Fecondazione assistita: lo stupro nascosto dei medici che usano il proprio sperma

Alcuni casi choc emersi da un'inchiesta del New York Times riguardano medici che hanno usato il proprio sperma nelle inseminazioni artificiali, lasciando le pazienti all'oscuro. Ecco perché le madri e i figli nati da questo inganno hanno il diritto di essere considerati vittime di violenze sessuali, e di avere giustizia.

Quanto emerge dall’articolo di Jacqueline Mroz pubblicato sul New York Times è davvero sconvolgente, e racconta di un vero e proprio sistema di truffe e di violenze sessuali “indirette” perpetrate da un numero impressionante di medici esperti di fertilità nei confronti di donne che, nel corso dei decenni, si sono rivolte a loro per restare incinte attraverso l’IVI.

Tutto nasce dalla testimonianza choc di Eve Wiley, oggi trentaduenne, che ha appreso all’età di 16 anni di essere stata concepita attraverso l’inseminazione artificiale con lo sperma del donatore.

Sua madre, Margo Williams, che oggi ha 65 anni, aveva chiesto aiuto al dottor Kim McMorries, che aveva riferito alla donna di aver trovato un donatore poco dopo la sua richiesta.

La terribile verità è però uscita allo scoperto nel 2018, quando, come decine di americani fanno nel corso della propria vita, Eve ha deciso di fare un test del DNA.

I risultati hanno stabilito che il padre di Eve non fosse quello da sempre pensato, ossia il donatore di cui il medico aveva parlato, ma lo stesso dottor McMorries, che avrebbe fornito il proprio sperma, senza che Margo Williams lo sapesse, per completare l’inseminazione.

La domanda immediata che ci si pone leggendo una notizia del genere è: può essere considerato uno stupro?

Per rispondere, proviamo a ribaltare la prospettiva, e a pensare se non debba essere considerata una violenza un’azione portata avanti nell’inconsapevolezza – e quindi senza un’evidente manifestazione di volontà – da parte dell’altro soggetto. Ovvero, se non sia da considerarsi una violenza il fatto che McMorris abbia ingannato la signora Williams, sostituendo il proprio sperma a quello del donatore che aveva detto di aver trovato.

Non è un caso isolato

Eve Wiley (Fonte: Allison V. Smith for The New York Times)

L’aspetto più agghiacciante che emerge da questa vicenda già di per sé orribile è che, come spesso accade, il caso della signora Wiley ha scoperchiato il vaso di Pandora, portando alla luce quella che si è rivelata essere una pratica non così rara fra i medici specializzati in fecondazione assistita.

La dottoressa Jody Madeira, professoressa di legge presso l’Università dell’Indiana, sta seguendo più di 20 casi negli Stati Uniti e all’estero in cui il medico avrebbe usato il proprio sperma al posto di quello del donatore per procedere all’IVI: i casi riguarderebbero una dozzina di stati, tra cui Connecticut, Vermont, Idaho, Utah e Nevada, ma si estenderebbero anche fuori i confini degli USA, in Inghilterra, Sudafrica, Germania e Paesi Bassi.

Secondo la Dutch Donor Child Foundation, i test del DNA avrebbero confermato che uno specialista della fertilità, il dottor Jan Karbaat, sarebbe il padre di 56 bambini, nati da donne che hanno visitato la sua clinica situata poco fuori Rotterdam. Karbaat è morto nel 2017 a 89 anni, mentre le autorità olandesi avevano già deciso di chiudere il caso a suo carico nel 2009, ma un avvocato, interpellato dal NYT, ha chiuso recisamente l’argomento, dichiarando di non avere commenti in merito a una vicenda definita “vecchia di decenni”.

Nel giugno del 2019, il College of Physicians and Surgeons dell’Ontario ha invece revocato la licenza di uno specialista della fertilità di Ottawa, il dottor Norman Barwin, 80 anni, con l’accusa di aver usato per anni lo sperma sbagliato per le procedure di inseminazione, compreso il suo.

Barwin avrebbe inseminato almeno 11 donne utilizzando il proprio sperma, mentre sono innumerevoli i bambini concepiti con sperma diverso rispetto a quello del donatore previsto.

Un altro caso è quello del dottor Donald Cline, specialista della fertilità a Indianapolis, che secondo i procuratori avrebbe inseminato con il proprio sperma decine di donne fra gli anni ’70 ev ’80. Sulla base dei test del DNA effettuati, sono ben 61 le persone che sostengono di avere il medico come proprio padre biologico.

Il dottor Cline, che si è ritirato nel 2009, si è dichiarato colpevole per ostruzione di giustizia e ha ammesso di aver mentito agli investigatori, cedendo la propria licenza medica.

