Che cos'è la tetralogia di Fallot
Si chiama anche sindrome del bambino blu, per la cianosi che causa, e può essere risolta solo con un intervento chirurgico. Parliamo della tetralogia di Fallot, che causa problemi al cuore di neonati e bambini.
Si chiama anche sindrome del bambino blu, per la cianosi che causa, e può essere risolta solo con un intervento chirurgico. Parliamo della tetralogia di Fallot, che causa problemi al cuore di neonati e bambini.
La tetralogia di Fallot, detta anche sindrome del bambino blu, (in inglese Tetralogy of Fallot, ToF) è una malformazione cardiaca congenita, che classicamente ha quattro elementi anatomici.
Descritta per la prima volta nel 1672 da Niels Stensen, nel 1888 il medico francese Étienne-Louis Arthur Fallot ne descrisse invece esattamente le quattro caratteristiche anatomiche.
In questa patologia infatti si altera la struttura del cuore, compromettendone il normale funzionamento, e i pazienti affetti si presentano, dalla nascita, con un aspetto bluastro, la cosiddetta cianosi.
La tetralogia di Fallot, come detto, è caratterizzata da quattro anomalie anatomiche. Tale malformazione è congenita, ovvero presente al momento della nascita, e altera il normale flusso di sangue che attraversa il corpo umano.
Le quattro anomalie sono:
Le cause precise della tetralogia di Fallot sono tuttora sconosciute, anche se si sospettano due tipologie di fattori favorenti, genetici e ambientali.
Per avere la malformazione cardiaca associata alla tetralogia di Fallot, i fattori ambientali e la genetica possono agire singolarmente, oppure combinarsi.
La tetralogia di Fallot è associata, molto spesso, ad alcune patologie genetiche, come la sindrome di DiGeorge, la sindrome di Down o la fenilchetonuria materna, ovvero l’incapacità dell’organismo umano di metabolizzare un aminoacido chiamato fenilalanina (Phe).
Tra i fattori ambientali, invece, decisamente rilevanti sono:
Come visto, le anomalie anatomiche del cuore sono responsabili dell’immissione di sangue misto (ossigenato e non ossigenato) in circolo, il quale, raggiungendo i tessuti del corpo umano, determina il principale segno della tetralogia di Fallot: la cianosi.
Ma ci sono altri sintomi tipici della malattia, tra cui un basso peso alla nascita, l’agitazione, la crescita e la pubertà ritardata, e ancora dispnea, affanno e fatica, in particolare, durante l’allattamento o dopo un pianto prolungato. Si può poi notare che il bambino assume spesso una posizione accovacciata (squatting), poiché in questo modo respira meglio e prova sollievo. Ma ci sono anche evidenze cardiache, come soffi, o rumori, che provengono dal cuore malformato, di cui il più importante è il soffio sistolico polmonare, ovvero quello generato dal passaggio di sangue attraverso la valvola polmonare stenotica.
Oggi, per avere una diagnosi prenatale della tetralogia di Fallot, si può ricorrere a diversi esami, fra cui:
La tetralogia di Fallot richiede, forzatamente, l’intervento chirurgico, perché la malformazione del cuore non è compatibile con una vita normale.
Esistono due tipologie di intervento: la riparazione intracardiaca – ritenuta l’operazione principale e risolutiva o la procedura palliativa, con effetti temporanei.
I casi più gravi richiedono poi una terapia d’emergenza, fondamentale per salvare la vita del neonato, prima di sottoporlo all’intervento chirurgico.
Di questa terapia necessitano i neonati e i bambini con cianosi severa e con crisi asfittiche, in cui la loro vita è a forte rischio. Le misure terapeutiche consistono nell’ossigenoterapia e nella somministrazione di farmaci come beta-bloccanti, morfina, vasopressori e prostaglandina E1, che favoriscono l’ossigenazione del sangue attenuando le crisi asfittiche.
La riparazione intracardiaca si svolge a cuore aperto, ed è consigliabile praticarla su pazienti di almeno un anno di età, dato che nei primi mesi di vita il cuore deve svilupparsi, per cui un intervento, potrebbe rivelarsi inutile e pericoloso. Ci sono però alcuni casi gravi ed estremi che richiedono necessariamente un’operazione anche al sesto o nono mese di vita.
Con l’intervento si riduce la stenosi, aumentando i livelli di sangue ossigenato circolante.
La procedura palliativa è invece un’operazione chirurgica non risolutiva, fatta in attesa che il cuore del bambino si accresca e sia pronto per la riparazione intracardiaca.
L’intervento prevede l’applicazione di un bypass, o shunt, che mette in comunicazione (anastomosi) l’aorta con l’arteria polmonare, favorendo il flusso sanguigno verso i polmoni. Quando si decide di intervenire con la riparazione intracardiaca, il bypass viene rimosso.
L’importanza dell’intervento chirurgico è sottolineata dai dati statistici, che riguardano la sopravvivenza dei pazienti non operati: infatti, il 75% supera il primo anno di vita, il 60% raggiunge i 4 anni, il 30% supera i 10 anni di vita mentre solo il 5% sopravvive oltre i 40 anni.
A questi dati bisogna aggiungere che un bambino non trattato soffre di uno sviluppo ritardato e che ogni sua attività fisica, anche moderata, può creargli affanno. Appare evidente, quindi, che la vita sia fortemente condizionata dalla malformazione del cuore.
La maggior parte dei pazienti, dopo l’intervento, non mostra più alcun sintomo e conduce una vita normale, anche se ovviamente si consiglia ai famigliari di sottoporre il paziente a controlli periodici per valutare lo stato di salute generale.
Giornalista, rockettara, animalista, book addicted, vivo il "qui e ora" come il Wing Chun mi insegna, scrivo da quando ho memoria, amo Barcellona e la Union Jack.
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