"Li abbiamo privati del desiderio": Umberto Galimberti e l'educazione dei bambini

Umberto Galimberti ci dice che le emozioni non sono genetiche, ma si apprendono dai genitori. Una buona educazione sentimentale è fondamentale. Attenzione, però, a non bombardarli di stimoli, si rischia di ammazzare il desiderio.

Il filosofo Umberto Galimberti, professore ordinario all’Università Ca’ Foscari di Venezia, ha spesso insistito sulla mancanza di una buona educazione sentimentale tra i giovani di questa generazione. Questo aspetto è strettamente legato alla privazione del desiderio dovuta al fatto che i giovani non provano più la mancanza.

La psicologia del desiderio secondo Umberto Galimberti

Il desiderio è strettamente legato alla mancanza. Noi desideriamo ciò che ci manca, mentre godiamo di ciò che possediamo. Facendo sue le parole di Freud, Galimberti ritiene che la nostra intera psiche si costituisca nello spazio che sta tra il desiderio e la sua soddisfazione, che per essere ottenuta necessita di un lavoro psichico.

Troviamo la parola desiderio per la prima volta nel De Bello Gallico di Cesare, che chiamava desiderantes quei soldati in attesa, durante la notte, di coloro che non erano rientrati al tramonto. Il significato del termine è strettamente legato all’attendere quello che non c’è; attesa che spinge a mettere in gioco delle strategie utili alla crescita.

Le conseguenze della privazione del desiderio nell’infanzia

Nel processo educativo, spesso, i genitori operano una sorta di ‘omicidio’ del desiderio dei propri figli. La tendenza, sottolinea Galimberti, è quella di offrire ai propri bambini una soddisfazione immediata, addirittura precedente alla formulazione del desiderio. Riempire i bambini di giocattoli dei quali non hanno potuto sentire la mancanza, ad esempio, uccide in loro il desiderio e li priva di quell’impulso necessario a crescere come soggetti attivi.

Non esercitare il desiderio, che è potenzialmente rivoluzionario, significa che nel processo di crescita ci si adatta agli eventi così come sono e si rischia di diventare degli adulti amorfi, annoiati da tutto perché cresciuti avendo qualsiasi cosa a disposizione. L’eccessivo numero di stimoli che si offre ai bambini genera in loro angoscia. Nel tentativo di evitare questa angoscia, i bambini abbassano il loro livello percettivo e non reagiscono più agli stimoli. A quel punto li abbiamo già privati del desiderio e delle emozioni.

L’importanza di una buona educazione sentimentale

Il processo educativo è un momento fondamentale della crescita del bambino e il compito dei genitori, oltre all’imposizione della regola, è quello di offrire un’educazione ai sentimenti. Il ruolo del genitore, sostiene Umberto Galimberti, è quello di insegnare ai propri figli sin da piccolissimi a riconoscere le emozioni e sviluppare empatia verso l’altro. Se questo non avviene nei primi anni di vita rischiano di non essere in grado di decodificare i loro sentimenti e diventare analfabeti emotivi.

Freud dice che nei primi sei anni di vita si formano nei bambini le mappe cognitive e le mappe emotive. Mappe cognitive vuol dire modo di conoscere. Tu conoscerai l’universo-mondo man mano che cresci, ma il taglio che dai alle tue conoscenze si forma nei primi sei anni di vita, definitivamente. Con le mappe emotive si forma la modalità di sentire gli eventi del mondo, queste si formano nei primi sei anni di vita. Le neuroscienze, invece, sono un po’ più severe e dicono nei primi tre anni di vita.

Per questo è importante che in questa prima fase i genitori seguano i figli sostenendo la loro curiosità. I bambini, infatti, vivono la fase dei ‘perché?’ come ricerca del principio di causalità del mondo e vanno assecondati in questo con delle risposte che permettano loro di costruire la loro identità. Non ascoltare le domande dei bambini, rispondere superficialmente o non prestare attenzione alle loro attività diviene una forma di svalutazione.

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Come insegnare l’educazione sentimentale?

La costruzione dell’identità emotiva dei bambini passa attraverso la cura e l’attenzione. Tenere conto delle loro modalità di espressione, come ad esempio i disegni, è un ottimo modo per gratificarli e infondere in loro fiducia. Senza dubbio, però, in questo processo è fondamentale la formazione culturale. Sin dall’antica Grecia, i valori e i sentimenti venivano veicolati attraverso il mito; allo stesso modo grazie alle favole i bambini imparano a riconoscere le emozioni e l’esperienza della lettura diventa, durante la crescita, uno strumento per riconoscere il bene dal male e sviluppare relazioni empatiche da adulti. In caso contrario si rischia di un’apatia della psiche, ovvero, non essere in grado di registrare le emozioni.

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