Gli è stata data una suspended sentence di un anno, ovvero una pena sospesa durante la quale, se non infrangerà la legge e rispetterà le condizioni della libertà vigilata, i giudici potrebbero decidere di ritirare la sentenza.

Questo è stato reso possibile dal fatto che nell’Indiana, come nella maggior parte degli stati, non c’erano leggi che proibivano questa condotta.

Pare però che, alla luce dei recenti scandali, le cose potrebbero iniziare a cambiare

Le leggi con cui gli stati cercano di correre ai ripari

Con l’avvento dei test del DNA online, grazie ai quali chiunque può risalire alle proprie origini biologiche, i casi di specialisti della fertilità che hanno usato segretamente il proprio sperma per l’inseminazione artificiale hanno iniziato a emergere con una certa regolarità. Tre stati hanno appena approvato leggi che criminalizzano questa condotta, incluso il Texas, che ora la definisce come una forma di violenza sessuale.

Lo stesso Indiana, nel maggio del 2019, ha approvato una legge che rende l’uso dello sperma sbagliato un reato e dà alle vittime il diritto di denunciare i medici per questo, senza particolari prescrizioni, portando avanti l’azione legale fino a cinque anni dopo la scoperta della frode, e non solo dopo il suo immediato verificarsi.

Naturalmente questo passo si è reso necessario dal momento in cui a scoprire la propria identità biologica sono soprattutto adulti.

Questa disposizione è significativa per gli accusatori, perché coloro che scoprono l’identità dei loro padri biologici in questi casi sono generalmente adulti.

Grazie anche all’impegno di persone come Eve Wiley, che ha lottato affinché fosse creata una legge per risarcire il danno subito, adesso le leggi texane, di California e Indiana dicono che, se un operatore sanitario utilizza spermatozoi, uova o embrioni umani di un donatore non autorizzato, il comportamento viene identificato come aggressione sessuale, e il colpevole deve essere registrato come molestatore sessuale.

E, se qualcuno prova a muovere le prime obiezioni chiedendo come sarebbe possibile distinguere un comportamento portato avanti con dolo e volontarietà da un errore nella selezione dello sperma scelto dalla paziente, in generale anche dal mondo medico quasi tutti sembrano concordare sulla configurazione di questi casi come violenze sessuali.

“C’è un aspetto fisico in casi come questi – sottolinea Stephanie Klick, rappresentante legale dello stato del Texas e infermiera – c’è un dispositivo medico che viene utilizzato per penetrare queste donne per inserire il materiale genetico. Per questo identifico lo scambio di sperma come stupro, perché non c’è consenso“.

Eve e gli altri

Fonte: web

Di fronte ai risultati del test, il dottore McMorries ha riconosciuto, in una lettera indirizzata ad Eve, di aver mescolato il suo sperma con quello di altri donatori al fine di migliorare le possibilità di concepimento di sua madre, spiegando che sono state le leggi sull’anonimato dei donatori a impedirgli di dirglielo prima.

L’idea in quel momento era che, se la paziente fosse rimasta incinta, non ci sarebbe stato modo di sapere quale sperma avesse influenzato il concepimento“, ha scritto.

Prima della confessione del medico,  Eve credeva di aver già trovato l’uomo che aveva donato lo sperma da cui era stata concepita in Steve Scholl, scrittore ed editore di Los Angeles.

Abbiamo iniziato questa bellissima relazione padre-figlia – ha spiegato al NYT Eve – è stato presente al mio matrimonio, i miei figli lo chiamano Poppa“.

Dopo aver appreso la verità, ha subito riferito al signor Scholl di non essere sua figlia biologica, e lui ne è rimasto sbalordito.

Mi ci è voluto un po’ di tempo per elaborare – ha spiegato ancora Eve – Ci siamo sentiti come se ci fossimo ritrovati. Non sapevamo come funzionasse l’industria riproduttiva. Ma, molto velocemente, entrambi abbiamo deciso di non lasciare che questa scoperta cambiasse le cose tra noi

Eve lo chiama ancora papà.

Come lei, anche Marenda Tucker, che oggi ha 36 anni, ha fatto un test del DNA per risalire alle sue origini biologiche, con la consapevolezza, data da sua madre, che il suo donatore di sperma fosse un anonimo del Sud degli Stati Uniti. Eppure, il test le ha rivelato un’affinità sorprendente proprio con il medico, Gary Don Davis, che si era occupato dell’IVI di sua madre.

Quando ho capito che era stato il medico a inseminare mia madre, ho provato schifo – ha detto Marenda – Quando ne ho parlato con mia madre, si è sentita violata.

Il dottor Davis ha evaso ogni possibilità di confronto con il NYT, e a giugno è scomparso.

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