Vaccini, cosa sono e perché somministrarli
L’etimologia del termine «vaccino» deriva dal latino «vacca», parola che a sua volta si riferisce ai bovini. Infatti, il primo vaccino della storia, sperimentato dallo scienziato Edward Jenner alla fine del ‘700, era ottenuto dalle pustole delle mucche infettate dal vaiolo. Fu così che nacque il primo metodo preventivo per combattere una malattia che al momento, grazie ai vaccini, è stata debellata: il vaiolo, appunto.
In generale, il termine oggi indica una profilassi preventiva in grado di stimolare il sistema immunitario contro diverse malattie. In pratica, vaccinandosi, il corpo può avere una risposta immunitaria prima ancora di venire a contatto con la malattia. E i vaccini sono ancora oggi il primo e miglior contrasto conosciuto nei confronti di diverse patologie. Per quelle malattie per cui non esiste ancora vaccinoprofilassi – come per esempio la malaria – si è in fase di ricerca intensa.
Per funzionare però su tutta una popolazione, il vaccino ha bisogno di una copertura al di sopra di una data percentuale, che possa assicurare un fenomeno chiamato «immunità di gregge», che consente agli immunodepressi (come chi ha contratto l’Hiv o chi è sotto chemioterapia) e a chi è troppo piccolo per vaccinarsi di non prendere la malattia.
Negli ultimi anni, il movimento antivaccinista – attraverso una diffusa sfiducia di carattere antiscientifico – ha portato alcuni luoghi a scendere sotto la soglia di vaccinazione che assicura l’immunità di gregge. In Italia si è corsi ai ripari con la legge Lorenzin, in vigore dal 2017, che prevede 10 vaccinazioni obbligatorie, che sono: anti-poliomelitica, anti-difterica, anti-tetanica, anti-epatite B, anti-pertosse, anti Haemophilusinfluenzae tipo B, anti-morbillo, anti-rosolia, anti-parotite, anti-varicella. Esse possono essere somministrate da sole o in gruppi, secondo le indicazioni mediche, che sono uguali per tutti. Secondo la legge, chi non è in regola con le vaccinazioni non può accedere all’istruzione pubblica.