ha inizio il travaglio vero e proprio, con contrazioni che si fanno via via sempre più forti, frequenti e regolari, e la dilatazione del collo dell’utero.

Si giunge poi alla

  • Fase espulsiva, l’ultima fase del travaglio, durante la quale avviene l’espulsione del bambino.

Quest’ultimo momento è seguito dal

Secondamento, la fase in cui viene espulsa la placenta.

Per quanto riguarda le differenze con gli altri tipi di parto, invece, vediamo quali sono le principali.

Le differenze tra parto eutocico e distocico

parto eutocico
Fonte: web

In realtà esistono parto eutocico, parto distocico, parto indotto e parto cesareo: eccoli descritti più nel dettaglio.

  • Parto eutocico: come detto si tratta del parto spontaneo, in cui cioè non si ha un’induzione del travaglio e non vengono utilizzati strumenti per facilitare l’espulsione del bambino.
  • Parto distocico: viene detto anche parto operativo, e si interviene con manovre manuali o con l’utilizzo di strumenti che riescano a facilitare l’espulsione del bambino. Tali strumenti sono soprattutto la ventosa e il forcipe. È tuttavia possibile fare ricorso anche alla manovra Kristeller, la quale consiste nel dare una vera e propria “spinta” sul pancione al fine di facilitare la fuoriuscita del bambino.
  • Parto indotto: in questo tipo di parto il travaglio non comincia spontaneamente, ma viene provocato attraverso la somministrazione di farmaci come ossitocina, gel, fettuccia, oppure attraverso la manovra manuale di scollamento delle membrane.
  • Parto cesareo: consiste in un intervento chirurgico, in cui il bambino viene estratto dal ventre della madre dopo aver effettuato un’incisione addominale.
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