Parto distocico: quando c'è bisogno di ventosa o altri interventi esterni

I medici distinguono tra parto eutocico e parto distocico, per differenziare la nascita che avviene in maniera naturale da quella ottenuta con l'aiuto di strumenti o interventi chirurgici. Vediamo quando si rende necessario fare ricorso a questo secondo tipo di processo.

Si dice spesso, e a ragione, che nessuna gravidanza sia mai uguale a un’altra, eppure, benché pochi lo pensino, si può affermare la stessa cosa anche per quanto riguarda i parti.
Probabilmente non esistono due parti che si svolgono nello stesso identico modo, ma in generale ginecologi e ostetriche concordano nel suddividerli in due grandi gruppi, che tendenzialmente indicano se il processo sia avvenuto in maniera naturale (parto eutocico) o se si è reso necessario ricorrere a un aiuto medico o chirurgico per porre rimedio a un problema che avrebbe impedito la naturale fuoriuscita del bebè (parto distocico).

Significato di parto distocico

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Fonte: web

In base a tale suddivisione, si indica perciò come eutocico o fisiologico il parto che sia avvenuto naturalmente per via vaginale e in cui il bebè si trova in posizione fetale cefalica, mentre con la definizione parto distocico si intende quello per cui i medici si trovano nella necessità di fare ricorso a manovre esterne con strumenti appositi, come forcipe o ventosa (in questo caso il parto è definito attivo o operativo), oppure a un intervento chirurgico (il parto cesareo) che ne assicuri il buon esito.

Come detto, dunque, nel parto distocico possono essere usati strumenti ginecologici particolari, che andiamo a scoprire più nel dettaglio.

  • Forcipe: si tratta di una grande pinza che ha lo scopo di afferrare la testa del bimbo per guidarla lungo il canale del parto. La sua invenzione risale circa al 1600, ma è ormai uno strumento quasi del tutto caduto in disuso, a causa dei danni che può arrecare al bambino e le lacerazioni che può provocare alla mamma.
  • Ventosa: la sua invenzione è certamente più moderna visto che risale gli anni ’50, e risulta molto più sicura per il piccolo e per i tessuti della mamma. Questo strumento si compone di una coppa metallica o in materiale plastico che, una volta inserita in vagina, aderisce alla testa del bebè; grazie a una pompa viene estratta l’aria che crea l’effetto ventosa e, attraverso una maniglia posizionata sul tubo esterno, l’ostetrica può guidare il piccolo verso l’uscita. Una conseguenza possibile dell’utilizzo della ventosa potrebbe essere una forma allungata della testa del bebè nei suoi primi giorni di vita, ma non c’è nulla di preoccupante: l’inconveniente si risolve nel giro di qualche giorno e il capo del bambino torna alle dimensioni naturali.

Ovviamente sia il forcipe che la ventosa sono indicati solo nei casi in cui il feto sia in posizione cefalica e non ci siano ostacoli di natura meccanica alla sua fuoriuscita.

Possibili cause di un parto distocico

A proposito di posizione cefalica, questa potrebbe essere una delle cause che richiedono il ricorso al parto distocico; ma quali possono essere le altre?

Le cause materne di parto distocico

Fra le cause principali che possono indurre il personale medico a optare per il parto distocico ci sono:

  • Sproporzione cefalopelvica: viene diagnosticata quando si è già raggiunta la completa dilatazione ma, nonostante questo, le dimensioni cefaliche del bebè non gli permettono il passaggio attraverso il canale del parto.
  • Inerzia uterina: si tratta di una condizione caratterizzata dalla debolezza o dall’insufficienza delle contrazioni; può essere classificata come primitiva o secondaria a seconda che si verifichi all’inizio del travaglio o dopo un periodo di contrazioni normali, e talvolta è indotta da fattori psichici o di eccessivo stress della mamma che, se non si risolvono con il supporto farmacologico dell’ossitocina, possono portare alla necessità di effettuare un parto cesareo.
  • Anomalie del bacino materno o del canale del parto: possono ostacolare la fuoriuscita del bebè.

Le cause fetali di parto distocico

Tra le cause che invece riguardano il feto, possono rientrare:

Posizione podalica o trasversale: è una situazione che richiede un’attenta valutazione soggettiva, variabile da caso a caso, da parte del personale medico, al fine di valutare se sia possibile tentare un parto vaginale o se, per la sicurezza del bebè, sia consigliabile procedere direttamente con un parto cesareo.

Più in generale, in presenza di sintomi di perdita di benessere fetale, come un prolasso del cordone, il distacco della placenta, l’acidosi fetale, si procede con un parto distocico per accelerare il processo di fuoriuscita del bebè.

Conseguenze di un parto distocico

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Fonte: web

Come detto poc’anzi, l’utilizzo di strumenti ostetrici come il forcipe o la ventosa possono causare lesioni sia alla madre che al feto; per effettuare una manovra con tali oggetti l’ostetrica deve perciò essere in possesso della sufficiente esperienza e di una professionalità estremamente qualificata, dato che una mossa sbagliata nel processo di guida del feto può causare gravi danni, spesso irreparabili.

Per quanto riguarda invece il parto cesareo, trattandosi di un vero e proprio intervento chirurgico, si ha un’anestesia e si pratica un’incisione che, se effettuata in modo non corretto, può portare a fuoriuscite abbondanti di sangue dall’utero materno; per questo motivo si privilegiano incisioni uterine di tipo longitudinale.

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